23 || 𝐏𝐈𝐀𝐍𝐎𝐅𝐎𝐑𝐓𝐈

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ANNABEL'S POV«Allora, cosa devi comprare?» domandai curiosa quando varcammo la soglia del grande negozio

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ANNABEL'S POV
«Allora, cosa devi comprare?» domandai curiosa quando varcammo la soglia del grande negozio. Da come avevo potuto capire dalla vetrina dove delle chitarre e delle batterie erano esposte, si trattava di un negozio di musica. Harry si guardò intorno boccheggiando, le sue mani erano rigorosamente nelle tasche mentre io, per riscaldarle, avevo detto di chiudere nel maglione verde di Harry, attorcigliandolo in un pugno.

«Devo uhm—» ci pensò ancora un po' «devo dare un'occhiata ai pianoforti» annunciò alla fine,
mentre il suo dito puntava già verso quella sezione.
Annuii concorde, seguendolo verso l'obiettivo.
Harry osservava i pianoforti con interesse, toccando leggermente i tasti di essi.

«Suoni anche il pianoforte?» mi lasciai scappare. Non seppi perché, ma un forte imbarazzo si impossessò di me velocemente quando si voltò a guardarmi sorridendo.

«Sei sorpresa?» domandò divertito. Osservai le fossette che gli si formarono sul volto e pensai davvero fosse una delle persone più belle al mondo.

«Pensavo fossi più un tipo...» mi fermai un attimo per trovare le parole adatte «più rock?». La sua risata riecheggiò nella stanza, prima che con passi svelti arrivasse a sedersi al pianoforte.

«Quindi se ti suonassi qualcosa continueresti a pensarlo o riuscirei a convincerti del contrario?» la sua voce era dolce, così come il suo sguardo puntato nel mio. Mi morsi l'interno della guancia prima di sorridere e alzare le spalle.

«Sorprendimi» mormorai semplicemente, poggiandomi poi con i gomiti sul pianoforte e preparandomi alla melodia che presto sarebbe arrivata alle mie orecchie.

Harry iniziò a muovere le dita sul pianoforte con lentezza, la sua espressione divenne concentrata d'un tratto, con la fronte corrugata e le labbra leggermente pressate tra loro. Gli anelli, come ogni volta, erano presenti ad abbellire le grandi mani del ragazzo coperte di tatuaggi. Avevo riconosciuto la melodia, era una delle più famose, nonostante mi sfuggisse il nome al momento. Chiusi gli occhi per qualche secondo, beandomi del dolce e calmo suono del pianoforte, prodotto grazie ad Harry.

Mi immaginavo in una casa d'altri tempi, magari nel lontano 1800, forse a corte. Mi feci guidare dalla fantasia, guardandomi con abiti tipici del tempo, mentre Harry, abbigliato come un principe dell'epoca, mi guardava dall'altro capo della sala. Immaginai la luce del tramonto che irradiava la stanza, scontrandosi con le decorazioni d'oro di essa e riflettendo lo stesso colore in tutta la stanza, quasi come ci fosse un'aura intorno a noi. Vedevo il sorriso del principe, con i capelli leggermente più corti e tirati indietro, ordinati. Un senso di calma mi pervase, rischiando di farmi addormentare sul serio. Avrei voluto sentire quella melodia ogni sera prima di andare a letto, quasi come una ninna nanna. Avrei voluto che Harry avesse un piano nella casa dei ragazzi solo per sgattaiolare il più possibile da lui e sentirlo suonare.

Aprii gli occhi, trovando Harry suonare le ultime note e poi alzare lentamente lo sguardo verso di me, che lo guardavo dall'alto. Ci furono degli attimi di silenzio prima che le labbra di Harry si schiudessero per parlare.

«Chopin, Notturno opera 9 numero 2» mormorò dolcemente. Sorrisi inconsciamente -forse dovuto ancora all'aria sognante che avevo fino a pochi secondi prima-. Harry si schiarì la voce improvvisamente, rompendo quella magia creata.

«Quindi, ti ho convinta?» canzonò alzandosi dal pianoforte. Lo guardai muoversi verso i vinili e così lo seguii, cercando di stare al suo passo.

«Sì, hai davvero talento Harry» ammisi stringendomi nelle spalle «è per questo che fai tardi alle lezioni o, peggio, le salti?» domandai dietro di lui, mentre il ragazzo sfogliava i vinili e mi dava le spalle.

«Troppe domande, ragazzina» mi rimproverò, ma con fare leggermente scherzoso. Accusai il colpo, ma poi si voltò per qualche secondo solo per sorridermi e così capii che no, forse non era così permaloso come voleva far vedere. Mi affiancai a lui per ammirare i vinili, prendendone uno in particolare che mi portò a sgranare gli occhi.

«Non ci credo, Black to Black di Amy Winehouse!» esclamai sconvolta accarezzando la plastica che avvolgeva il vinile. La cantante era seduta su una sedia, con uno sfondo blu dove c'erano dei segni bianchi raffiguranti varie scritte e disegni.

«Ti piace?» Harry domandò guardando anch'egli il vinile. Annuii come una piccola bambina che guardava il suo regalo preferito al negozio.

«Era davvero grande, assurdo come sia potuta finire in tragedia...» mormorai con un velo di tristezza e malinconia nella mia voce. Harry sospirò pesantemente, cosa che mi portò a guardarlo. Era molto più alto di me, per questo ora avevo la testa leggermente inclinata dietro per riuscire a guardarlo negli occhi. La luce abbagliante del sole lo facevano diventare solo un'ombra scura.

«Questo è il prezzo da pagare quando ti innamori...» e fui quasi sicura si riferisse alla relazione tossica che Amy aveva con il suo ragazzo. Non parlai, non l'avrei fatto. Non avrei giudicato la vita di una persona ormai scomparsa, io non ero nessuno per farlo.
Harry afferrò con gentilezza il vinile dalle mie mani mormorando un 'va bene, lo prendiamo', iniziando poi a dirigersi a passo svelto verso la cassa.

«Che cosa? No! Insomma.. non ho nemmeno il giradischi» mi lamentai cercando di tenere il suo passo, cosa difficile date le sue lunghe gambe. Non mi rispose, sembrava quasi non volesse sentire ragione, così ripetei la frase.

«Non serve avere un giradischi Annabel, si collezionano anche» finalmente rispose quando poggiò il vinile sulla cassa. Mi strinsi nelle spalle quando lui pagò e mi porse il vinile. Passai le mie dita su di esso l'ultima volta, accarezzando la faccia della cantante.

«Non dovevi» mormorai alzando lo sguardo sul ragazzo, che invece alzò le spalle.

«È un modo per ringraziarti di avermi accompagnato» si giustificò semplicemente. Tra noi cadde il silenzio nel momento esatto in cui uscimmo dal negozio di musica e ci avviammo verso la macchina. Harry si schiarì la voce.

«Ascolta uhm— potremmo fermarci a pranzo fuori, se ti va, non credo di avere altri impegni da fare ma lungo strada c'è un ristorante abbastanza buono» parlò velocemente e farfugliando. Se non fosse stato per il fatto che conoscessi Harry almeno un po' da sapere che non si sarebbe mai fatto intimidire da qualcuno, avrei pensato esattamente a quello. Trattenni una risata prima di annuire.

«Mi piacerebbe molto, Harry» mi limitai a dire in un soffio, ricevendo da parte del ragazzo un sorriso abbozzato.

𝐋𝐎𝐒𝐈𝐍𝐆 𝐆𝐀𝐌𝐄 || 𝐇.𝐒.Where stories live. Discover now