♠️La quiete prima della tempesta♠️

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Chiunque voglia sinceramente la verità è sempre spaventosamente forte.

-Fëdor Dostoevskij

-Fëdor Dostoevskij

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.....

Si stavano divertendo tantissimo.
La tranquillità regnava su di loro.
Ma si sa, le cose belle durano poco.
Successe tutto così in fretta.
Il telefono di Tiana squillò.
Era sua madre.
Il tempo si fermò.
Anche Jackson e Addison erano usciti quella sera.
Erano andati ad un ristorante un po' lontano da casa loro.
Robinson si preoccupò.
Si sbrigò a rispondere.
"Pronto?"
Dall'altro lato del telefono si sentivano lacrime e singhiozzi.
"Mamma?"
Nessuna risposta.
"Mamma che succede?!"
"Ja-Jack-son..."
Robinson non stava capendo, si sentivano suoni di ambulanze dall'altra parte del telefono.
"Cos'è successo a Jackson?!" Era nel panico.
Crawford prese coraggio e cercò di parlare senza singhiozzare.
"Jackson è morto".
Con quelle tre parole il mondo di Tiana crollò.
Lacrime calde uscivano dai suoi occhi.
Lo facevano con una tale violenza da far male.
La gola era chiusa e non riusciva a respirare.
Thomas cercava di calmarla ma non ci riusciva.
"Dove sei ora mamma?" la voce di Tiana era isterica.
"Davanti alla vecchia sartoria, quella della signora Valentine... Ti prego sbrigati".
Lei attaccò e cominciò a correre verso il parcheggio.
Lui capì, prese le chiavi dell'auto e iniziò a seguirla.
Entrarono in macchina.
Thomas mise in moto, il cambio si era incastrato. Dovette fare forza su di esso.
Robinson stava per avere un attacco di panico.
Tremava.
Piangeva.
Non riusciva a respirare.
Stringeva talmente tanto i pugni che le sue unghie quasi tagliavano i palmi.
«Mały (piccola) calmati, ti prego, ti fai male, basta» si rivolse a lei con tono pacato.
«Dimmi dove devo portarti, dopo parla con me».
«Da-vanti al-la sartor-ria 'Ago e filo'».
Lui le prese la mano, gliel'accarezzò piano.
«Cos'è successo?»
«Ja-Jackson è morto».
Chbosky si morse il labbro, lui riusciva a sentire il tremore nella sua voce.
Anche lui sapeva com'era perdere qualcuno di così importante.
«Stringimi la mano, non farlo con la tua».
«Per-perché fai tut-to qu-questo per me?»
Lui distolse un secondo gli occhi dalla strada e li puntò su di lei.
«Perché è troppo dolore».
La fece sedere ancora più vicino a lui.
Sussurrandole all'orecchio queste dolci ma tristi parole.
«Perché insieme si può, insieme è meno difficile».
Tiana si costrinse a respirare più regolarmente.

Giunti lì Tiana si fiondò fuori dall'auto.
Tutto andò a rallentatore.
Vide una macchina che si era schiantata contro la vetrina di un negozio.
Infermieri che portavano sulla barella il corpo senza vita di un uomo.
Il corpo di Jackson.
Pattuglie della polizia che segnavano il luogo dell'incidente.
Rumori di ambulanze e camion dei vigili del fuoco.
Luci appariscenti blu e rosse arrivarono come flash agli occhi della ragazza.

