Capitolo 17

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-quindi...io e te adesso siamo tipo...-
mi sedei sul divanetto, guardandomi intorno.
-...fratellastri?-

-una specie, se così si può dire.-
mi osservò di sottecchi mentre accendeva una sigaretta, posando la mano davanti all'accendino per coprirne la fiamma.

-non avevi detto che avresti smesso di fumare?- iniziai un discorso, tanto per irrompere quel silenzio imbarazzante, disturbato solo dal suono delle cicale.

era una notte fredda seppure l'estate era alle porte. le stelle si vedevano più chiaramente del solito, la luna era uno spicchio di luce su un sottofondo scuro e infinito all'occhio.

-Quando l'ho detto? io e te ci conosciamo da un'ora appena...-
scherzò prendendo qualche tiro.
guardai il fumo fuoriuscire dalle sue labbra, che spariva fondendosi con l'aria di quella sera.

-quest'ora è stata un fottutissimo teatrino, mi sono innervosita da morire.-
gracchiai allungando il braccio per rubargli la sigaretta e prenderne una boccata.
cominciai a tossire ed evidentemente quella scena, a Blake fece ridere.

-Sei buffa come tre anni fa. non sei cambiata per niente.-
mi guardò lasciando che le sue parole svanissero. io nascosi uno sguardo triste.
era qui che si sbagliava. era qui che aveva sempre sbagliato.

mi aveva lasciato nel momento in cui io avevo più bisogno. mi ha lasciato sola. non lo avrei perdonato facilmente per questo.

-non sempre ciò che vediamo è ciò che è realmente.-
mi lasciai scappare quel vecchio detto in un sussurro, che lo fece riflettere.
increspò le labbra e alzò le sopracciglia, in un espressione pensante.

lui si, che non era cambiato. o forse si?

-E questo... cosa vuol dire?-

distorsi la testa interrompendo il nostro contatto visivo. ne valeva veramente la pena lasciare tutto alle spalle? o avrei dovuto fargli capire quanto dolore mi aveva causato?

mi alzai e mi strinsi nelle spalle, scuotendole per seguire i brividi che il freddo mi stava procurando. o forse anche la sua vicinanza.

-niente, non vuol dire niente, Blake.-
mi arresi, alzando lo sguardo sulle stelle.
spense la sigaretta in una bottiglia di birra lasciata sul davanzale della finestra.
indossava una camicia azzurra che fasciava alla perfezione il corpo più maturo di come me lo ricordavo, e si intonava con i suoi occhi.

i suoi occhi, che mi perforavano l'anima ogni volta che li poggiava su di me, incastrandosi tra le pieghe del mio cuore per non volerne più uscire. era questo l'effetto del suo terribile fascino.

-all'università ho conosciuto tante ragazze.-
mi rivelò, risvegliandomi dai pensieri sporchi a cui mi aveva indotto il modo in cui si era leccato i lembi carnosi delle labbra.

sorrise, capendo il mio imbarazzo per essere stata beccata, poi continuò:

-Sono costretto ad ammetterti  che in un primo tempo mi hanno rinominato per quello che andava con tutte quelle che erano a disposizione-

grugnii a quella confessione, a cui non tenevo particolarmente di esserne informata.

- quindi dove vuoi parare, don Giovanni?-
borbottai per nascondere il mio fastidio.

studiò il mio volto. socchiuse gli occhi accennando un sorriso, ispezionando poi il mio corpo avvolto dalla sua felpa dall'alto al basso. mi sentii maledettamente debole.

-Terra chiama Blake, pronto?-
lo presi in giro tentando di distoglierlo dalla sua eccessiva attenzione verso di me.

cosa stava facendo? si stava per caso vantando del fatto che lui si stava divertendo nella sua nuova università all'estero mentre io mi distruggevo per la morte di mio padre?

un'onda di rabbia e fastidio mi inondarono completamente, a quell'idea mi voltai sbuffando, per rientrare in casa.

-Sherly.- mi richiamò sussurrando. il mio nome sulle sue labbra suonava come una melodia a cui non potevo rifiutarmi di ascoltare. mi fermai, guardandolo da sopra le spalle.

