27

141 23 30
                                    


È arrivato il momento: partiremo domani mattina.

Sappiamo che la flotta dell'Orlan è ferma nelle vicinanze di una fascia di asteroidi in prossimità di Mu e abbiamo concordato che è meglio combattere lì, per quanto pericoloso possa essere per navi più grandi: cercheremo di tirarli fuori dalla loro protezione, costi quel che costi. Non vogliamo mettere in pericolo la vita di civili, tanto meno rischiare di trovarci a dover combattere su due fronti: se l'Orlan dovesse arrivare sull'Atlantis e sollevare la popolazione contro di noi sarebbe la fine.

«È la prima volta che il consiglio approva un mio piano» gongola Axel non appena siamo fuori dalla sala dove ci siamo riuniti. Non ne potevo più dell'aria pesante che c'era lì dentro, quella su Lemuria non aveva tutti quei fronzoli alle pareti che rendono la stanza più cupa e piccola di quel che non sia in realtà. L'unica nota positiva è che gli stemmi e bandiere dell'Alleanza sono stati sostituiti con quelli della Federazione.

Ora che la riunione è finita, solo il peggio ci sta aspettando: speriamo che la trovata di Axel di contare sulla propria abilità si riveli la strategia giusta.

Gli tiro un pugno sul braccio. «Perché stavolta è sensato».

«Voglio sperare».

Gli tiro una spallata. «E dai, sai benissimo di essere uno dei piloti più abili dell'intera flotta. Se ti mostri insicuro te, gli altri equipaggi cosa dovrebbero fare? Scappare?»

«E poi se non ci mettiamo nei guai la cosa non è divertente».

Aggrotto la fronte – mettersi nei guai in quella battaglia non lo spero proprio.

«Va tutto bene?»

Annuisco, ma la realtà è che non avevo mai pensato al fatto che non potrei vedere l'alba di un nuovo giorno, che l'epilogo che sto sperando possa esser scritto in modo diverso da qualcun altro.

«Cena?» chiede lui, interrompendo il silenzio che si era creato fra noi due.

«Approvato».

Chissà se dovrò continuare a mangiare queste sbobbe per sempre è l'unica cosa che mi viene in mente mentre guardo la cena, poco invitante di suo. Il piatto è pieno di ciò che dovrebbe essere una minestra, ma il colore marrone che assume insieme all'odore la fanno sembrare altro.

È tutto smorto nella sala dove mangiamo: le pareti un tempo bianche sono diventate gialle e in alcuni punti l'intonaco sta cadendo a terra sotto forma di polverina – nessuno ha mai pensato a imbiancarle di nuovo?

I tavoli, disposti in tre file da quindici ciascuna, sono rossi e la loro superficie è graffiata in più punti; le stoviglie, poi, sono in condizioni peggiori, tanto molte sono sul punto di spaccarsi: ricordo quando l'altra sera ad Axel si ruppe il piatto che teneva in mano e la cena gli cadde addosso.

Gli ufficiali ridono, scherzano, come i ol passati, come sempre. Nessuno vuole pensare alla battaglia che ci aspetta, nessuno vuole pensare alla morte, eppure dietro tutti quei sorrisi si nascondono i pensieri più tremendi: pensano alle case che hanno lasciato da wakin, alle loro famiglie. In molti avevano lasciato i bambini piccoli, sono wakin che non li vedono, hanno loro notizie solo tramite comunicazioni.

Le reclute se ne stanno in silenzio, guardano i piatti con sguardi vuoti: non sanno cosa aspettarsi, finora hanno sempre combattuto per finta, ma trovarsi di fronte una flotta nemica fa paura a tutti e sanno di avere nelle mani un destino molto più grande di loro.

«E comunque se vinciamo la battaglia, Vivi offrirà da bere a tutti».

Mi volto di scatto verso Axel. «Mai. Non voglio bruciarmi lo stipendio per colpa di un branco di alcolisti quali siete».

Ai confini del vuoto 1 - Progetto MinervaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora