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Mi sento la testa pesante, credo di essermi addormentata piangendo di nuovo. Mi sembra di essere inerme in balia di un mare in tempesta.

Passo una mano sul muro dove ho ricominciato a segnare i ol come sull'At5. Sono ventitré le stanghette, una per ogni giornata passata qui dentro. Non so quanto tempo passerà ancora prima di rivedere una qualche forma di vita, ma sicuramente non sarà un incontro felice. Ormai ho graffi e ferite su tutto il corpo: i loro scagnozzi non si fanno troppi scrupoli a usare le loro lame mentre mi interrogano, cercando di ottenere quelle informazioni che mi rifiuto di dare – non tradirò la Federazione, preferisco morire.

Ho perso una delle due lenti a contatto, la giacca e la camicia hanno perso non so quanti bottoni, fatti saltare senza troppi problemi. Evito anche di rimettermi la prima, ormai la lascio abbandonata sul pavimento, tanto non durerebbe molto se la indossassi.

Non ho mai avuto la forza di reagire alle loro violenze, ai loro insulti: ho lasciato che mi facessero di tutto, lasciando che tutto accadesse senza dire una parola.

Ho finito la voce, le lacrime. Non ho salvato niente, né gli amici né l'onore né la morale. Non ho fatto niente per impedire che mi strappassero ogni cosa, non ho trovato un solo motivo per oppormi. Non sono più niente, per loro sono quasi un passatempo.

Sul destino della Starfall e della Federazione non ho notizie. Non ho aperto bocca per pregarli di fermarsi anche quando il dolore era troppo, non lo farò adesso per avere informazioni.

Non ho idea di chi siano i carnefici, non li ho mai voluti guardare in faccia. Nessuno di loro, nemmeno Brunnos. Mi costringo a non piangere quando arriva, stringo i pugni quasi fino a conficcare le unghie nella carne perché non riesco a perdonarmi per quello che è successo, non riesco a non darmi la colpa.

Mi prendo la testa tra le mani, sospirando. Qualcuno apre la porta, d'istinto mi viene di stringere le ginocchia.

Non sono i passi dei carnefici, ormai li riconosco. Non sono nemmeno quelli di Aesta, non la vedo dal giorno in cui mi hanno preso, ma gli ho sentiti per così tanti wakin che ormai sono familiari.

Alzo appena gli occhi. È l'Orlan.

«La Federazione è sul punto di firmare la resa. Dov'è la Starfall? È sparita da ogni radar da ol».

E lo chiedono a me, che ho perso i contatti da ol? Ho dato l'ordine di decollo immediato, tutto quello che accade dopo è stato nelle mani degli ufficiali.

«Non lo so».

Si abbassa, quanto basta per trovarci faccia a faccia. «Non ho intenzione di perdere wakin dietro alla ricerca della vostra ammiraglia. Ce la consegneranno come ostaggio in cambio della libertà condizionata per gli altri».

«Seriamente, non lo so dove siano andati».

«Li abbiamo cercati per tutta la galassia. Non possono essere finiti nel nulla».

Ma, conoscendoli, in un buco nero forse sì.

«Può finire in due modi. O mi dici ciò che voglio sapere o ti faccio torturare finché non mi dici ciò che voglio sapere. Dove sono finiti?»

Sospiro. Cosa devo fare per farglielo capire? «Non lo so, ho perso i contatti da quando mi avete catturato. E anche se lo avessi, credi che tradirei così i miei uomini?»

Sogghigna. «Siete proprio una bella coppia di idioti».

La guardo confusa, non capisco il senso delle sue parole. In fondo, mica è Brunnos quello a essere nei guai fino al collo, non è lui quello che ha perso la guerra.

Ai confini del vuoto 1 - Progetto MinervaWhere stories live. Discover now