33- Zuccherino

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Damian

"Sai
Di poesia,
Legno,
E letti disfatti."
-Virginia Montanelli-

-Tuo fratello è strano-
-Non è strano, stupido!- alzai lo sguardo dal mio cubo di rubrik per vedere Nate spingere Zac, il bambino che viveva nell'appartamento di fronte al nostro.
-Sta sempre zitto, e quando gli parli ti guarda male-
Nate era rosso in faccia e teneva il pallone da basket in mano, tra poco glielo avrebbe tirato in faccia.
-Mio fratello parla moltissimo, ma non con gli idioti- sbuffai infilando il cubo concluso in tasca.
Mi avvicinai a Nate e gli misi una manina sulla spala esile, mi guardò con le narici allargate.
Capì al volo e sbuffò.
"Non valeva la pena litigare per me perché Zac aveva ragione. Ero strano."

Melanie mi seguiva borbottando qualcosa ogni tanto. Aveva indossato degli shorts sportivi e una canottiera aderente che riusciva a distrarmi ogni volta che la guardavo.

Le avevo detto che avremmo fatto una piccola escursione e lei aveva pensato bene di vestire i panni di Dora l'esploratrice.
Ma più sexy, decisamente.

-Manca molto?- cercò di camuffare il fastidio ma si grattò un polpaccio guardandosi attorno corrucciata.
Non le piaceva fare sport, lo sapevo già ma non pensavo fosse pigra.

Quando glielo dissi mi fulminò con i suoi occhioni brillanti.
Si sistemò la treccia alzando il mento.
-Non sono affatto pigra, ma odio le zanzare e ...- si grattò di nuovo la gamba con uno sbuffo.

Rallentai e lei mi raggiunse.
-Se ti dessi questo andrebbe meglio?- le mostrai un cioccolatino che avevo in tasca, ormai rubavo dolcetti ovunque per lei. Avevo scoperto che diventava nervosa la principessa se aveva fame.

Ma non lo avrei mai ammesso.

Storse il naso dandomi una spinta debole.
-Non sono un cavallo, non puoi darmi degli zuccherini per convincermi-

La guardai sorridendo come uno scemo e lei mi rispose sospettosa. Rimisi il cioccolatino nella giacca e mi avvicinai tirandole un po' la treccia.
-Non lo dire...- mi anticipò, alzai un sopracciglio e i miei occhi brillarono nei suoi.

-Cosa?- chiesi trattenendo un sorriso, mi fissò stringendo gli occhi,
-Quel sorriso... so già che starai per dire qualcosa di indecente- non riuscii a evitare di scoppiare a ridere.

Sbatté le ciglia meravigliata ma poi sorrise scuotendo il capo. Le strinsi la vita tra le mani, il corpo di Mel
sembrava essere stato creato per me.
Si morse il labbro quando mi avvicinai al suo orecchio, il suo profumo dolce mi eccitò.

-Non sei la mia puledrina?- mi spinse malamente rossa in faccia.
-Bleah. Questa era proprio ...-

-Non offendermi, sono un tipo piuttosto permaloso- ripresi a camminare e lei stette al passo.
-Ma dài...- borbottò.

Camminammo per alcuni minuti prima di arrivare alla meta.
Guardai l'albero, era sempre lui, alto, grosso e dalle ampie fronde fitte.
E alla sua cima era visibile una costruzione in legno, era ben nascosta dal fogliame ma la riconobbi subito.

Mel lo rimirò in silenzio, non ci avevamo messo molto ad arrivare. Da casa mia distava una ventina di minuti ma, il piccolo bosco in cui ci trovavamo, regalava la sensazione di non essere più in florida.

-Dobbiamo salire- dissi sentendomi automaticamente più nervoso.
Non era per l'arrampicata ma per il motivo per cui l'avevo portata lì, Mel mi aveva chiesto di più e io stavo provando ad accontentarla.

Ma non era facile.
Cazzo se non lo era.
Ogni volta che le dicevo qualcosa di più su di me avevo in mente la stessa identica immagine: lei che si voltava e se ne andava.

Look up - Let's play with destinyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora