32. La storia del villaggio

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«Deve presenziare davanti al consiglio. Servono delle risposte.» Ulrik, in piedi davanti alla tenda, di prima mattina, sembrava più alto e imponente che mai.

Shani non sarebbe riuscita a lottare contro di lui. Se ne accorse guardandolo mentre filtrava la luce intensa del sole che ancora stava sorgendo a est con la punta delle dita.

Non era un fattore fisico, ma mentale. Lui era Ulrik, il ragazzino con la zazzera bionda più grande di lei di tre anni. L'aveva visto crescere, allenarsi giorno dopo giorno, diplomarsi, divenire l'assistente di uno dei suoi migliori professori, ottenere l'onorificenza da parte dei ministri di capitano della quinta missione dell'Arca M-015.

«Non riesce ad alzarsi!»

Non voleva lottare contro di lui. Questa era la verità.

Aveva già individuato i suoi punti deboli. Un calcio dritto nei genitali, evitare il contrattacco, prima a destra, visto che sapeva che Ulrik era destrorso, poi a sinistra, un colpo all'altezza della zona toracica, dove sicuramente c'erano i lividi, se non le lesioni, per le bastonate prese pochi giorni prima, infine un pugno dritto nello stomaco. Forse le sarebbe servito anche un masso, un tronco, qualcosa di duro contro cui sbattere quella faccia tronfia che si ritrovava, prima che lui potesse riprendersi e contrattaccare.

«Shani...» La ragazza si risvegliò come da uno stato di trance. «Non voglio litigare con te. Ho solo ricevuto degli ordini.»

«Ordini?»

«Sì, sono solo un soldato. E un soldato agisce secondo gli ordini.»

«Per quanto ancora continuerai a nasconderti dietro questa giustificazione?» Il suo tono era tagliente. Una pugnalata nello stomaco.

«Se sarò costretto, fino alla morte» contrattaccò lui lapidario.

Shani rivide in quegli occhi artici l'espressione infantile del suo amico d'infanzia. Allora era vero? Ulrik non era davvero capace di provare alcuna emozione? Era colpa del suo cuore in titanio o la sua mente era malata? Era solo un ruolo quello che rivestiva, o era lui a essere nato per assumere quella posizione?

«Provo a sentire come sta, non ti assicuro niente» rispose infine, sconfitta.

Prima di entrare in tenda il ragazzo le afferrò il lembo di una manica.

Shani si voltò con aria minacciosa. Cosa voleva ancora?

«Grazie.»

La guerriera cercò ancora nel suo volto, disperatamente, tutto l'affetto e, in un certo senso, la compassione che aveva investito in lui fin da bambina.

Non era rimasto più nulla.

«Sei un buon soldato Ulrik.» Il cuore le risuonava forte in petto. Era stato restare per così tanto tempo vicino all'Umana a renderla così emotiva? «Ma sei davvero una persona di merda.»

Quindi rientrò, lasciandolo solo.

Contrariamente a quanto avevano supposto, Eva voleva assolutamente partecipare. Si sciacquò con l'acqua della bacinella, indossò dei vestiti puliti, si districò con le mani i capelli aggrovigliati in un unico nodo e si alzò, scalza, sostenendosi con un bastone che Hans le aveva procurato come stampella.

«Non sei costretta ad andare!» ripeté Tomas, per la milionesima volta.

La ragazzina non lo stette a sentire. Concentrandosi sul suo respiro, avanzò lentamente verso l'uscita.

«Le scarpe!» Shani la raggiunse.

«Non mi servono. Voglio sentire la terra sotto i piedi.»

«Eva!»

UMANA ∽ Ritorno sulla TerraWhere stories live. Discover now