35- Maschere

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Damian

"Si va in giro per piccole storie,
incerte mete,
intimità provvisorie."
-Franco Arminio-

-Sta' zitto!- Beatrice premette la mano sulla mia bocca, mi divincolai un po' per liberare il naso ma le ubbidii.
La nostra roulotte era stata invasa da un gruppo di uomini, sembrava che stessero distruggendo ogni cosa.
Strizzai gli occhi all'ennesimo boato e strinsi più forte Freddie, il mio piccolo drago di peluche.
-Dov'è la puttana?!- sbraitò uno di loro, un altro colpo fortissimo mi fece tremare le ginocchia.
Eravamo nascosti dentro l'armadio da alcuni minuti, era notte fonda quando erano entrati.
Io ero già nascosto là dentro con Freddie ma la mamma non era mai entrata con me.
In quel momento però era schiacciata contro la parete e tremava.
Aveva paura.
Non mi piaceva, odiavo vederla così.
-Ci ha fottuti!-
-Che cazzo dici? Era troppa roba non può essersela sparata tutta- il rumore di un vetro che cadeva mi fece rabbrividire.
Speravo non fosse il quadretto che avevo preparato per natale.
-Ma l'hai vista? Non riesce a stare a rota neanche per un'ora!- la mamma si irrigidì nascondendosi più a fondo tra le cianfrusaglie e mi lasciò sbirciare dal buco.
-Andiamo via, troviamo lo stronzo che se la sbatte e prendiamo i soldi- passarono altri minuti prima che la roulotte tornasse silenziosa.
La mamma uscì e iniziò a parlare al telefono.
Io guardai la nostra casa e Freddie mi cadde dalle mani.
Non c'era più niente, era tutto distrutto.
Guardai il dolce della vicina Pam riverso per terra, lo aveva preparato proprio per me quel giorno, per il mio compleanno.
Ci inzuppai un dito e assaggiai la glassa al cioccolato, mentre la voce agitata della mamma mi giungeva alle orecchie.
-Fai presto cazzo! Ci fanno il culo!-
Strinsi Freddie e mangiai il mio dolce di compleanno, sapevo che non si doveva prendere il cibo da terra ma alla mamma non importavano quelle cose.
La guardai ficcare in un borsone un po' di cose, continuava a grattarsi le braccia e a inveire.
Quando Jimmy arrivò per fortuna non fece caso a me, litigò forte con la mamma e poi raggiunsero il salotto.
-Sei solo una stupida puttana- storsi il naso ma restai zitto.
La mamma si bloccò a guardarmi, il borsone che portava in spalla era più grande di lei. I suoi occhi scuri erano arrossati e spenti mentre mi osservavano, e io le sorrisi nascondendo il dito sporco di cioccolato.
Ma lei non mi sgridò proprio come immaginavo.
-Muovi quel culo di merda!- urlò Jimmy che era già uscito. La mamma raddrizzò le spalle e sistemò il borsone.
Guardai i suoi capelli ricci e scuri, la sua maglia sgualcita e le gambe sottili.
Quella notte uscì dalla nostra roulotte distrutta e non tornò più.

-Più forte! È tutto quello che sai fare?!-colpii Marcus ringhiando e lui ghignò eccitato parando il mio colpo.

Ancora e ancora.
Un colpo dopo l'altro.
Un cazzo di ricordo dopo l'altro.

Ogni volta che lo colpivo, il mio maestro di box mi provocava spingendomi sempre più in là.
Gliene ero grato, ormai sapeva che quel giorno avrei avuto bisogno di lui.

Quel giorno alla fine era arrivato, ma ero stato così distratto negli ultimi tempi che non mi ero accorto di quanto vicino fosse.
Finché non mi aveva travolto.

Mi allenai per due ore consecutive ma, quando dichiarò terminato l'allenamento, io sentivo ancora quella fottuta rabbia bruciarmi nelle vene.

Era sempre la stessa fottuta merda.
La mia vita intendo.

-Ottimo lavoro Dame- mi sorrise dandomi una vigorosa pacca sulla spalla.
Ma io neanche lo ascoltai.

Non sentivo niente, io stesso ero niente contro ai demoni che erano tornati pronti a divorarmi quel giorno.

Look up - Let's play with destinyWhere stories live. Discover now