•Capitolo X

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Il vento sfiora il mio viso; dita delicate che bramano il mio respiro, il mio respiro così debole. L'aria graffia la mia gola e sento una voce interrompere la mia quiete. Chi mi vuole? Perché non posso sprofondare in questa fragile calma?

Le mie palpebre si schiudono e la luce dell'infermeria trafigge i miei occhi. Alya è di fronte a me, le sue sopracciglia sono corrucciate e le sue labbra strette. Incrocia le braccia e sposta il suo peso da un piede all'altro.

Apro la bocca per parlare ma una fitta mi attraversa le meningi, così sono costretta a tentare un'altra volta. — Che... che è successo?

— È successo che sei svenuta — sbuffa come se fosse annoiata, ma dopo qualche secondo mi stringe in un abbraccio soffocante. — Davvero ci sei rimasta così male?

— Di che parli?

— Intendo che sei svenuta subito dopo aver scoperto che Derek era andato a letto con Cathrin.

Ora ricordo. Al solo pensiero mi sento talmente sciocca... sembra davvero che sia svenuta per questo. — Ho avuto un calo di zuccheri — bisbiglio, ma abbasso lo sguardo.

— Certo — sbotta. Il suo tono accondiscendente mi fa venire voglia di urlarle in faccia che no, non m'importa di cosa faccia Derek con Cathrin. La porta della stanza si spalanca e io mi ripeto che questo è l'unico motivo per il quale non ho aperto bocca.

Cathrin si precipita da me; è strano come la sua persona sembri una via di mezzo: è dispiaciuta, ma non abbastanza da togliersi il suo sorriso lascivo. — Abigail! Come stai? Ti senti bene? È per qualcosa che ho detto?

— No, no. Figurati — mormoro. — Ho solo avuto un calo di zuccheri. Tutto qui.

— Ah... va bene. Rimettiti! — cinguetta, per poi sparire come un uragano.

— Ab.

— Mhm?

— Devi stare molto attenta a lui. Ho paura che... insomma... tu ci sia troppo affezionata.

— Piantala Alya, mi sono stufata di questa storia.

— Smettila di mentire a te stessa! — strilla, lasciandomi di sasso. È ridicolo... se solo lo capisse sarebbe tutto più facile. — Senti, non so quali siano i suoi scopi, ma ti consiglio di stargli alla larga.

Scopi! — esclamo, esasperata. — Giusto, perché le persone si avvicinano a me solo se hanno degli scopi, vero? Cos'è in questo caso, sesso, denaro o potere?

— Non intendevo questo, lo sai!

— Lascia stare, non m'importa. Io vado fuori. — annuncio secca.

— Ab. Ab!

Sbatto la porta alle mie spalle e i miei piedi corrono verso una meta indefinita, verso la fine dell'infinito corridoio. Qualcosa di umido mi accarezza gli occhi, e con un sorriso amaro mi accorgo di stare piangendo. Alya è sempre stata la mia unica amica perché... non ero molto simpatica alle bambine delle mie età.

Spalanco una porta e mi ritrovo in una stanza colma di scaffali contenenti libri di ogni genere. A occhio e croce direi che non ci sia nessuno, a eccezione della bibliotecaria, che però è immersa in un sonno profondo.

Volgo il mio sguardo a sinistra, e un'anomalia salta subito all'occhio: una figura, avvolta in un lungo mantello nero, sta rovistando tra gli scaffali in cerca di qualcosa. Infila un tomo logoro e ingiallito tra gli altri libri. — Ehi, tu, chi sei?

La figura si volta verso di me ma non riesco a scorgere il suo viso, poiché il cappuccio ne cela i lineamenti. Corre via prima che possa anche muovere un muscolo.

WitheredWhere stories live. Discover now