Una donna disperata seduta sul marciapiede

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Una donna disperata seduta sul marciapiede.
Sua madre.
Corse verso di lei.
Si inginocchiò e l'abbracciò.
«Com'è accaduto?»
Addison non riusciva a parlare.
«Mamma, guardami, respira... Dimmi com'è successo».
La donna prese aria e cominciò a spiegare.
«Poco dopo di te siamo usciti anche io e lui, ma questo lo sapevi, siamo andati in quel ristorante italiano vicino al lavoro di Jack . Io ho bevuto, lui invece no. Stavamo tornando a casa, io l'ho distratto un attimo, ero ubriaca... Lui ha distolto gli occhi dalla strada, per sbaglio ha sbandato ed è andato a sbattere contro la vetrina di un negozio, il mio airbag si è aperto, il suo no».
Gli occhi di Tiana erano spalancati, fiumi di lacrime scendevano dai suoi occhi.
Sorrideva amaramente.
La tristezza era andata via, un'altra emozione aveva preso il sopravvento.
Non ci vedeva più dalla rabbia.
«Tesoro... Perdonami è stato un incidente!»
Crawford stava per accarezzare il viso di Robinson quando lei la cacciò via.
«NON TOCCARMI!»
«I-io no-n vol-volevo!»
Tiana non ce la fece più.
Tutto quello che aveva accumulato in quegli anni uscì fuori.
«NO! MI AVEVI PROMESSO CHE AVRESTI SMESSO DI BERE! CHE NON L'AVRESTI PIÙ FATTO!»
Non era mai stata così arrabbiata, era sempre calma, silenziosa.
«Per colpa tua non ho avuto un'infanzia! Per colpa tua ho cominciato a lavorare a sedici anni! Per colpa tua una volta ho cercato di uccidermi! Per colpa tua ho perso il mio migliore amico!»
Si alzò di scatto.
«Non voglio stare più con te! Ora faccio le valigie e me ne vado! Non ti sopporto più!»
La donna cercò di issarsi sulle gambe ma cedettero.
«TI PREGO TIANA, NO!IO HO BISOGNO DI TE!»
Guardò la madre con disprezzo.
«Ah sì? E perché? Così quando ti ubriacherai io dovrò tenerti i capelli e aiutarti quando vomiterai? Mi dispiace Addison per te Tiana Robinson non esiste più».
«Dove andrai?» chiese con aria di sfida la donna.
«Qualcosa troverò, addio».
La ragazza si girò e cominciò a camminare verso la macchina.
Thomas la stava aspettando dentro l'abitacolo.
Aprì e chiuse la portiera.
«Portami a casa».

Erano arrivati.
«Entra con me ti prego». Stava piangendo di nuovo.
Varcarono insieme la soglia di quella porta.
Lei andò spedita verso camera sua.
Cominciò a buttare i vestiti sul letto, prese i suoi libri e li mise in una borsa.
Teneva le mani tra i capelli se li stringeva.
Andò in camera di sua madre e ruppe quello che le capitò davanti.
Tolse le coperte dal letto.
Aprì cassetti e li buttò a terra.
Prese i piccoli quadri che raffiguravano lei e Jack che sorridevano.
Li mise in valigia.
Thomas era rimasto paralizzato.
Non riusciva a muoversi.
Il dolore di quella ragazza era troppo, non ne aveva mai visto così tanto.
Lei era rotta dentro.
Aveva cocci rotti al posto del cuore e l'anima di vetro soffiato.
Lui decise di avvicinarsi con cautela.
Entrò in quella stanza bianca, c'era un lettino ad una piazza e mezza, un armadio di legno ed una scrivania.
Vide la ragazza rannicchiata su sé stessa.
«Mały...»
La testa di Robinson si alzò.
Aveva gli occhi rossi e umidi, i segni delle lacrime sulle guance, le labbra secche.
«Mi dispiace per quello che è successo».
«Non so dove andare...» la sua voce era piatta, priva di emozioni, lo sguardo perso nel vuoto.
«Non voglio restare qui, Madelaine è in vacanza con i suoi... ed io non ho nessuno».
Chbosky l'aiutò ad alzarsi, anche se non riusciva a reggersi in piedi, le gambe cedevano, non aveva più forze.
La tenne tra le sue braccia.
Era così piccola in confronto a lui.
«Puoi venire da me se vuoi...» disse stringendola ancora di più.
Lei si irrigidì.
«Lo stai facendo per pietà?Io non voglio essere compatita».
«No Tiana, mai. Voglio solo aiutarti».
La ragazza pensava di aver finito le lacrime ma si sbagliò ne uscirono di nuove.
«Grazie...» sul suo volto spuntò un accenno di sorriso.
«Ti aiuto a portare le tue cose in macchina».

Dopo mezz'ora erano di nuovo nell'abitacolo di quel veicolo.
Lui con mille pensieri per la testa.
Lei con il cuore a pezzi.
Durante il viaggio lei teneva stretto al petto il suo peluche preferito.
«Sai... io soffro di insonnia da quando sono piccolissima, ma con questo orsetto dormo tranquilla e non faccio più brutti sogni. Grazie a te».
I loro occhi si incrociano.
Quelli dell'uomo divennero lucidi.
La prese per mano, cercando di non piangere davanti a lei.
La ragazza cominciò a sbadigliare.
Era stanca.
I suoi occhi non riuscivano a restare aperti.
«Io ho sonno...»
«Ora andiamo a casa».
Quella serata era stata orribile.
Lei pensava che fosse solamente un brutto sogno.
Che si sarebbe svegliata nel suo letto,con Jackson che le preparava il caffè e le dava un bacio in fronte prima di andare al lavoro.
Non voleva accettarlo.
Le avevano portato via il suo migliore amico.
Il suo porto sicuro.
L'ancora a cui aggrapparsi.
La spalla su cui piangere.
Quella sera fu come la quiete prima della tempesta.

20-L'età non è tuttoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora