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«Tieni, l'avevi lasciato a bordo» mormora Axel mentre mi sistema in testa il cappello. È un sollievo essere di nuovo al mio posto, con la divisa intatta e facce amiche intorno. La Starfall ormai è diventata la mia casa: non ho più trovato un pianeta che potessi definire in quel modo – Lemuria è solo una base, oltre al lavoro non c'è niente che mi leghi a quel deserto.

«Grazie».

La sua mano si posa sulla mia spalla. «Sicura di non voler prendere provvedimenti per essere restati su Minerva?» Annuisco con un cenno del capo: mi hanno salvato la vita, non potrei pensare a nessuna punizione. L'intera responsabilità era sulle spalle di Axel, ma ha svolto egregiamente il suo lavoro – se non facesse domande così idiote, sarei quasi propensa a dargli un aumento.

«Ma sicura sicura?»

Lo guardo male. «Fila ai comandi, Darinell, prima che butti pure te in cella a far compagnia a quei tre».

Axel sorride, poi mi abbraccia. «È bello sapere che stai bene». Ricambio la stretta, rimanendo con la faccia nascosta sulla sua divisa.

«Non lascerò che ti facciano di nuovo del male» mormora allontanandomi da sé e stringendo le mani sulle mie braccia.

Non appena la Starfall decolla, guardo il suolo e la costruzione allontanarsi solo per un attimo, poi volto subito lo sguardo verso l'interno della nave, con il suo pavimento sempre tirato a lucido su cui vedo il mio riflesso sfuocato. Non ho tempo per pensare a loro tre ora che la situazione è davvero grave: la Federazione è rimasta con poche navi, un numero troppo esiguo per vincere la guerra, ma con Minerva in funzione, potrebbero bastare. Gli altri sono pronti a rompere gli accordi della resa da quando abbiamo fatto rapporto poche ore fa: stanno aspettando solo noi. Siamo in svantaggio e non avremmo un'altra possibilità: trattare è inutile, restituire loro i comandanti è una follia che ci si ritorcerebbe contro visto che la Perseus è salva sull'Atlantis.

Cammino avanti e indietro sul ponte, oltrepasso le postazioni di controllo che i tecnici tengono d'occhio, analizzando ogni minima parte del codice perché non devono esserci imperfezioni. La Starfall è completamente operativa, Minerva è stabile, ma trovare un piano d'attacco non è stato facile; le altre astronavi della Federazione hanno liberato i satelliti più lontani dell'Atlantis, sfruttando il fatto che i comandanti dell'Alleanza siano in mano nostra e che l'Andromeda non sembri saper cosa fare senza di loro. Così dovremmo avere un posto sicuro per atterrare, ma l'esito è incerto: noi abbiamo la tattica, l'Alleanza il numero di astronavi.

Il comunicatore gracchia e Axel risponde alla chiamata. «Nave 5930. Siamo pronti al salto».

«Procedete». È l'ordine che ci arriva non appena il portale si chiude alle nostre spalle.

«Sistemate la posizione d'attacco ora» urlo all'equipaggio. Mi mancava il suono dei tanti pulsanti premuti, ma non la sensazione del salto, preferisco un pugno nello stomaco.

La battaglia sta già infuriando vicino all'Atlantis: l'Andromeda non ha perso tempo, vuole distruggere quelle poche navi rimaste che minacciano l'integrità del controllo dell'Atlantis.

Ci siamo.

È il momento di vedere se funziona.

«Ditemi che funziona, vi prego. Ne ho fin sopra i capelli di quel pianeta».

Attimi di silenzio. Mi appoggio al parapetto, sento il cuore battere all'impazzata.

«Sistema operativo».

«Caricate le armi. È ora di portare alla fine questa guerra». Stringo le mani sulla sbarra del parapetto, guardando gli altri sistemare tutto.

«Che sta succedendo?»

Ai confini del vuoto 1 - Progetto MinervaWhere stories live. Discover now