6. Lo sbarco

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La navicella si staccò dalla sede centrale dell'astronave con un frastuono da far esplodere i timpani. Sobbalzò di colpo e prese velocità quando entrò nell'atmosfera terrestre.

I ragazzi portarono le mani alle orecchie, protette dal casco, e chiusero gli occhi.

Ulrik no. Lui teneva le pupille fisse su Eva, seduta davanti a lui.

Se fosse morta, la missione sarebbe fallita.

Questo pensiero non l'aveva fatto dormire nemmeno un secondo negli ultimi giorni. Le sue iridi, ormai iniettate di sangue per lo sforzo, cominciavano a sfocare l'immagine della ragazza.

Uno strano ronzio iniziava a pulsargli nelle orecchie.

Non aveva più il controllo su di lei. Doveva solo pregare, affidarsi all'Universo.

Se almeno avessero scelto un Umano più robusto... Un uomo. Ma anche una donna come Shani sarebbe andata bene.

Gli scossoni aumentarono.

Il suo corpo si preparò all'impatto un minuto prima che esso avvenisse: aveva provato la simulazione almeno diecimila volte. Ma non andò proprio come si aspettava...

Lo schianto fu spietato, fragoroso, la navicella affondò nelle acque nere dell'oceano, si capovolse due o tre volte, riemerse e riprese la sua folle danza. Ruotava come una sfera impazzita. Le onde la colpivano senza pietà. L'abitacolo di trasporto galleggiava sull'acqua ma nulla poteva contro la l'infinita prepotenza di un mare in tempesta.

Tomas, Shani e Hans urlavano spasmodicamente. Ulrik cercava di sovrastare le loro grida, ma il fragore delle onde contro le pareti rendeva sordi anche alla propria voce.

Kuran aveva gli occhi annacquati di lacrime. Pensava a lei. Ancora una volta, forse l'ultima. Forse per questo con maggiore intensità.

Eva avrebbe voluto urlare ma non riusciva. Il suo corpo minuto sbatteva contro i braccioli e lo schienale. Il casco le rimbombava in testa. L'aria le mancò dai polmoni.

Non respirava.

Non respirava più.

Cercò di togliersi la cintura, senza riuscirci. Voleva tanto poter sfogare la sua paura strillando, sentiva l'eco lontano di voci sotto il baccano dell'acqua.

La morte arriva così allora, si disse, prima lo stordimento, poi la sorpresa, un po' di dolore e infine... non respiri più.

Così semplice, così elementare. Eppure, non ci aveva mai pensato.

Annaspò, gli occhi all'improvviso ciechi, la bocca spalancata in un ultimo grido muto.

Poi perse conoscenza.

Ulrik ci mise più di quanto avrebbe ritenuto necessario per mettere a tacere i compagni. Dovette togliersi le cinture, afferrare con forza le spalle di Hans, scuoterlo con veemenza e fare la stessa cosa con Shani e Tomas.

Quest'ultimo non smise comunque di imprecare e bestemmiare, ma il volume della sua voce era nettamente migliorato.

Kuran gli fece capire di essere in ascolto e il capitano cominciò il suo discorso, aggrappato con difficoltà prima a una sedia, poi a un'altra, alla ricerca di una posizione centrale in equilibrio precario.

«Ascoltate, l'atterraggio non è andato a buon fine. Ripeto: l'atterraggio non è andato a buon fine.»

«Ma dai, cazzo! Non l'avevamo capito!» rispose Tomas stizzito.

UMANA ∽ Ritorno sulla TerraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora