6

392 41 66
                                    

La situazione è peggiore di quel che immaginavo: in una sola notte qui su Minerva, l'intensità del campo magnetico si è alzata fino a valori preoccupanti: siamo a sessantadue Fanot adesso. Dovremmo arrivare al cuore prima che raggiunga il valore di ottanta per evitare problemi, ma... sarà difficile: le nuvole non hanno lasciato un buco fra loro, l'intero cielo è coperto da nubi grigiastre con sfumature violacee. La luce della falsa Thion non arriva più sulla superficie e la temperatura esterna registrata dai termometri a bordo è calata drasticamente.

«Odio dover portare brutte notizie, ma la condensa sopra le ali sta dando noia agli stabilizzatori... questa nave non ha un sistema integrato per sciogliere il ghiaccio?» domanda Axel. «Non voglio rischiare di schiantarmi di nuovo e perdere il caffè!» Sbatto con forza la penna sul tavolo, lanciando subito un'occhiata a Brunnos.

«Io voglio solo cercare di non perdere la pazienza, Axel» sibilo continuando a guardarlo.

«No, è una nave da trasporto privato... un tipo molto usato per i collegamenti tra l'Atlantis e i suoi satelliti: passa molto poco tempo nello spazio».

Mi passo entrambe le mani sulla faccia e la mia voce risuona ovattata: «Che cretini, che cretini».

«Dovremmo fermarci e togliere il ghiaccio a tempi regolari: senza gli stabilizzatori dovremmo procedere a piedi... e io che credevo che l'Alleanza fosse avanti a noi nella tecnologia delle astronavi... proprio le basi vi mancano» borbotta Aesta.

«Siete stati voi a chiedere una LWSS, non io» ribatte Brunnos alzando un sopracciglio.

«Vorrei risponderti, ma se ti dico in faccia quello che penso, credo che mi spareresti » mormoro alzandomi. «Aesta, prendiamo i cappotti e vediamo di risolvere la faccenda. Axel, inizia la fase di atterraggio. Quanto è stato il tempo di volo?»

«Un bakif... e diciassette ked. Dovremmo fare pause più frequenti. La bassa velocità già non giocava a nostro favore, a questo punto siamo molto rallentati».

«Sempre meglio che andare a piedi» aggiunge Aesta alzandosi. «Almeno il riscaldamento funziona».

«Fanculo» borbotta lei a denti stretti, mentre si sposta gattonando sul tetto dell'astronave, stringendo in una mano una confezione di antigelo che, fortunatamente, era a bordo. «Non so cosa sia peggio tra il freddo e l'elettricità statica».

La mano trema, mentre cerco di raschiare il ghiaccio dalla zona degli stabilizzatori: fa freddo e i nostri cappotti sono quasi inutili. «Ho quasi fatto, ma mi sembra di essere un surgelato».

Lei ridacchia, battendo i denti e facendo rotolare la bottiglia verso di me. «Dovrebbe bastarci per le prossime due ore. Ne abbiamo altre cinque nell'armamentario di emergenza, quindi possiamo recuperare un po' di tempo».

«D'accordo» le dico prima di stapparla. Storco immediatamente il naso. «La cosa peggiore è l'odore di questo antigelo».

Non appena torniamo dentro, lei si sfrega le mani, tornando a piazzarsi immediatamente al suo posto e allungando le mani verso la bocchetta del riscaldamento; io, al contrario, appoggio sul tavolo l'antigelo. Devo lavarmi le mani, non posso sopportare oltre il suo odore. Il bagno di bordo è piccolo, puzza ancora di disinfettante, ma, a dirla tutta, è quasi meglio dell'antigelo. La luce sopra il piccolo specchio traballa per qualche istante, poi si stabilizza, illuminando ciò che sta intorno a me, ma lasciando nel buio il corridoio alle mie spalle, oltre la porta lasciata aperta.

Mi appoggio per un attimo sul lavandino e quello scricchiola sotto il mio peso: scuoto la testa, peggio di così, questa missione non potrebbe andare.

Quando torno sul ponte, trovo il silenzio ad accogliermi: non ho sentito voci di litigate, ma è come se ciascuno, su questa nave, fosse nella propria bolla. Anche Axel e Aesta, sempre impegnati nei battibecchi, mi appaiono distaccati come non mai. Il freddo provato all'esterno non è niente in confronto a questo.

Ai confini del vuoto 1 - Progetto MinervaWhere stories live. Discover now