C A P I T O L O 12

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D A M I À N

È una merce rara la famiglia.
—Sweet Tooth

Liam era tornato a scuola, si era ripreso in meno di una settimana, con le stampelle, ma era tornato.

Le giornate scolastiche senza di lui erano più tranquille, ma anche più noiose, a volte riesce a distrarmi, ma non lo fa di proposito, la sua indole gli impedisce di portare il segno durante una lezione.

Per mia sorpresa, iniziava a passare molto più tempo con la peliroja, sapevo che a Liam piacesse, nonostante non l'abbia mai ammesso, ma non credevo che Am gli fosse così amica da portargli lo zaino, aiutarlo a scendere le scale, o scrivere al suo posto, certo, chiunque lo avrebbe fatto con una persona ingessata –forse non chiunque– ma da Am non me lo sarei aspettato così frequentemente, impossibile che lo facesse per compassione.

Quanto a me, avevo chiesto scusa alla crocerossina, quindi ero a posto con la coscienza, d'altro canto era prevedibile che mi perdonasse, ho dovuto corrompre Dylan per chiedere il suo numero ad Edith, non avrei mai potuto farlo di persona, e a lui serviva una scusa per richiamare l'attenzione di quella che dovrebbe –ma non è– la sua migliore amica, ha promesso di non dirlo ad Ella, non voglio che si faccia strane idee, l'ho fatto per me, non voglio sembrare un maleducato.

E per la cronaca, sono riuscito ad attirare l'attenzione della riccia, lei non sapeva che il numero serviva a me, quindi ora pensa che a Dylan interessasse avere il numero della rubia.

Cupido, spostati.

Le cose accadono, devi solo dargli una spinta.

Ora però, passando alle cose serie, dovevo procurare un cellulare ad Abbie, so che è troppo piccola, per questo non le prenderò uno smartphone, ma uno di quelli coi bottoni, così che non possa giocarci, gli segnerò solo il mio numero, nessuno più.

Forse non è molto prudente, ma nel caso la mamma avesse qualche attacco, dovrà chiamarmi immediatamente, è una bambina intelligente, capirà che va usato solo per questo scopo, e che non dovrà usarlo a scuola.

Era da un po' che avevo questa idea, e ciò che è accaduto con l'ultimo attacco della mamma mi ha fatto prendere questa decisione, non avrei mai creduto si dover arrivare a questo punto, ma quella volta Abbie si sarebbe potuta far male, l'ha vista in quello stato e cosa più importante, potrebbe riaccadere.

Se quella donna smette sul serio di andare in terapia e seguirla, la cosa potrebbe veramente aggravarsi, mia madre è tutta la mia vita, da quando ha scoperto del suo disturbo, ha cercato di non coinvolgermi –anche se non ha funzionato–, di andare avanti accettando la cosa, ma da un paio d'anni a questa parte, si è messa in testa di non aver bisogno della terapia, riesco a convincerla del contrario per un po', ma poi ritorna come prima.

In più l'assenza di mio padre si sente, ma non specificamente la sua assenza, bensì l'assenza di una figura paterna, si sente per Abbie, e in passato si è sentita anche per me, a volte mi chiedo come sarebbero le nostre vite se lui fosse qui, come sarebbe la mamma se lui fosse qui, come sarei io.

Ahimè, la vita è così, ingiusta a volte, ma non fa mai nulla per caso.

In certe occasioni, come il suo compleanno, il mio o Natale, mi propongo di andarlo a trovare, ma dal suo funerale ci sono andato minimo tre volte, avevo dieci anni, ero un bambino e stare a guardare la tomba di mio padre mi faceva tremare le gambe, d'altra parte mia madre aspettava Abbie, e io dovevo essere presente, lei era distrutta, nel vero senso della parola, per questo ora è bipolare, cadde prima in depressione, e la gravidanza era un motivo in più per esserlo, pensò di abortire ma sapeva che non glielo avrei mai perdonato, e in più era incinta di cinque mesi, ad oggi si pente della decisione che stava per prendere, ma all'ora dovevo starle vicino, da quel momento non misi più piede in un cimitero, vorrei, anche se mi terrorizza, mi terrorizza il fatto che possa farmi troppo male, in quanto a mia sorella, non ho intenzione di portarla, quando sarà grande se vorrà, ci andrà lei stessa.

Questione di fiducia Where stories live. Discover now