•Capitolo XV

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Mi siedo al mio posto dove Derek mi guarda tagliente. Le sue iridi sono di nuovo colore dell'argento. Evita il mio sguardo e stringe la mascella come se fosse nervoso, anche se adesso dubito che possa provare delle emozioni. Forse sono solo il riflesso delle mie. — Il tuo ragazzo? — domanda con nonchalance.

— Non credo ti debba interessare.

— Ti ho semplicemente fatto una domanda.

— E io ti ho semplicemente dato una risposta.

La conversazione si ghiaccia per un istante. — Che ti prende? — domanda, corrucciando le sopracciglia. — Va tutto bene?

— Non fingere con me, non ce n'è bisogno. Non voglio avere niente a che fare con le tue faccende da noxious. — Il silenzio. Il vuoto nella sua forma più viscerale: le sue labbra sono schiuse, la sua bocca priva di respiro, i suoi occhi cavità assenti. — E se anche provi a prendere la mia anima come poco fa, io ti ammazzo. Chiaro il concetto?

— Tu c—come... — farfuglia, mentre un'altra ciocca di capelli si schiarisce.

— Come? Che c'è, non riesci neanche a ricordarti quello che è successo poco fa?

— Come lo sai? — chiede, cercando di restare distaccato.

— Hai vuoti di memoria mio caro?

— Certo che no — risponde piuttosto seccato. — Allora? Chi te l'ha detto?

— Piantala — inizio io. Oltre al danno la beffa. — Ma a che gioco stai giocando? Sei stato tu.

— Cazzate... io non te l'avrei mai detto.

Mi volto di scatto verso di lui con il cuore in gola. — E perché invece l'hai spiattellato ai quattro venti, eh? E perché invece volevi la mia anima? A cosa ti servo ancora?

— Tu? Senti, ma di che diavolo parli?

— Piantala di fare così! — strillo. Io, umiliata, mi alzo per uscire. Non riesco a sopportare il silenzio imbarazzato che si espande a macchia d'olio nella classe. Alya mi guarda spaesata, ma io non ho la forza di dirle cos'è in realtà Derek, così come non ho la forza di ammettere che aveva ragione fin dal principio.

Sento una presa circondarmi il polso, e quando mi giro anche Derek è in piedi. — Vieni — mormora, e benché cerchi di rendere il suo tono di voce pacato, sento la chiara nota di nervosismo che gliel'incrina.

— Non darmi ordini.

I miei occhi si assottigliano e in un attimo Derek lascia la presa dal mio polso, massaggiandosi la mano come se si fosse ferito. — La tua pelle scotta... — bisbiglia, e noto adesso la macchia rossastra impressa sulla sua mano. Schiudo le labbra per una frazione di secondo, ma all'istante assumo l'espressione più naturale possibile: quando le emozioni delle streghe tendono troppo verso la rabbia la temperatura corporea cresce a livelli esorbitanti per dei semplici umani e, a quanto pare, anche per i Noxious.

I nostri popoli sono cresciuti l'uno all'insaputa dell'altro, lo constato adesso per la prima volta. Dalla sua espressione smarrita sono certa che non ha la minima idea della mia vera natura. Da bambina mi hanno sempre descritto i Noxious come creature rivoltanti, dalla pelle coriacea, gli occhi sanguigni e denti acuminati. Questi mostri non esistono, ma al di sotto si cela qualcosa di ben peggiore: nessuna bestia mi ha dilaniato. Una persona mi ha prosciugato e ora dentro di me c'è solo il vuoto.

Derek assottiglia lo sguardo e prima che possa ribattere mi afferra nuovamente il polso, trascinandomi fuori dalla classe come se niente fosse. Stringe i denti ignorando il dolore che si ostina a provare per qualche assurdo motivo. Non m'importa, sono problemi suoi. Mi divincolo con un moto di stizza, ma ormai siamo già dentro un'aula in disuso.

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