C A P I T O L O 22

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D A M I À N

Anche i libri sono un porto nella tempesta
Anne with an e

Salutai Abbie mentre dormiva e mi preparai per uscire di casa, oggi entravamo un'ora più tardi, quindi ero più sveglio del solito, un po' angosciato forse, ieri mia sorella aveva usato per la prima volta il cellulare, nessun attacco per fortuna, ma la mamma ebbe una crisi di pianto isterico, si chiuse in bagno a piangere e dovetti correre a casa, non fu nulla di che per me, ma si per Abbie.

È stata una grazia che si entrasse più tardi, avevo dormito da schifo, la crisi di mia madre mi portò dei flashback e arrivai a sognarli.

Mi bloccai mettendo il terzo spruzzo di profumo, avevo gli occhi impassibili, senza emozioni, mentre la mia mente non podde far a meno di ricordare, dovevo rivivere quel momento.

Passato

Serrai la serratura della stanza per l'ultima volta, nella quale era rinchiusa mia sorella di appena otto mesi, le urla di mia madre diventavano sempre più terribili, era la prima fase di una crisi depressiva.

Prima del bipolarismo, ero anch'io a chiudermi con lei, credevo fosse pazza, poi alla fine uscivo quando non c'erano più rumori, e la trovavo tremante intorno a qualcosa di rotto, la portavo a letto con tutta la forza che avevo e poi ripulivo i frammenti di ciò che distruggeva, col tempo però imparai a ripulire anche le sue ferite, soffriva di attacchi di rabbia e non sapeva controllarsi, era solita a rompere oggetti di vetro e a volte si tagliava e mi toccò imparare a medicare, una parte di ne sperava che lo facesse accidentalmente ma l'altra sapeva che non fosse così.

Corsi in bagno cercando di aprire la porta, ma era chiusa a chiave.

-Mamma, apri, sono io!- gridavo invano- Ti prego, apri la porta!

La sentivo piangere e in precedenza gridare come se fosse spaventata, avevo paura, ma dovevo aprire quella maledetta porta. Cercai più volte di sfondarla ma mi feci solo male, poi ricordai che tutte le serrature erano uguali.

Sfrecciai in camera mia e presi la chiave della stanza, tornai di fronte al bagno, presi un respiro e mi decisi a parlare.

-Mamma, te lo chiedo per l'ultima volta. Apri questa dannata serratura...- dissi con calma.

Sentii dall'esterno i suoi singhiozzi e capii che non avrebbero aperto, strinsi forte il pugno e diedi un solo colpo secco all'altezza della serratura, così da far cadere la chiave.

Il rumore del bronzo sul pavimento arrivò alle mie orecchie, il mio intento era riuscito, così infilai la mia chiave nella serratura e mi affrettati ad aprire.

Mia madre era sotto la doccia, c'erano delle gocce di sangue a terra e il suo profumo rotto insieme al mio da poco comprato, c'era per questo un odore nauseante, gli andai vicino, la strinsi al petto mentre piangeva, e iniziai a piangere anch'io, si accucciolò a me ed entrambi ci bagnammo sotto la doccia più fredda che ebbi mai fatto, la tirai fuori, gli asciugai i capelli e la portai a letto.

Non era la prima volta che mia madre rompeva qualcosa di mio senza volerlo, una volta per esempio ruppe la TV, lanciò un bicchiere su di essa e lo schermo si spaccò, certo, la televisione non era mia, ma ero l'unico a vederla, poi quando tornò Julia la ricomprò, ero assalito dalla paura che fosse per sempre Sindy, odiavo quest'idea, per questo facevo di tutto per non farla innervosire o farla diventare triste.

Presente

Scossi la testa, cercando di togliermi dalla mente l'immagine di Sindy, e provando a vedere mia madre unicamente come Julia, quella che era.

Baciai con due dita la foto di mio padre e finalmente uscii di casa.

Ero in anticipo, quindi non c'era bisogno di correre, la calma e il silenzio della mattina mi davano positività, c'era un filo di sole e mi stavo godendo la camminata. Il silenzio, il sole, il cinguettio degli uccelli e...

-Ti ho detto che non mi interessa!- sento gridare a qualcuno- Non puoi trovare scuse, hai fatto schifo!

E mai possibile che questa ragazza non sia mai tranquilla o non amareggiata?

-Io non so fare la figlia? Ma per favore!- il mio lato chismoso non podde evitare di ascoltare, a quanto pare parlava con qualche familiare.

- Come ti permetti, dopo quello che ho fatto per te? E non azzardarti a dire che non ho fatto nulla!- iniziò a camminare più veloce e sentivo le stesse grida provenire dal telefono- Sai cosa papà, vaffanculo, tu e le tue foto del cazzo!

Mi sentii sbiancare, la nausea saliva e avevo un miscuglio di emozioni tra rabbia e schifo.

Certo, io non avevo un padre e questa dannata stronza che lo aveva gli parlava in questo modo?

Che maleducata.

Fui ancor più schifato dalla sua persona, quando staccò il telefono e si voltò verso di me, aveva sicuramente sentito qualcuno osservarla.

-Non ti hanno insegnato che ascoltare le conversazioni degli altri è segno di maleducazione?- domanda.

-A te non hanno insegnato il rispetto verso i genitori?- sputai schifato.

-Ma chi sei? Hai per caso il permesso di parlare nella mia vita? Sai per caso il motivo per il quale gli ho "mancato di rispetto"?- domanda retoricamente marcando le ultime tre parole.

-No, ma so cosa significa non avercela l'occasione di stare con mio padre, e vedere una mocciosa che gli parla così mi innervosisce- dico.

-Bhe, fatti due domande se nemmeno tuo padre vuole stare con te!- sentii un vuoto al petto, deglutii pensando a cosa rispondere.

-Me le sono fatte due domande, ma la morte è tra le poche cose che non si possono evitare- disso amareggiato, la squadrai dalla testa ai piedi e poi me ne andai senza intenzione di guardare indietro.

Questione di fiducia Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora