♠️"Put Your Head on My Shoulder"♠️

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Appoggia la tua testa sulla mia spalla. Tienimi tra le tue braccia, piccola.

-Put Your Head on My Shoulder (Paul Anka)

-Put Your Head on My Shoulder (Paul Anka)

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{20 luglio 2006}

«Thomas! Vieni un secondo!»
Tiana stava facendo le acrobazie per riuscire a chiudere la piccola valigia piena di cose.
«Dimmi».
«Non riesco a... Chiuderla» disse l'ultima parola con sforzo.
«Non potevi comprarne un'altra un po' più grande?» disse ridacchiando mentre si avvicinò a lei per aiutarla.
«Non mancarle di rispetto, ti ricordo che ha all'incirca cinque anni e non la cambio finché non si rompe».
«Sei incorreggibile».
La ragazza per aiutare Thomas spinse con i gomiti sulla parte superiore mentre lui litigava con la lampo.
Il trolley era un po' logorato ai bordi e, per colpa del tempo, aveva anche perso il suo colore iniziale, nonostante tutto manteneva il suo fascino. A quindici anni Tiana andò a stare per una settimana dai genitori di Jackson insieme a lui, presero il treno lasciando Addison a Seattle, fu l'unico viaggio che fece in vita sua, si ricordava ancora quando vide quella valigia per la prima volta, l'aveva attirata come una calamita con quel colore nero e le sette meraviglie del mondo a decorarla.
«Fatto» Chbosky lasciò un sospiro di sollievo quando finalmente uscì nella sua impresa.
«Non posso credere che sto per farlo».
«Cosa?»
«Sto per prendere il primo aereo della mia vita Tom, lo sto facendo con te e l'idea mi emoziona però dall'altra parte ho paura».
«Perché ne hai?» le chiese prendendole il viso tra le mani.
«Non lo so...»
«Le cose nuove fanno sempre paura Tiana, anche io le prime volte ne avevo».
«Ecco che la tua parte da psicologo prende il sopravvento» iniziò a ridere, non seppe neanche lei il motivo, ero un miscuglio di emozione, agitazione e timore.
L'uomo si sporse per darle tanti piccoli baci sulle labbra carnose, la prese con una mano per il fianco destro e con l'altra le strinse i capelli lasciati sciolti lungo le spalle esili, la leggera barba la fece ridacchiare tra una pressione e l'altra.
«Facciamo tardi se non ci sbrighiamo».
«Che peccato...»
Robinson alzò gli occhi al cielo e poi gli fece una linguaccia giocosa.

{...}

Arrivati in aeroporto raggiunsero la famiglia di Thomas che li stava aspettando al check-in.
C'erano tutti; Sasha, Ginevra, la piccola Angelica, Zack e l'insopportabile moglie Edith, le gemelline Olivia e Nikita, la zia Elizabeth e lo zio Cameron. Per la ragazza erano quasi tutti volti nuovi.
Alexandra sventolò la mano per salutarli, la ragazza era un po' tesa, ansiosa, non sapeva come avrebbero reagito i parenti di Thomas.
«Ziooo!» le bimbe si gettarono sulle gambe dello psicologo, dovette chianarsi per abbracciare tutte e tre.
«Vi sono mancato?».
«A me tantissimo» disse Nikita.
«A me di più» le gemelline iniziarono a competere per accaparrarsi lo zio che nel mentre aveva rivolto l'attenzione su quella che era, anche se non poteva mai dirlo, la sua nipotina preferita.
«E a te Mały Aniołek?» chiese dando una carezza sulla testa della piccola Angelica.
«Sì zietto».
«Tanto quanto?».
La bimba allagò le braccia fin dietro la schiena, lui le diede un bacio sulla guancia e si rialzò. Alla bimba brillarono gli occhi quando vide Tiana, le corse incontro e lei la prese in braccio.
«Tianaaa!»
«Ciao angioletto, come stai?»
«Bene, non vedevo l'ora di rivederti» disse per poi aggrapparsi al suo collo.
«Anche io» la rimise giù per avvicinarsi agli altri.
«Ana ti presento la mia famiglia, anche se alcuni già li hai già incontrati».
«Piacere di conoscervi» sul volto della cameriera spuntò un enorme sorriso e arrossì.
Edith ed Elizabeth la squadrarono dall'alto in basso, una lastra sarebbe stata meno invasiva, smise di sorridere guardando a terra imbarazzata.
«Il piacere è nostro Tiana» Zack le tese la mano e lei gliela strinse.
«Grazie ancora per avermi permesso di venire».
«Sei sempre ben accetta tesoro» le rispose sorridente Alexandra.
Muniti di visto e passaporto superarono gate e controlli per poi imbarcarsi sull'aereo che li avrebbe portati in Polonia, Tiana si sedette dalla parte del finestrino mentre Thomas sistemava le loro valigie negli scomparti, le file erano tre, quelle laterali da due posti e quelle centrali da tre.
La ragazza iniziò a torturarsi le pellicine, sarebbe stato un viaggio di tredici ore e mezza, fin troppo lungo per una che lo prendeva per la prima volta, Chbosky si mise seduto e rivolse lo sguardo verso le mani di Robinson, le coprì con la sua accarezzandogliele.
«Se sei nervosa stringimi la mano quanto vuoi, stritolamela ma non fare del male a te stessa, capito?»
«Sì».
Fece come le aveva detto, intrecciò le loro dita e respirò lentamente.
I minuti passarono e il comandante annunciò la partenza, l'aereo si mosse, percorse la pista e prese il volo, la riccia strinse forte gli occhi e il braccio dell'uomo per sentirsi più al sicuro.
Lui come risposta le fece appoggiare la testa sulla sua spalla e le accarezzò il viso delicato, iniziò a canticchiare una canzoncina per farla rilassare.
«Moja mała, nie płacz, jestem blisko Ciebie, nie musisz się bać, bo jestem po to, aby Cię chronić, słyszysz dźwięk mojego głosu... / Piccola mia non piangere, ci sono io vicino a te, non devi avere paura perché ci sono io a proteggerti, senti il suono della mia voce...» la madre gliela cantava sempre quando era piccolo e aveva paura di qualcosa, lei anche non capendo il senso di quelle parole si tranquillizzò come se veramente la voce di quell'uomo fosse un calmante.
Passarono i minuti forse anche ore e Thomas non faceva altro che guardare la ragazza che si era addormenta sulla sua spalla, nell'ultima settimana aveva lavorato tantissimo ed era stremata. Lui appoggiò la testa su quella di Robinson lasciandole dolci e teneri baci sulla nuca, respirò il suo odore delicato di acqua alle rose e chiuse gli occhi, all'arrivo mancavano ancora dieci ore.

20-L'età non è tuttoWhere stories live. Discover now