-Cercavo te, in quella scuola.-
il suo tono rauco mi fece intuire quanto sforzo stava facendo per pronunciare quelle parole.

-Cercavo il tuo carattere forte e sensibile al tempo stesso. Cercavo, ma nessuna aveva i capelli abbastanza rossi come il fuoco. Nessuna aveva mai gli occhi che mi ricordassero il colore delle foreste. Cercavo, ma non trovavo mai ciò di cui avevo davvero bisogno.-

tremai, sotto al peso di quelle frasi, che seppur così semplici da far uscire dalle labbra, dietro si nascondeva molto di più.

Blake mi venne vicino, si stanziò dietro di me. sentivo il calore del suo petto. le sue mani mi percorsero la schiena, fino ad arrivare alle spalle. li arrivò alla pelle nuda del collo, e quel contatto aumentò tutte le mie percezioni.

se prima tremavo per li freddo, ora avevo pelle d'oca dappertutto.

poi, tra il suono lieve e dolce delle cicale e i lontani rumori della città, percepii la sua voce, roca un po' graffiata dal tono basso forzato, liberarsi in un:
-mi sei mancata, Carotina-

-rientriamo, dai.-  disse subito dopo, come niente. si staccò da me e in uno slancio era già rientrato. restai sul portico di casa per un minuto ad elaborare tutto.

cercai di ripetermi nella mia mente ciò che Blake mi aveva detto, ma niente poteva competere con il suono della sua voce che pronunciava quelle parole.

ancora non ci credevo. il compagno di mia madre... padre di Blake.
quante probabilità c'erano?

ma sopratutto, lui era lì, all'interno di quella casa a qualche metro dai miei piedi. avevamo parlato, come se niente in quei tre anni ci avesse diviso. era forse possibile? o era ancora uno dei tanti frutti della mia vasta immaginazione?

mi pizzicai il dorso di una mano, e accolsi quel dolore con felicità. era tutto vero.

rientrai in casa, e a darmi il benvenuto c'era uno sguardo diffidente di mamma.

santo cielo,Avrei dovuto spiegarle tutto?
beh allora, forse tutto tutto è meglio di no...

mi feci forza e mi sedei di fianco a lei, sperando non notasse il mio tremolìo.

tentativo fallito.
mi squadrò da capo a piedi, e il suo sguardo mi mise in soggezione pura.
okay. avrei dovuto spiegarle tutto.

-tra te e quel ragazzo c'è qualcosa.-

ed eccola, la tanta temuta frase di quella sera.
presi un sospiro, preparandomi al probabile inferno.

-anni fa. ora non c'è più nulla.-

in realtà, non era una bugia. era solo una mezza verità. le avevo tralasciato la parte degli "scopamici", ma non avrebbe fatto tanto piacere a mia madre, sapere che avevo perso la verginità con il figlio del suo compagno.

sorvolando sul fatto che probabilmente lei mi pensava ancora vergine.
sapesse.
disse una voce insidiosa nella mia testa. ridacchiai a quel pensiero.

-e tu cosa intendi per "c'è stato qualcosa"?-

-intendo dire che abbiamo provato qualcosa l'uno per l'altra, mamma. tranquilla, non ti ostacolerò la tua storiella d'amore con suo padre-

insistei, guadagnandomi un occhiata di traverso.
-e perché avete finto di non conoscervi, scusa?-

quello, in realtà, non lo sapevo nemmeno io.
buttai giù una scusa, del tipo che volevamo fare uno scherzo, e mamma ci credette.
nel tragitto per tornare a casa ripensai a quella sera. quanto era stata inaspettata, piena di emozioni che non provavo da anni.

mi ero sentita felice, imbarazzata,agitata,malinconica...

tutto questo mi sembrava quasi surreale.


capitolo 17📚
pensavo di non riuscire a pubblicare oggi, invece eccomi qua.
per oggi è tutto, come sempre spero vi piaccia l'andatura della storia.
⏳❤️

𝐭𝐮𝐭𝐭𝐚 𝐜𝐨𝐥𝐩𝐚 𝐝𝐞𝐥 𝐬𝐞𝐬𝐬𝐨Where stories live. Discover now