Capitolo 36

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"You bring me back to life."

è tutt'un altro tipo di tormento quello che provoca la consapevolezza di non avere più ricordi delle persone care che se ne sono andate.

è un'altro tipo di peso al petto quello di sforzarsi di rammentare il suono della voce di qualcuno che non è più al nostro fianco, senza risultati.

ed è a quel punto che tutto ciò che ti tiene legata a quel sottile filo della nostalgia diventa il dolore;
e dopo anni passati ad inglobarlo dentro di me come se fosse un alleato, lo sapevo bene cosa significasse.

tutto ciò che mi restava di papà era quella casa e le memorie che ci vivevano all'interno.
quando posavo lo sguardo sul divano piccolo e leggermente scolorito potevo ancora vedere mio padre con indosso le sue solite camicie a scacchi rossi, che mi prendeva sulle ginocchia e mi faceva dondolare.

oppure quando passavo nella cucina, mi sembrava che il suo profumo di pino marittimo e dopobarba sia ancora lì.
e davanti ai miei occhi appariva la figura sfocata di Tom con un cappellino infantile da compleanno in testa, che mi cantava la canzoncina, con la sua voce da uomo maturo ma dolce da farmi stringere il cuore.

-Non posso lasciare questa casa.-
mormorai tra i singhiozzi del pianto, con il cellulare tra le mani tremanti.
-Non...Non ce la farei.-

percepivo le lacrime velare le mie guance una dopo l'altra, la vista confusa e il corpo spossato e intorpidito.
ormai concentrata solo sui miei pensieri mi lasciai cadere a terra. Non seppi dire se l'avevo fatto di proposito oppure ero crollata, ma portai le braccia attorno alle ginocchia d'istinto, chiudendomi su me stessa.

Blake fece lo stesso, sedendosi al mio fianco. Non disse una parola, ma sentivo i suoi occhi addosso come una calamita,
mi attrassero inevitabilmente e mi voltai verso di lui.

appoggiai il capo contro la sua spalla e chiusi gli occhi come se mi sentissi al sicuro all'improvviso.
lo sentii accarezzarmi la nuca in modo delicato, e forse fu proprio il suo tocco a darmi vita, il suo tocco che mi fece veramente sentire a casa.

Durante quei tre anni in cui eravamo in tutt'altri continenti, dopo che mi aveva lasciato nel momento in cui più avevo bisogno di lui, avevo perso ogni ragione per continuare. Non sapevo più come farlo.

In quei periodi ero alla continua ricerca della felicità. Ogni giorno era una caccia al tesoro per trovarla.
Solo in quel momento ho capito che mi ero sempre, sempre sbagliata.
io non cercavo la felicità, cercavo lui.
Cercavo Blake o qualcosa che potesse riempire il vuoto che aveva lasciato dentro di me.

Lui si alzò e lo seguii con lo sguardo.
si piegò incombendo su di me con la sua altezza, allungò le braccia dietro la mia schiena e mi sollevò con una facilità disarmante.

pensai volesse mettermi in piedi, ma quando continuò ad alzarmi fece in modo di allacciarsi le mie gambe ai suoi fianchi.
mi prese in braccio, le mie labbra sfiorarono il suo collo e dai brividi che si estesero su di esso capii di aver colpito un lembo sensibile della sua pelle.

-Dove mi porti?- domandai cercando un contatto visivo che mi concesse subito.

-Ti fidi di me, vero?- chiese a sua volta accennando un sorriso.

-Certo.- risposi senza esitazione.

prese il casco della moto e me lo infilò.
si abbassò leggermente per allacciarmelo mentre i suoi occhi lapislazzuli schizzarono involontariamente sul mio petto, scoperto dallo scollo del vestito.
La premura che usò per allacciarmi il suo giubbotto mi fece sentire le farfalle ballare nello stomaco.

𝐭𝐮𝐭𝐭𝐚 𝐜𝐨𝐥𝐩𝐚 𝐝𝐞𝐥 𝐬𝐞𝐬𝐬𝐨Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora