Sono passati nove ol da quando la Starfall è precipitata: non ho rivisto nessuno, sono da sola, in una delle tante celle di Nova, l'unica città dell'Atlantis. Non ho idea di quel che stia succedendo su Lemuria, del perché ci mettano così tanto a dare una risposta all'Alleanza: vogliono davvero continuare la guerra senza la Starfall, senza Minerva?

Era la nostra unica speranza quel progetto: l'unica cosa che avrebbe contrastato la potenza delle astronavi nemiche, molto più potenti e avanzate delle nostre visto che l'Atlantis è un pianeta che si è nato dal progresso tecnologico e dalla ricerca scientifica, una brutta copia mortale di qualcosa che esiste davvero.

Non è cambiato molto l'Altantis da quel che ho visto mentre ci avvicinavamo al pianeta: le luci di Nova mi sembravano sempre le stesse, più brillanti delle stelle. Non ho avuto modo di vedere molto, Brunnos è atterrato direttamente sul tetto del palazzo e mi ha trascinato in quella stanza, poi mi portato quaggiù, in mezzo ai peggiori criminali del loro impero.

Inclino appena la testa all'indietro, appoggiandola al muro, lascio una gamba distesa e piego la destra, appoggiando sopra il ginocchio la protesi: sono passati solo dieci ked dall'ultima volta che ho guardato l'orologio. Abbasso la manica della camicia e la luce azzurrina che prima mi colpiva in faccia diventa soffusa, scomparendo non appena abbasso anche quella della giacca.

Le voci degli altri prigionieri mi giungono ovattate, non ho prestato attenzione ai loro discorsi, schiamazzi e richiami nei miei confronti: di loro non mi interessa, io voglio spere cosa intende fa la Federazione e che intenzioni ha Brunnos verso di noi – e verso di me.

Altri passi ritmati di soldati echeggiano nel corridoio illuminato, zittendo pian piano tutti: come tutte le altre volte, trattengo il respiro. Non si sa se siano qui per liberarti o per portarti sul patibolo.

Si fermano poco dopo, ma subito sono seguiti da altri, concitati.

«Avremmo dovuto giustiziarvi tutti» ringhia Brunnos afferrando le sbarre. «Avrei dovuto tirare giù tu e la Starfall da wakin» continua sputando sul pavimento della cella.

«Cos'è successo?»

Sgancia dalla cintura della sua divisa un paio di manette, facendole dondolare davanti alla sua faccia; quelle brillano sotto la luce bianca. Fa un cenno con la testa a una guardia che fa scattare la serratura. Non ho il tempo di alzarmi, che lui mi è addosso e io, senza rendermene conto, ho una guancia premuta contro il muro.

«Spero davvero di riuscirti a condannare questa volta, per me sarebbe solo un onore macchiarmi le mani del tuo sangue» sibila al mio orecchio, mentre preme il braccio sinistro contro la mia schiena. Si allontana solo dopo il secondo click metallico delle manette.

«Vuoi almeno dirmi cosa posso aver combinato, mentre ero qui, in cella, con la Starfall mezza distrutta da qualche parte là fuori?»

Mi afferra l'avambraccio, strattonandomi fuori, lungo il corridoio. «Vuoi dirmi che davvero non ne hai idea?» chiede senza degnarmi di uno sguardo, mentre preme il pulsante di chiamata di uno dei tre ascensori.

«No».

«Una delle nostre astronavi è sparita nel nulla e i sistemi dell'At10 hanno rilevato un... qualcosa riferito al campo magnetico. Di comune accordo con l'Orlan, abbiamo deciso di interrogare i tuoi ufficiali, ma nessuno di loro ha aperto bocca».

«Cosa ti fa credere che lo farò io?»

Brunnos si china, mi morde un labbro. «Non credo che tu voglia davvero mettere in pericolo la vita del tuo equipaggio».

Apro la bocca per chiedergli cosa intenda, ma le porte dell'ascensore che si aprono all'improvviso me lo impediscono: stringe la presa sul braccio come se volesse farmi capire che tutto il potere che ho avuto fino a poco tempo fa non è più nulla, che qui comanda lui. Fatico a tenere il suo passo: vorrei guardare dritto, ma gli occhi tornano a incollarsi al suo profilo – non riesco a non guardarlo, mentre tiene la fronte corrugata e le labbra serrate.

Ai confini del vuoto 1 - Progetto MinervaWhere stories live. Discover now