Capitolo 13

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BLAKE

è così brutto provare disgusto per se stessi.
è imbarazzante riuscire difficilmente a convivere con il proprio corpo, con il proprio essere...

questa sensazione l'ho sempre provata.
avevo sempre dato la colpa a me quando le persone mi abbandonavano.

avevo sempre dato la colpa a me stesso per la morte dei miei genitori.
questa cosa aveva sviluppato in me odio. un odio per me che non ho mai smesso di sentire.

ma non avevo mai sentito un'ira così profonda quando ho visto il minuto corpo di Sherly che tremava sotto la mia ombra.

i suoi occhi che non riuscivano ad incrociare i miei, il suo corpo che non rispondeva più ai suoi comandi. pensavo persino di vederla cadere davanti a me, per quanto le sue gambe sembravano sfinite.

e ancora prima, la rabbia di quando avevo visto il sue sorriso che brillava per qualcuno che non ero io...

ma, d'altronde, ero stato io a volerlo.

ero stato io ad ignorare tutti i suoi messaggi per settimane, ero stato io a evitarla durante le lezioni... ed ero stato io, a sfogare su di lei tutta la mia frustrazione, quel giorno.

ma, cazzo, Connor era stato un colpo basso per me.
Sherly non si era fatta scrupoli a legare con un ragazzo come lui.

e se le avesse fatto male?
come avrei potuto proteggerla da lontano?
come posso proteggerla da tutto il male del mondo, se non le sto vicino?

gliel'avevo promesso, che sarei stato con lei nonostante tutto.
ma come posso starle vicino se il primo a gridarmi di starle lontano sono proprio io?

war of hearts di Ruelle accompagnava i miei pensieri poco prima che il telefono squillasse.
era un numero sconosciuto, perciò declinai la chiamata sbuffando.
stavo per far ripartire la musica ma altri squilli mi bloccarono, ed era lo stesso mittente sconosciuto.
accettai.

-Pronto?- domandai con tono acido.

-sono Ivy-

mi stupii di sentire la migliore amica di Sherly chiamarmi.
La preoccupazione si fece strada in me.
Che le era successo?

-perché mi chiami?-

-Sherly.- ammise a tono basso come se non dovesse farsi sentire.

mi alzai dal letto di scatto appena sentii pronunciare il suo nome.
-Se qualcuno le ha fatto male giuro che...-

-Sei tu, Blake. Sei stato tu a farle male. È chiusa in casa da molto tempo...troppo.
risponde di rado alle chiamate e non ha voglia di venire a scuola.-

cosa ho fatto?

una sensazione di dolore allo stomaco mi pervase stordendomi i sensi del tutto. Non riuscivo più a ragionare lucidamente.
-Cosa devo fare?-

-Devi smettere di fare lo stronzo. lo sa tutta la città che Sherly è la tua protetta. quando le hai detto che non siete mai stati niente, lei è crollata. Devo per caso ricordarti del periodo dove tu eri la sua unica spalla su cui piangere? fai qualcosa.-
Disse tutto d'un fiato, colpendomi dritto nel cuore come una coltellata.

chiusi la chiamata senza permetterle di aggiungere altro.
se fosse stato per me, sarei corso a casa di Sherly.
ma se lei non mi avesse voluto vedere?
sicuramente non mi avrebbe nemmeno aperto la porta urlandomi di non farmi più vedere.
e avrebbe avuto ragione.

lei si meritava di meglio.
poteva essere qualsiasi uomo. anche essere quel biondo norvegese.
Non mi importava.
Per me l'importante era che il suo sorriso non avesse smesso di brillare.

SHERLY

chiamate su chiamate.
era questo da cui cerco di scappare da due settimane.
qualcuno si era anche presentato a casa mia, ma non mi sono curata nemmeno di sapere chi fosse.
Forse era stata Ivy, ma non volevo nemmeno vedere lei.

camminai svogliatamente verso le cucina e afferrai l'ultima galletta di riso del pacchetto, ovvero quello che mi aveva allegramente accompagnato in quei giorni.

mi buttai sul divano pieno di cartacce e chiusi gli occhi, ma dei flashback si insidiarono nella mia mente e non riuscii a fare niente per scacciarli.
Non solo io e quel ragazzo eravamo cresciuti insieme.
Non solo eravamo maturati insieme.

Lui mi aveva cambiato la vita.
Avevo sempre vissuto in modo molto anonimo.
La mia vita era sempre stata "piatta".
I miei genitori erano sempre stati fuori dallo stato per lavoro e fin dalla mia tenera età avevo fatto i conti con la solitudine.

Avevo addirittura cominciato a pensare che la mia intera esistenza sarebbe stata un loop infinito.
Poi, a quattordici anni, avevo conosciuto Blake.
Lui aveva letteralmente messo sottosopra il mio loop.
Lo aveva cambiato, lo aveva reso meno pesante da vivere.

sgranai gli occhi per liberarmi di quell'immagine che ormai da troppo tempo correva nella mia testa.
eppure...avevo sofferto tanto in questo periodo. ma il dolore mi aveva aiutato a capire una cosa.

una cosa che...
non volevo.
poco prima di riuscire ad elaborare il mio pensiero caddi in un sonno profondo.
                                
                                  •

un'improvvisa luce solare che filtrava dalla finestra del salotto interruppe il mio sonno,
e accompagnato dal rumore della serranda che si alzava, pensai che qualcuno era riuscito ad entrare in casa.

mi risistemai sul cuscino convinta di essermi sbagliata, quando due mani mi scossero le spalle, e una voce femminile pronunciò il mio nome in modo dolce.

-Sher...bambina mia, svegliati.-

vedevo male, in modo sfocato, forse perché la luce forte improvvisa mi aveva scombussolato i sensi.
vedevo una figura dalla chioma...rossa?

-Mamma?-

quella figura si trasformò presto nella donna che non vedevo da tempo.
La sua voce dolce era ancora la stessa e i suoi capelli, rossi come i miei, mi ricadevano sulla fronte.

le iridi, a differenza mia, erano azzurri. gli zigomi erano delicati, ma per qualche strano motivo delle occhiaie violacee erano molto evidenti sotto gli occhi, fino a coprire le lentiggini sulle sue guance.

-si tesoro... oggi è il 20 ottobre, sono tornata-

-mi siete mancati.- Ammisi con la voce ancora impastata dal sonno.
il sorriso di mamma si affievolì di colpo, ma non ci diedi peso.
non quello che si meritava.

mi alzai a sedere e la abbracciai, come non facevo da mesi.
Cominciai ad alternare gli occhi in tutta la stanza, rendendomi conto solo in quel momento del silenzio che padroneggiava in casa.
Papà era sempre stato un tipo...rumoroso.

-Sono passati solo due mesi e sei più grande di prima.-  Notò con un sorriso stampato in viso.

tuttavia, nel suo volto non ci vidi la classica luce che possedeva.
Un brutto presentimento si fece strada in me.

-Papà? Lui... dov'è?-
chiesi, il mio sorriso era sparito.
mamma non rispose.
una lacrima le solcò il viso.
poi due.

𝐭𝐮𝐭𝐭𝐚 𝐜𝐨𝐥𝐩𝐚 𝐝𝐞𝐥 𝐬𝐞𝐬𝐬𝐨Where stories live. Discover now