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È buio, più di quel che pensavo. La Thion non riscalda il terreno come sull'Atlantis, non splende sull'acqua, non brilla nel cielo: le nubi gettano ombre su ogni cosa e solo le luci esterne dell'astronave ci fanno vedere i dintorni. L'IA sta continuando ad analizzare la composizione dell'atmosfera, i gradi esterni lampeggiano su uno schermo, entrando ritmicamente nel mio campo visivo.

Le luci all'interno sono ancora accese, ma l'aria sta diventando pesante: senza i motori accesi, il sistema di ricircolo dell'aria non funziona. Allento la cravatta, passando tre dita nel colletto.

Appoggio i gomiti sul tavolo prendendo la testa fra le mani: i calcoli non tornano, sono quasi convinta che non torneranno mai, che l'unica soluzione sarebbe scrivere di nuovo Minerva.

«Faresti meglio a dormirci su... o per lo meno, devi distrarti. Sono ore che stai lavorando sulla stessa cosa. Hai intenzione di saltare la cena?»

Alzo gli occhi, guardando Brunnos, appoggiato con entrambe le mani al tavolo. «Non ho intenzione di arrendermi prima di aver trovato una soluzione, ma il tempo adesso mi è contro: non posso risolvere tutto questo in... pochi ol. O peggio, poche ore».

Lui annuisce, allunga una mano e afferra il tablet, alzando subito il braccio per metterlo fuori dalla mia portata.

«Se solo... se solo il nostro rapporto fosse diverso, ti avrei già sparato».

Abbozza un sorriso, sistemandolo sulla mensola più alta. «L'idea è stata dei tuoi amici: Rayegan ha detto che non voleva rischiare il caffè e Darinell che gli avresti decimato lo stipendio quindi hanno mandato me, certi che sarei stato... immune da ogni tua vendetta».

Scuoto la testa, alzandomi lentamente. «Grazie di aver detto i nomi dei mandanti, non credo che loro te ne saranno molto grati» gli dico quando gli passo di fianco. Mi sporgo dal corrimano delle scalette, facendo un respiro profondo: non toglierò loro ciò che si aspettavano.

«Axel, scordati il caffè per i prossimi tre ol; Aesta, il tuo stipendio sarà dimezzato finché non torniamo su Lemuria» urlo loro.

«Sei un tiranno» mi risponde lei.

«Adesso che ti sei accanita su di loro, puoi degnarci della tua presenza a cena?»

«D'accordo, d'accordo».

In lontananza, l'orizzonte viene spazzato da fulmini, molto ravvicinati l'uno all'altro. Non c'è tregua. Qui fuori l'aria è carica di elettricità statica: i capelli di tutti tendono ad alzarsi verso l'alto e basta un tocco a chiunque a sentire una leggera scossa.

«Dovremmo istituire turni di guardia?» chiede Aesta.

Axel sbadiglia. «Riuscite a fare a meno di me? Le distanze a terra sono anche maggiori visto che dobbiamo aggirare una montagna. Dovendo pilotare, vorrei riposare».

«Nessun problema: tu riposati. Farò io il primo turno» gli rispondo.

«Mi ricordi quando fissavi le stelle sull'At5, riempiendo tutti quei fogli di scritte strane» esordisce Brunnos all'improvviso. Mi volto lentamente, stringendo tra le mani la canna del fucile: non ho idea del tempo che abbia passato a fissarmi, da quant'è che sia alle mie spalle.

«Posso sedermi?»

«Cosa ci fai qui? Dovresti dormire: me la caverò da sola».

«Non sei cambiata molto» mormora sedendosi. Appoggia le mani sulle ginocchia, scuotendo appena la testa. «Se solo non fossero fulmini quelle luci in lontananza, se tu non avessi quella divisa addosso, direi che fossimo tornati indietro nel tempo». Mi volto a guardarlo, ci stavo pensando anche io a quei tempi, ma vorrei dirgli che è tutto finito, passato, sepolto dai wakin e travolto dalla guerra. E non potrà mai tornare. «Però, anche se non ci capivo una mazza, era bello stare ad ascoltare tutti i tuoi discorsi».

Ai confini del vuoto 1 - Progetto MinervaWhere stories live. Discover now