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È la prima volta che mi trovo a raccontare a qualcuno di ciò che è successo tra me ed Erix e mi suona così strano condividere con altri la stessa storia che per wakin abbiamo tenuto nascosta per evitare qualsiasi problema burocratico, quella storia da sempre costellata di inganni, patti firmati e non mantenuti e tanti silenzi.

«Da quando avevo scoperto che la serratura della cella era rotta, ogni sera sgattaiolavo fuori, anche se la cosa non era proprio legale. Dopo aver appurato una tattica che mi permetteva di passare sotto il naso delle guardie, credevo di poterla passare liscia. Mi sbagliavo: una sera per caso mi imbattei in Erix che per un motivo o l'altro aveva cambiato giro di ronda. Credo sia stata l'unica volta in cui lo abbia implorato di risparmiarmi la vita e non so cosa lo convinse a farlo, forse il fatto che a quell'epoca mi consideravano tutti innocua e quindi chiuse un occhio, lasciandomi andare. Nei ol seguenti evitai di uscire il più possibile, ma c'era qualcosa nel cielo stellato dell'At5 che mi attirava troppo. In particolari periodi dell'anno si abbattono piogge di meteore: è uno spettacolo impressionante, credo uno dei più belli che abbia mai visto. Fatto sta che una sera mi convinsi a uscire, ritrovando Erix che sembrava aspettarmi... da allora più che cane da guardia sembrava un cane da compagnia: iniziammo a parlare, più o meno, in genere rispondeva con grugniti. È stato presente mentre continuavo a disegnare su quei fogli quasi più grandi di me la prima bozza della Starfall». Sorrido appena, mi ricordo bene che mi chiese se avessi un nome in mente e la bugia che gli dissi: sapevo già quale sarebbe stato il nome di quella nave, anche se allora credevo che non sarebbe mai stata realizzata. «Rimaneva ad ascoltarmi tutte le sere, credevo ci capisse qualcosa, ma su Minerva mi ha detto il contrario e che lo faceva solo per... vedermi felice».

«Davvero, non avevo idea tu potessi far prendere una cotta a un principe».

«Mi credi che l'ho capito solo qualche mese dopo?»

«Ovviamente, non potevi fare in modo diverso» risponde Aesta picchiettandomi la fronte con un dito.

«In modo rocambolesco, qualche tempo dopo, io e mio padre riuscimmo a fuggire – ma questa è un'altra storia che devo raccontarti per bene. Erix si mise nel mezzo e a quel punto non avemmo scelta: gli sparai alla gamba, trascinandolo su Lemuria dove rimase come ostaggio. Da allora, non ha fatto altro che cercare di darmi noia in qualsiasi modo e le frecciatine erano cose normali, ce le lanciavamo appena ci incrociavamo nei corridoi o comunque ogni volta che ci vedevamo. Dopo la fuga, erano le uniche cose che ci dicevamo, non ci parlavamo per niente e quasi mi odiava. In fondo, l'avevamo rapito e lui era da solo, ostaggio della Coalizione. Poteva vagare per tutto il pianeta, ma non aveva modo di lasciarlo, se non ogni tanto, quando veniva in missione: si è sempre interessato alla medicina e ha una buona mira, era comodo portarlo con noi. I primi tempi non furono niente di eccezionale, però pian piano cominciavamo a parlare di più, non c'erano molti altri ragazzi, gli adulti erano impegnati nella guerra e in fondo ci conoscevamo già visto che passava le serate ad osservarmi progettare quand'eravamo sull'At5 e quegli erano gli unici momenti in cui ci parlavamo e durante il giorno si comportava come da regolamento, sempre incline alla violenza. Essendo con la Coalizione non poteva permettersi di fare quello che faceva prima, sembrava molto un cane bastonato e legato alla catena che non poteva vendicarsi: era spesso preda di scherzi o insulti da parte dei membri della Coalizione, ma si teneva tutto dentro, sfogandosi solo la notte contro dei sassi che usava come bersaglio dopo averci dipinto le facce di chi si accaniva su di lui. L'ho scoperto una volta, per caso. Avevo fatto tardi con gli allenamenti e presi una strada diversa dal solito: passare più lontano dagli edifici della base mi permetteva di osservare le stelle senza il riflesso delle luci – non erano come quelle dell'At5, ma me le facevo andare bene comunque. E fu lì che lo trovai, in mezzo ai sassi... per poco non mi fece fuori quando si accorse della mia presenza, credendo che fossi qualche soldato di ronda che avesse in mente di accanirsi su di lui. Mi fece giurare di tenere la bocca chiusa, non voleva che si sapesse in giro che faceva quella roba lì, gli sembrava un passatempo degradante. Quando gli dissi che per me far esplodere le cose era una cosa divertente mi prese per pazza, però quando sperimentavo gli esplosivi cominciò a girarmi intorno da lontano, dopo qualche sera lo feci assistere da vicino. Non parlavamo, stavamo in silenzio e se si sentiva qualcosa, ero io che esultavo. E intanto iniziavo a rendermi conto che cominciava a piacermi: non era la persona migliore della galassia, era sempre scontroso e schivo, ma aveva un che di affascinante e– Aesta non ridere!»

Ai confini del vuoto 1 - Progetto MinervaWhere stories live. Discover now