4. L'atterraggio

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«Umana, ma che cosa vorrebbe dire Umana?!» Shani urlò contro Hans con tutto il fiato che aveva in gola.

«Stai calma, è stata una decisione degli Anziani. Gli stessi che ti hanno scelta.»

«Tu sei fuori di testa, ti rendi... no, voi non vi rendete conto! È un suicidio, un cazzo di suicidio!»

«Finiscila con questa scenata, non è un tuo problema!» Hans alzò a sua volta la voce.

«Umana, ma non si erano estinti?» Tomas la guardava come se fosse una razza aliena... o una cavia da laboratorio.

«Evidentemente no, Murphy.» Hans era sempre più stanco di dover tenere testa a quei due. Non era nato per fare il leader. Il suo compito era sempre stato quello di stare tra i libri, studiare lettere, matematica, geografia, fisica e chimica. Tradurre vecchi scritti in lingue morte e portare alla luce antichi manuali accademici. Contribuire alla rilettura di alcune pagine di storia. Poteva risolvere a mente complessi algoritmi, enumerare a occhi chiusi gli elementi della tavola periodica di Meyer, calcolare tra quanti secondi esatti sarebbero atterrati, tenendo conto del peso, della velocità, della pressione atmosferica e della forza gravitazionale. Contenere quei due e allo stesso tempo controllare la ragazzina? No, questo era davvero troppo.

«Vai pure se vuoi, Eva. Preparati: tra pochi giorni atterreremo.» La rassegnazione marcava il suo tono.

Eva non se lo fece ripetere due volte e scomparve nel corridoio.

Anche Shani, eludendo ai suoi doveri, si diresse verso la sua stanza.

Tomas accese la sigaretta elettronica.

«Ti giuro, ero assolutamente convinto che fossero tutti morti.»

Kuran uscì dalla sala di navigazione il giorno dopo. Aveva il volto pallido e sconvolto, gli occhi rossi e i capelli unti. Nonostante ciò, Shani osservò che era sempre un bellissimo ragazzo. Silenzioso e riservato, come piacevano a lei.

Durante la scuola di addestramento l'aveva ammirato solo da lontano. Lei era sempre in tuta da ginnastica, coi capelli raccolti, sudata e struccata. Per questo quando lo vedeva si nascondeva, insieme a qualche sua compagna, altrettanto invaghita di lui.

Alcune preferivano Ulrik. La maggior parte preferiva Ulrik. Era il nobile, un principe biondo, forte, alto, muscoloso, invincibile. Ma lei non subiva il suo fascino come le altre. Conosceva l'oscurità che il suo capitano nascondeva. Sebbene avrebbero potuto, dopo una vita passata ad addestrarsi insieme, diventare almeno amici intimi, se non qualcosa di più, non era mai successo nulla. Di Ulrik non ti potevi mai fidare, diceva Shani alle amiche, a meno che tu non fossi uno degli Anziani. Lui era fedele solo a chi si trovava più in alto nella gerarchia, lui rispettava solo il suo dovere, lui non avrebbe guardato in faccia sua madre pur di portare a termine una missione.

"Gli è morta la sua ragazza tra le braccia e non ha fatto una piega."

Kuran era tutt'altra cosa. E lei ne era da sempre, perdutamente cotta. Occhi neri a mandorla, capelli corti e corvini, fisico snello, asciutto. Studiava come navigatore, non come guerriero, ma ogni tanto condividevano l'aula, per qualche lezione sull'uso delle armi o di autodifesa. Lui era sempre in prima fila, con un blocchetto per gli appunti e la sua biro nera. Non faceva domande, ma non si perdeva una sillaba di quello che diceva l'insegnante, pendeva dalle sue labbra. Distrarlo era impossibile.

Shani, ribelle e iperattiva, sentiva la sedia bruciarle sotto il sedere, non riusciva a stare ferma un attimo, non scriveva mai appunti ma faceva arzigogolati disegni orientaleggianti sui banchi. Poi agli esami prendeva il massimo. Le bastava fare pratica per imparare. Lei doveva "fare", essere sempre in moto. Era una fiamma che ardeva e non si spegneva mai. Eppure, era così attratta da quel ragazzo, come il sole è attratto dalla luna. Per lui avrebbe dato via tutto per lui. Era così contraddittoria.

UMANA ∽ Ritorno sulla TerraWhere stories live. Discover now