•Capitolo XXIX

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Allungo il braccio sul banco e mi lascio scivolare su di esso finché anche i miei sensi si intorpidiscono, succubi di questa soporifera lezione di matematica.

Questo pomeriggio andrò a parlare a mio padre, gli farò un lungo e noioso discorso riguardante il mio matrimonio e i gli infiniti motivi per i quali è una pessima idea, primo tra i quali... beh, al momento non ne ho idea, ma non importa. So per certo che sarò irremovibile e che non mi lascerò dissuadere e raggirare dai suoi soliti inganni.

Osservo la coppia di banchi di fronte a me, lì dove siedono Iris e Theodore: la prima, accasciata sullo schienale della sedia, sembra aver perso l'uso della suo colonna vertebrale; i suoi occhi sono vuoti e fissi sul pavimento come se fosse ridotta in uno stato catatonico. Theodore invece rivolge di tanto in tanto qualche fugace occhiata alla lavagna, ma per lo più fissa il soffitto con aria assorta.

All'improvviso quest'ultimo scoppia a ridere senza motivo e perlopiù fragorosamente.

- Non ci credo, l'hai fatto davvero? - chiede a una ragazza dalla parte opposta dell'aula, che all'istante abbassa il volto, a disagio. - E chi l'avrebbe mai detto? Certo che deve essere stato davvero imbarazzante! - Che sta succedendo? Sono sicura che nessuno ha aperto bocca.

- Cos'hai da ridere? - sbraita il professore, gettando il libro di testo sulla cattedra con un tonfo sordo. - Vieni qui e vediamo chi ride, adesso!

Theodore si passa una mano tra i folti capelli e si alza perdendo tutta la sua insensata allegria e assumendo un atteggiamento sfacciato ed estremamente sicuro di sé. Sfila verso la cattedra mentre si arrotola i polsini della camicia in movimenti lenti e provocatori e in un certo senso mi ricorda Derek. - Anche in un altro universo quello sarebbe... disgustoso - mormora verso una ragazza in prima fila, che all'istante assume una colorazione purpurea.

- Piantala di blaterare e svolgi l'esercizio, altrimenti oltre ad un richiamo verbale ti spedisco nell'ufficio del preside - bofonchia, mentre il ragazzo inizia a esaminare la lavagna.

Assottiglia gli occhi chiari prima di aprirsi in una risata di scherno. - Tsk, patetico - Cancella l'esercizio e inizia a scrivere simboli incomprensibili e calcoli assurdi, che a quanto pare per lui hanno un senso. Dopo qualche minuto conclude la sua opera soddisfatto e osserva il professore, imbarazzato dalla sua bravura. - È sicuro di essere un insegnante? - lo schernisce. - Beh, vediamo se riesce almeno a fare questo - Cancello un angolo della lavagna, inondato da lettere, numeri e ghirigori, scrivendo semplicemente 2+2=... - Ce la può fare, io credo in lei - afferma. Posa il gesso nelle mani dell'insegnante ed esce dalla classe a passo composto.

Iris si alza e con uno sbuffo rotea gli occhi. - E poi ero io quella che non doveva dare spettacolo, geniaccio! Aspettami Teddy! - urla, seguendolo.

Certo che sono strani.

La campanella suona, decretando la fine delle lezioni. Alya viene accanto a me con un insolito sorriso sereno sulle labbra. - Ehi Ab, pranziamo in mensa oggi? - domanda. - Ho sentito che c'è un buonissimo menù - esclama.

- Cosa? C'è una mensa? - sbotto.

- Ma dove vivevi, sul mondo degli unicorni fatati?

- Sta' zitta - mugugno.

* * *

Continuo a girare la forchetta tra il riso che ho di fronte con profondo disinteresse, analizzandone ogni chicco. Il cibo ha un aspetto piuttosto invitante, ma stranamente non ho il benché minimo appetito.

Alzo lo sguardo e, nel tavolo di fronte a me, Cathrin e Derek parlano animatamente; lei gli sfiora il braccio, lui le sorride.

Quanto li detesto, li detesto entrambi. Forse un po' di più lei. All'improvviso le mie mani sono appiccicose; abbasso lo sguardo e vedo che sono cosparse di un liquido argenteo: ma che cavolo è? - Sei assurda, Ab! La forchetta si è sciolta tra le tue mani! - afferma Alya, quasi soffocando per le troppe risate.

WitheredDär berättelser lever. Upptäck nu