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Mi sveglio stropicciandomi gli occhi: ho dolori ovunque, mi stiracchio nella speranza di mandarli via. Erix mi ha messo il cappotto addosso a mo' di coperta, sorrido istintivamente, non mi aspetto una tale gentilezza da parte sua.

«Dormito bene?» chiede appoggiandosi con le braccia sopra lo schienale.

«Come su una nuvola» commento massaggiandomi il collo, non ho mai passato una notte in un posto più scomodo. «Se dovesse succedere di nuovo, svegliami. Preferisco dormire sul pavimento».

«Tieni, ti ho preparato la... colazione. O almeno, spero sia qualcosa di commestibile».

Annuisco, prendendo la scodella che Erix mi porge, mangiando senza troppi problemi il contenuto: ho smesso di chiedermi cosa sia wakin fa ed è bene non saperlo e ormai mi sono abituata al sapore pessimo che hanno le razioni.

«Fanno schifo, lo so. Sono wakin che non mangio altro» gli dico appoggiando il cucchiaio nella scodella vuota; sorride appena prima di riporla via vicino a un'altra che presumo abbia usato lui.

La nave è piccola, c'è soltanto la cabina di pilotaggio e una piccola zona con due sportelli in basso dove si trovano le razioni e poche stoviglie. Ne ho scelta una a caso, non sapendo quanto ci saremmo allontanati dal pianeta.

Credo abbia passato la notte in bianco: ha gli occhi gonfi, occhiaie piuttosto evidenti e l'aria stanca, provata.

«Vieni. Ho preferito non svegliarti, ma ho davvero intenzione di farti vedere il motivo per cui siamo qui».

Mi alzo dal sedile e lui subito mi stringe a sé, accarezzandomi una guancia. «Sei bellissima».

Scendiamo a terra in silenzio, è un pianeta artificiale, camuffato da pianeta vero e il metallo rimbomba sotto i nostri piedi, anche se l'aspetto è quello di una superficie rocciosa. Un vero gioiellino, figlio sicuramente di una mente brillante, che potrebbe essere utile in mille modi. Ma perché mi ha portato qui? Vuole uccidermi lontano da tutti?

«Dove siamo?»

«Era uno dei tanti progetti di tuo padre, non so se lo conosci» mi risponde fissando l'orizzonte.

«Un pianeta falso? – scuoto la testa – Probabilmente ci ha lavorato prima che nascessi o non me ne ha mai parlato». L'unico ricordo vivido che ho della mia prima infanzia è lo studio di mio padre, invaso da fogli di progetti riusciti e di prove fallite. Solo lui li conosceva tutti, io mi divertivo a leggerli senza capirci più del dovuto.

«C'è di più. Contiene un'intera flotta al suo interno».

«Che cosa?»

Tutto questo non può essere vero. Tutto questo non ha un senso logico: prima fai il ruffiano, poi ti trasformi in un carnefice e ora mi offri una flotta? Sei impazzito, per caso?

«Doveva essere una riserva per l'Atlantis in caso di guerra» mi risponde Erix. «Ho rubato il progetto wakin fa, credevo di poterlo usare per dare il benservito a Nayla una volta finita la guerra, ma mia madre me l'ha ricordato l'altro giorno. Credo sia meglio se adesso lo prendi tu. Serve più a te che a me una flotta. Ci ho riflettuto stanotte... su di noi, sulla guerra, su tutto insomma».

«Mi stai seriamente offrendo una flotta? Tu?» Lo guardo negli occhi. «Che c'è sotto?»

«Niente. Sono solo un cretino».

«Che vuoi dire?»

«Che stavo cercando il potere quando ho rischiato di perdere qualcosa di più importante. Se non vuoi perdonarmi me ne farò una ragione, non preoccuparti per me».

Gli tiro uno schiaffo con tutta la forza che ho addosso. Come se ieri sera non l'avessi baciato. Come se non gli avessi procurato una nave. Come se non mi fossi fidata di lui nonostante i suoi e i miei sbagli. «Ti dovrei ammazzare per come ti sei comportato. Sei stato uno stronzo, ho cercato in tutti i modi di dimenticarti, ma non ce l'ho fatta. Continuavo solo a ricordarmi di te, in qualunque momento».

Ai confini del vuoto 1 - Progetto MinervaWhere stories live. Discover now