5- La festa a casa Hale

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Mel

"Ciò che giudichiamo la nostra più grande debolezza a volte può essere la nostra immensa forza"
-Sarah J. Maas -

Carl Jensen era un uomo intelligente. Ma non spiccava in empatia, era pratico e la sua mente ragionava seguendo percorsi semplici e concreti.

Io invece assomigliavo alla mamma. E non solo per via dell'aspetto fisico.

Lei, prima di aggravarsi, amava l'arte ed era riuscita a realizzare una mostra dei suoi dipinti a Miami, sostenuta dalle referenze dei suoi professori d'accademia.

Io scrivevo poesie, ascoltavo musica sconosciuta e continuavo a giocare con le nuvole cercando di trovarvi qualche forma conosciuta.

Ogni volta che mio padre si lamentava della sbadataggine della mamma lei puntualmente lo aveva definito "babbano".

Crescendo però avevo iniziato a guardare papà con occhi diversi.

In quel momento stava seguendo una partita dei Dolphins e non si perdeva un passaggio, mentre io ero rimasta rannicchiata in fondo al divano con la mia nuova lettura tra le mani.

Julie era ancora al suo negozio di antiquariato e Jason doveva tornare dagli allenamenti di basket.

Io e papà non ci somigliavamo affatto, a parte per la capacità strabiliante di bruciare qualsiasi cosa ai fornelli.

Eppure, era sempre stato una presenza fissa e stabile, nonostante la lontananza non mi aveva mai fatta sentire abbandonata, e ogni giorno si preoccupava di tenersi informato con zia Rose sugli sviluppi della mamma.

Io invece non avevo ancora trovato il coraggio di seguire la richiesta della zia, la quale aveva informato papà che la mamma poteva ricevere telefonate e desiderava parlare con me.

L'idea di sentire la sua voce mi faceva stringere il petto. Il pensiero che l'avessi abbandonata mi tormentava.

Lei era malata, fragile e sola a parte zia Rose.

Mi sentivo di averla tradita.

Sospirai chiudendo il libro nello stesso momento in cui si aprì la porta di ingresso.

-Sono a casa!- Julie si affacciò verso la sala esibendo la grande busta che teneva tra le mani.

-Spero vi vada il cinese-

-Mm-mh- bofonchiò mio padre senza staccare gli occhi dalla televisione.

-Dimmi che non mi stai di nuovo ignorando per quella stupida replica!- Julie urlò dalla cucina e lanciai un'occhiata a Carl che sembrava non averla nemmeno sentita.

-Stai guardando da un'ora una partita che sai già come va a finire?- mi aggiunsi ma ancora nulla.

-Esatto Mel, diglielo anche tu che non è normale!-

-Cosa non è normale?- Jason superò l'ingresso fresco di doccia. I capelli bagnati sembravano ancora più scuri mentre abbandonava il borsone davanti all'ingresso.

-Giuro che se lasci quei vestiti a fare la muffa un'altra volta te li butto via!- urlò di nuovo Julie, la voce attutita dal rumore della carta.

-Usciamo tra un'ora credevo che ti fossi già preparata. A voi donne non servono almeno dodici ore per essere pronte?- Jason mi lanciò un'occhiata e poi si sedette in mezzo a me e Carl fissando lo schermo e ignorando sua madre.

Anche lui sembrò entrare in trans, ma che problemi avevano gli uomini in quella casa?

-Non credo di venire, la prossima volta magari- mi rannicchiai ancor di più sul divano.

Look up - Let's play with destinyWhere stories live. Discover now