34. Liberazione

2.5K 211 127
                                    

«Cosa?!» gridò Melchor, levandosi dalla sedia con tale furia da farla ribaltare a terra. I suoi occhi iniettati di sangue si spalancarono fino all'inverosimile, le sue orecchie erano rosse e la vena sulla fronte sembrava pronta a esplodere.

Grida di terrore si levarono anche da altre persone. Una donna scoppiò in lacrime, mentre alcuni uomini, iniziarono a inveire, a gran voce, rivolgendosi a Solomon, chiedendo che l'Umana fosse cacciata dal villaggio.

Il sorriso di Eva non voleva saperne di svanire dalle sue labbra, era rimasto lì, ancorato, l'angolo destro leggermente più alto del sinistro. Le sue iridi trafiggevano quelle buie del comandante, non erano disposte a dargli un attimo di tregua.

Shani e Tomas si guardarono, lessero l'uno la paura dell'altra.

«Sta scherzando?» Il ragazzo era sbiancato. Il suo volto da bambino sembrava più innocente e dolce che mai, Shani ebbe quasi un sentimento materno nei suoi confronti e gli ghermì ancor più forte la mano.

«Sa quello che dice» rispose. Ma non ne era sicura. L'idea di liberare una tigre tenuta rinchiusa per quanto? Giorni? Settimane? Mesi? Non le sembrava molto geniale.

Ma quella non era più l'Eva da contraddire. No, non era più la ragazzina inserita chissà perché e chissà da chi in una missione suicida, non era più il fardello di Ulrik, un peso per la loro squadra, per l'intera spedizione. Le era chiara una cosa sola: Eva sarebbe stata la loro salvezza. In un modo o nell'altro. Dovevano avere fiducia.

«Mi fido di lei» ripeté, come un mantra, ad alta voce. Qualcuno la sentì e si voltò a fissarla, sgomento. Thea, che tratteneva il respiro da quando era stata tirata in ballo, nel discorso della ragazzina, corrugò la fronte e si morse una guancia fino a farla sanguinare.

«Anche io.» Le parole le uscirono dalla voce senza che avesse avuto il tempo di formularle nella sua mente. I suoi uomini la guardarono sconvolti. I due fratelli fecero per risponderle a tono, ma poi rimasero entrambi a bocca aperta afoni.

«Pure io» mormorò il ragazzino minuto che aveva aperto la gabbia. I suoi occhi color nocciola erano inumiditi dalle lacrime. Una donna vicino a lui l'afferrò per le spalle. «Ma cosa dici?!» lo sgridò scuotendolo.

«Io l'ho vista! L'ho sentita! È vero, è tutto vero!» urlò singhiozzando. Tutta la sala si acquietò, l'attenzione convogliò su di lui. Perfino Melchor lo cercò tra la folla, alzando il capo nella sua direzione.

Solo Solomon ed Eva, come pietrificati da un incantesimo, rimasero lì, prigionieri del loro gioco di sguardi.

«Ha detto mi dispiace...l'ho sentita, non potevo credere alle mie orecchie...pensavo l'avrebbe uccisa...ma la tigre...la tigre...» Piangeva così intensamente che molte persone si commossero senza capirne il motivo.

Lo stesso Hans fu costretto ad asciugarsi con la manica della giacca il volto bagnato.

«Questo non significa nulla! NULLA! Ci ucciderà tutti! L'ha ammesso anche lei che era assetata di vendetta, non è così? Umana, tu ci vuoi tutti morti!» ribatté Melchor, completamente fuori di sé dalla rabbia.

Ulrik fece un passo avanti, l'aria minacciosa, il coltello stretto in pugno. Silenziosamente, nel trambusto della sala, si avvicinò ad Eva.

«Cosa stai facendo?»

La ragazzina non gli rispose. Non poteva. Doveva essere Solomon ad avere la parola.

Nei suoi occhi vedeva i demoni interiori di quell'uomo, così massiccio e corpulento, darsi battaglia. Lo vedeva lottare contro se stesso, contro le sue più oscure paure, contro la sua vera natura, contro la sua umanità.

UMANA ∽ Ritorno sulla TerraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora