11. Gli Antichi

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Nel cuore del quartiere residenziale trovarono due palazzi, rimasti, per così dire, intonsi. Certo, l'edera li aveva ricoperti, alcuni vetri si erano frantumati, le serrande avevano ceduto e l'intonaco, crepato, lasciava constatare l'impalcatura in cemento. Ma non erano pericolanti come gli altri.

Le porte d'ingresso erano scomparse. In uno si intravedeva un'ampia scalinata, un tempo automatizzata, nell'altro solo un vasto ingresso che ora appariva più come un rigoglioso giardino abbandonato.

Il primo era stata una banca, una delle più influenti. Direzionava i mercati, custodiva i risparmi, investiva i propri beni. Quasi sempre senza scrupolo. Si diceva infatti che del denaro appartenuto a un politico italiano fosse stato "ripulito" per evadere il fisco su alcuni loro conti privati. Le accuse di riciclaggio non furono mai confermate.

L'altro era un condominio, uno dei più lussuosi. Quasi tutti gli appartamenti erano in affitto, tranne il loft all'ultimo piano, appartenente al figlio del direttore di banca.

Di tutto ciò, ovviamente, nessuno serbava più memoria. L'unica cosa che intravide Ulrik, quando si fermò dinanzi a loro, furono le antenne sul tetto. Posizionate tatticamente in modo che non fossero in balia degli agenti atmosferici, coperte parzialmente da un lastrico, erano ancora lì, all'ombra. Con buone probabilità erano state forgiate dal titanio, come tutto il quartiere, o non si sarebbe spiegato come fossero riuscite ad arrivare in quello stato nel 3273. Non si capiva se fossero davvero intatte o meno, c'erano una ventina di piani a separarle da loro. Di certo non erano più funzionanti, ma per Kuran quello non sarebbe stato un grosso problema.

Quella era la loro unica possibilità.

Il resto della città era d'altronde un cumulo di macerie fagocitato dalla foresta.

Si fermarono tutti, gli occhi rivolti verso il cielo, in attesa di ordini. Le mani dei soldati sfiorarono l'impugnatura delle armi, Hans si sistemò gli occhiali, Kuran fissò le pupille nere di Ulrik e fece un cenno di assenso.

«Ci divideremo in due gruppi: Kuran, Hans e Tomas, voi andrete in perlustrazione in quell'edificio.» Additò la vecchia banca. «Io, Shani ed Eva proveremo a raggiungere le antenne di questo palazzo. Voglio che siate pronti, vigili e attenti: gli stabili potrebbero essere pericolanti, non sappiamo cosa troveremo dentro, occhi aperti e niente stupidaggini!»

Tomas spostò il suo peso da un piede all'altro, mentre la mano, nervosa, continuava a cercare il calcio della sua pistola.

«Dividerci? Nei film horror è sempre una pessima idea... »

Shani gli diede una gomitata al fianco e lo ammonì con un'occhiataccia.

Ulrik finse di non averlo sentito, si guardò ancora attorno, con gli occhi ridotti a una fessura a causa dei raggi forti del sole di mezzogiorno. Poi con il braccio teso e il dito puntato indicò al suo gruppo la direzione.

Hans e Kuran si diressero cin contemporanea verso l'entrata opulenta della banca. Tomas ed Eva furono gli ultimi ad avanzare.

«Una pessima idea» borbottò il ragazzo tra sé e sé, l'ennesimo mantra pessimista, che involontariamente strappò un sorriso a Eva. La ragazzina sentiva freddo, una sensazione spiacevole le serrava lo stomaco, come se avesse inghiottito un sasso. Da lontano, prima di varcare l'atrio, rivide quell'enorme quercia. La stava osservando?

Che sciocchezza, gli alberi non hanno né occhi né volto, da qualunque punto li guardi sembra che siano rivolti verso di te. O che ti diano le spalle.

Eppure...


UMANA ∽ Ritorno sulla TerraWhere stories live. Discover now