31. In trappola

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Con Eva priva di sensi tra le braccia di Kuran, scortati dalla signora con la treccia colorata, raggiunsero una minuscola tenda, ai margini del villaggio.

L'interno era buio, l'aria rarefatta. Avevano messo del fieno al posto del pavimento, per cercare di contrastare l'umidità del fango, sotto i loro piedi.

Shani cercò con lo sguardo Tomas, che scosse la testa rassegnato.

Un materasso di paglia, a terra, ricoperto da numerosi stracci consunti, fu dove la donna indicò loro di posare l'Umana.

Gli unici altri elementi di arredamento della stanza erano un secchio pieno d'acqua, un vaso da notte e un armadio scuro, in metallo arrugginito e legato con due giri di catene come un prigioniero abbandonato a se stesso.

«Lì teniamo le medicine. Le ante non si chiudono, la serratura è troppo corrosa» li anticipò Magda, intercettando le loro occhiate perplesse. «Questa è la nostra infermeria, so che non è un granché, ma è tutto ciò che abbiamo. Però, se volete, vado a chiamare il medico del villaggio, per visitare l'Umana...»

«No!» gridò Eva, e subito cominciò a contorcersi per il dolore.

«Va bene così. Potreste lasciarci soli?» chiese scontrosamente Shani.

La donna abbassò il capo, in segno di assenso.

Dietro di lei comparve una ragazza dai capelli corvini, con un'enorme pancia gonfia che sporgeva sopra la lunga gonna arancione che indossava.

Non aprì bocca, ma, sempre senza proferire parola, porse con le braccia allungate alcuni vestiti, accuratamente piegati l'uno sull'altro.

«Questi vi appartengono» disse l'anziana, intercettandoli come una mediatrice.

Shani li afferrò sgarbatamente e aspettò con lo sguardo torvo che entrambe uscissero dalla tenda.

La luce filtrava fioca da alcuni strappi causati dal tessuto troppo liso. Nella penombra, il corpo di Eva sembrava solo un mucchietto di ossa, mentre i suoi capelli riflettevano i deboli raggi del sole che la baciava.

«Shani...» la chiamò, con voce implorante.

Alla ragazza sfuggì una lacrima che andrò a incastrarsi tra le lunghe ciglia more.

«Uscite anche voi, per favore» ordinò ai due ragazzi.

Non fecero una piega, come se se l'aspettassero, e le lasciarono lì, in quel luogo malsano dimenticato da tutti.

Eva cercò di tirarsi su, ma aveva totalmente perso le forze. I suoi muscoli l'avevano ripudiata e quella fitta al basso ventre sembrava placarsi solo se rimaneva immobile e sdraiata.

«Shani...»

«Che cos'hai? Ti fa male? Vuoi che ti chiami il dottore?»

«No, no. Non voglio nessuno di loro. Nessuno!»

«Okay, okay. Tranquilla. Ti aiuto a rivestirti.»

Fu un'operazione più difficile di quanto avesse immaginato, perché ogni gesto, come alzare un braccio, sollevare il tronco, piegare una gamba, era seguito da forti gemiti da parte della ragazzina, che lacrimava con gli occhi chiusi e le labbra serrate.

«Sei sicura che non vuoi chiamare nessuno?»

«No, no. Non mi fido.»

«Ma stai molto male!»

«La guarigione è un processo lungo e doloroso.» Eva sorrise amaramente.

«Ma se tu non dovessi...»

UMANA ∽ Ritorno sulla TerraWhere stories live. Discover now