C A P I T O L O 11

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E L L A

Non nego che i messaggi di Damián mi lasciarono leggermente sorpresa, tutt'ora mi chiedo come ha avuto il mio numero, ho chiesto ad Edith se fosse stata lei ma non è il tipo, ed oltre a lei non mi viene più in mente nessuno dato che Dylan e Am non hanno il mio numero, nonostante ciò, di sua spontanea volontà avrà chiesto il mio numero solo per chiedermi scusa, e anche qui non posso negare che ciò mi ha causato due o tre volte un mezzo sorriso di soddisfazione, ma va bene, lo ha fatto perché è una persona "rispettabile" e non vuole darmi una brutta impressione.

Anche se ho detto esplicitamente che l'ho perdonato, non posso fare a meno di sentire questo bruciore interno, di impotenza, se ricevi una critica del genere non puoi cambiare l'opinione dell'artefice, se ci provi sarebbe decisamente una caduta di stile, perchè gli daresti troppa importanza, allora ti senti impotente, perché per quanto possiamo negare che le parole non ci toccano, in realtà lo fanno e a volte riescono anche a cambiarti, non a tutti, ovvio.

Tornando a Damiàn, abbiamo iniziato col piede sbagliato, o meglio, lui ha iniziato col piede sbagliato non solo dandomi della poco di buono, ma mancandomi di rispetto dopo che stavo quasi per morire, per questo, più è lontano, meglio è.

Ha una personalità irritabile, è presuntuoso e se la tira troppo, ma mi ha fatto piacere ricevere sue scuse, d'altronde mi spettavano di diritto.

In ogni caso, come ho già detto, non gli darò tutta questa importanza.

Ieri toccava stare con papà, volevo sistemare un po' quella che dovrebbe essere la stanza mia e di Kate ma non sapevo da dove iniziare, quella ragazza quando si muove è un uragano.

Una volta tornate da nostra madre, sistemando le cose che avevo portato da lui, trovai una letterina, l'avevo scritta io, avevo circa sette anni... nove anni fa.

Era una di quelle letterine che si scrivono ai propri genitori per farsi perdonare, la presi il giorno prima mentre ordinavo la stanza. Presi il cellulare e mandai una foto a mio padre con un cuore rosso, a volte dice che non lo voglio bene e non voglio che lo creda.
Questa va dritta nella scatola dei ricordi.

Sono arrivata addirittura a completarne tre, ma di solito metto le lettere insieme a tutte le altre in buste perforate apposite per i fogli, che ho nella seconda scatola, devo solo cercarla.

Prendo la sedia girevole, sperando di non rompermi la testa, e la posiziono sotto la libreria, mi tengo sui bordi di legno e mi alzo in piedi su di essa. Non ci arrivo.

Chissà cosa avevo in testa quando chiedevo a Dio di non farmi crescere in altezza, fatto sta che con 155cm non arrivo nemmeno a toccare la scatola posizionata sul lato dell'armadio.

Guardo in basso sperando che quelle benedette ruote rimangano ferme, mi tengo nuovamente tra i bordi della libreria e dell'armadio mettendomi sulle punte, arrivo con le estremità delle dita alla scatola azzurra e con esse riesco a poggiarla sulle mani, non la ricordavo così pesante.

Con delicatezza scendo dalla sedia, stupita dal fatto che non mi sia ribaltata con la scatola e la sedia insieme.

La poggio sul letto e mi siedo per aprirla, sul coperchio c'è scritto "scatola dei ricordi di El", quando la apro i miei occhi vedono un mondo.

C'è di tutto, tra libri, bambole e foglietti, saranno passati circa tre anni dall'ultima volta, è come riavere davanti la mia vecchia vita, la vecchia me. Intravedo in primis tre bambole, le ricordo tutte, una era tutta ricoperta da una tutina gialla, con solo manine e faccia scoperti, l'altra ha la pelle scura e due codine ai lati della testa, l'ultima invece era la mia preferita, la prendo tra le mani, e sorprendentemente svolge ancora il suo compito di bambola profumata. Sposto i miei occhi sui fogli, temi delle elementari, disegni, letterine, liste... aggiungo l'ultima che ho trovato, e tra tutte queste noto un fazzoletto, che guardo due volte per essere sicura.

Questione di fiducia Where stories live. Discover now