C A P I T O L O 25

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D A M I À N

-Ti ho detto di no!- gridai mettendomi davanti alla porta.

-Devi lasciarmi andare, è una mia decisione!- gridò mia madre con tutto il trucco sbavato per la faccia.

-Sei ubriaca, cazzo mamma, riprenditi!- dissi spingendola via dalla porta.

Ero fisicamente più forte di lei e per questo riuscii a trascinarla nell'angolo della cucina.

Aveva ricominciato a buttare le pastiglie nel cesso.
Come l'ho scoperto? Si era otturato.

E ora dava la colpa a me.

-Devi lasciarmi stare!- continuava a dire, ma non l'avrei mai fatto. Si era ubriacata sapendo che Abbie sarebbe dovuta dormire a casa di una cugina, e ovviamente vedendo come si era ridotta voleva andarsene perché "sarebbe stato meglio per noi".

-Torna in te mamma- pregai, ma era inutile, stava entrando in fase di epilessia.

Aveva buttato tutto, merda, non era rimasto nulla.

Con un braccio la tenevo bloccata mentre con l'altro cercavo del sodio valproato o del litio.
Non c'era nulla...

-Tu devi lasciarmi andare Dam, io non ho speranze...- disse in preda alle lacrime con i pugni sul mio petto, e per un secondo rividi la mamma che mi insegnava a fare i lacci alle scarpe e che mi portava a prendere il gelato dopo un brutto voto, quella a cui dovevo tutto e che mi ha accolto quando non mi doveva niente.

Non era la prima volta che la vedevo così, ma per qualche ragione questa volta mi vennero gli occhi lucidi, guardando i suoi così chiari e brillanti, sentii un vuoto dentro, un vuoto di impotenza.

A risvegliarmi fu un colpo. Mi aveva spinto in un momento vulnerabile per arrivare di nuovo alla porta.

-Tu non ti muovi da qui!- urlai, i vicini avrebbero chiamato la polizia continuando così.

-Disgraziato, non sono di tua proprietà, se voglio me ne vado!- urlava lei.

La spinsi sul divano per guadagnare tempo, presi le chiavi ma la sentii aggrapparsi al mio collo, cercando di buttarmi sul pavimento, sentii le sue unghie trafiggermi la pelle ma riuscii a chiudere la porta a chiave, che portai istintivamente in alto.

-Dammi le chiavi.

-Credi davvero che potresti essere presa sul serio?- domando.

-Sono tua madre, dammi le chiavi- impone.

-No.

-Ti ho partorito, cresciuto ed educato senza la presenza di un padre, per questo ti ordino di darmi quelle fatture chiavi!- grida a denti stretti saltano su di me per prenderle.
Si iniziava a rinfacciare...

-Ora basta!- gridai di nuovo spingendola sul divano, ero sicuro che non si sarebbe fatta male, per questo lo feci, ma lo interpretò male per questo si alzo e iniziò a picchiarmi invano, cercavo di fermarla ma piangeva ed era tutta rossa dalla rabbia, infine sentii qualcosa colpirmi il viso.

Mi aveva dato uno schiaffo, ma allo stesso tempo mi graffiò con le unghie.

Ho la pelle molto delicata, e lei lo sa, vedendo il sangue uscire sotto al mio occhio sinistro si coprì la bocca.

-Mi dispiace, mi dispiace amore mi dispiace, non volevo!- ricominciò a piangere a dirotto come una bambina, mi abbraccio e continuava a chiedere scusa- Ti prego, perdonami, non volevo- continuava a mani incrociate, poi si sedette con le ginocchia per terra, coprì il viso con le mani e continuò a piangere.

-Andiamo mamma, alzati- imploro- ti perdono, però alzati.

-Faccio quello che vuoi, prendo le medicine che vuoi- afferma pentita tra le lacrime.

Ricordai gli ansiolitici che conservavo da tempo, non erano la stessa cosa ma dovrebbero avere lo stesso effetto.

Corsi in bagno e svuotai letteralmente il cassetto delle medicine per trovare le gocce ansiolitiche.

-Nel frattempo prendi queste- spiego aprendo il flacone, normalmente si dovrebbero prendere nel bel mezzo di un attacco o dopo, sessanta gocce.

Presi un cucchiaio ed inizi a contare fino a novanta, quello di mia madre era un caso diverso.

-Perdonami- continuava a ripetere- io... vorrei tanto essere diversa, essere una buona madre per voi- dice accarezzandomi la guancia.

-Va tutto bene, è tutto passato- dissi anche un po' per aitoconvinvermi mentre l'abbracciavo.

Preparai una camomilla, lei le adorava, continuò a ringraziarmi ma poi decisi di uscire.

Dovevo andare in farmacia, avevo bisogno del litio.

Lasciai mia madre dormendo dul divano, togliendo di mezzo qualunque cosa che avrebbe potuto usare per farsi male, e in fretta e furia uscii di casa, sperando che questa fosse la volta buona, la volta nella quale mia madre riesca a fare la cura correttamente.

Questione di fiducia Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora