10. La città sommersa

3.6K 285 231
                                    

Arrivarono senza quasi rendersene conto, agganciati com'erano dai loro pensieri.

La fitta foresta, i cui rami filtravano da giorni la vista del cielo, iniziò pian piano a diradarsi.

La prima cosa di cui si accorsero fu proprio il turchese sopra le loro teste.

Erano sbarcati sulla spiaggia infreddoliti, terrorizzati, sotto shock. Ora che la paura si era adattata a convivere nei loro cuori, c'era spazio anche per un'altra emozione: la curiosità.

Il cielo, per la prima volta, era libero dalla vegetazione, libero da nubi, di un colore mai visto prima.

Tomas finì contro Shani perché teneva la testa per aria, la ragazza nemmeno si arrabbiò, scoppiò a ridere.

«È bellissimo» continuava a ripetere, con occhi rapiti.

La luce del pallido sole primaverile illuminava la foresta di una veste nuova. Ora assomigliava sempre meno all'antro tortuoso e buio di un inferno senza via d'uscita e sempre di più al giardino perduto, l'Eden descritto dagli Antichi.

«Perché è azzurro l'universo da qua? Dall'astronave non assumeva mai questo colore» chiese Eva ad Hans.

«È dovuto alla sua struttura chimico-fisica. I raggi solari quando passano nell'atmosfera terrestre si scompongono in sette colori: rosso, arancione, giallo, verde, blu e viola. Questi in parte vengono trattenuti, in parte riflessi e in parte prendono altre direzioni. Il colore azzurro che noi vediamo è l'unico visibile agli occhi umani poiché è l'unico a essere riflesso dal cielo.» Hans si aggiustò gli occhiali. Troppa luce nelle lenti, era abbagliato e non riusciva a godersi lo spettacolo come gli altri.

«Anche agli occhi in titanio?» lo interrogò Shani.

«Sono strutturati per essere identici agli occhi umani, quindi credo di sì. Ma lo dovreste chiedere a Ulrik per averne la certezza.»

Il capo squadra, con le spalle voltate rispetto al gruppo, non si degnò di girarsi. Fece un cenno col capo, appena impercettibile.

«Occhi in titanio? Io sapevo che avevi il cuore! Cavolo, amico! Ti è rimasto qualcosa di Umano o ti sei portato dietro Eva per avere a disposizione organi freschi per un trapianto?» Tomas rise alla sua tetra battuta. Il gelo ripiombò tra i suoi compagni. Nemmeno il calore di quella giornata primaverile sarebbe riuscito a scioglierlo.

«Sai quando tenere la bocca chiusa?» gli sussurrò Shani. «No? Te lo dico io, adesso!»

Ma Ulrik non ci fece caso. Continuava a osservare il terreno di fronte a loro. Tra le radici, il suolo fangoso e i ciottoli, si intravedeva qualcosa di strano: lunghe strisce bianche.

Una strada.

Si piegò a carponi e con la mano tolse un po' di terriccio, scavò fino a sentire un altro strato, freddo, morto, dall'odore pesante: l'asfalto.

«Siamo vicini» comunicò con un tono severo.

Si voltò verso di loro e posò lo sguardo su Eva, poi su Kuran e infine su Hans.

Eva constatò che i suoi occhi glaciali sembravano così veri. Aveva già visto occhi in titanio, lenti per lo più. Ne usufruivano le prostitute. Colori assurdi: viola, verde, giallo, rosa, fucsia. Erano occhi da cui era difficile staccare lo sguardo, occhi di bambola, tanto belli quanto irreali. Gli occhi di Ulrik erano sottili, di un azzurro cereo. Niente a che vedere col colore del cielo. Stalattiti di ghiaccio.

«Non sappiamo cosa ci aspetterà in città. Voglio che siate pronti per ogni evenienza. Basta cazzate, rispettate i comandi, non prendete l'iniziativa, tenetevi vicino al gruppo, mantenete il passo e fate la vostra parte.»

UMANA ∽ Ritorno sulla TerraTahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon