•Capitolo XLI

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Una ventata di gelo circonda il mio corpo come una bolla. Il dolore è dilaniante.

Cosa succede? Perché sono in questa specie di coma? Perché non riesco finalmente a morire e ad abbandonarmi in un rilassante, dolce e infinito sonno? In fondo sono così stanca...

No! Derek... Derek starà bene? Non posso scivolare nel mio agognato riposo senza prima saperlo.

— Derek! — urlo, senza avere però coscienza del mio corpo. Sto davvero urlando, oppure tutto ciò accade all'interno della mia mente?

Lo scenario che mi si prospetta davanti è lugubre; mi porto le braccia davanti al viso, osservando con stupore che sono in carne e ossa, ma so che tutto ciò non è reale. Un salice nero affonda le sue intricate e nodose radici nel terreno secco.

— Derek... — ripeto, incerta su dove posare i miei piedi nudi; sembra galleggino nel vuoto inconsistente. — Sei qui?

— Chi mi chiama... — mormora una voce; sbatto le palpebre più volte, vedendo il noxious ai piedi della pianta, seduto sul tronco, con un'espressione dormiente.

— Devi andartene di qui! — Corro verso di lui, ma tutti i miei tentativi sono inutili: sembra irraggiungibile, nonostante sia fisicamente di fronte a me.

— Lasciami dormire, sono stanco — sussurra, con tono di voce sempre più flebile.

Mi blocco. — Vorresti morire, non è vero? — chiedo melliflua. Lui annuisce, e allora io riprendo: — Beh, mi dispiace, ma credo proprio che tocchi a me. Lì fuori hai delle persone che ti vogliono bene, ti amano e ti proteggeranno sempre. Ci sono tua sorella, tuo padre, perfino Eric.

Spalanca gli occhi, puntandomi con uno sguardo così tagliente da farmi venire i brividi. — E tu? — domanda. — Tu dove sarai?

— Lontano. Lontano dalla tua mente, dal tuo cuore. Ti assicuro che starai bene. — continuo pacata.

— Puttanate! — urla, e nel medesimo istante, tutte le scure foglie dell'albero cadono a terra, arrivando a coprire anche i miei piedi.

— Credi che a me non dispiaccia? — urlo, perdendo la pazienza. — Ma io non posso più vivere. Non ho più un'anima. — Abbasso il viso.

— Non importa, avrai la mia! — afferma, e vedere con quanta enfasi pronuncia queste parole mi fa aprire in un malinconico sorriso.

— Sii felice. — Le mie labbra sussurrano con un tono via via decrescente.

Le foglie si sollevano in un turbinio circolare, lo circondano come una barriera, fino a quando si disperdono nel vuoto. Di Derek non c'è più traccia.

Cado a terra a peso morto, sfiorando con i polpastrelli l'erba ghiacciata e raggrinzita.

La vista mi si annebbia, fino a quando accecanti flash invadono la mia visuale, riempiendola totalmente. Sono nel bel mezzo di uno scenario a me sconosciuto, scuro, cupo e sfarzoso.

Cosa... oh sì. Conosco, so perfettamente la sorte a me destinata. Durante una delle pesanti lezioni di mio padre, lui stesso mi aveva spiegato cosa sarebbe successo: le persone che donano la propria anima, prima di diventare contenitori vuoti e senza vita, si immergono in uno squarcio di ricordi dell'altro.

Quindi vuol dire che...

— Mamma, mamma! Hai visto? Ho creato dei fasci oscuri! — La voce squillante di un bambino mi perfora i timpani. Corre lungo il salone riccamente adornato, sfoderando con orgoglio di fronte a una donna dei lunghi fasci incorporei e neri.

— Bravo amore! — si complimenta lei; è splendida: emana un alone di grazia, gentilezza e compostezza che mi fa provare una punta d'invidia. Per non parlare del suo aspetto fisico, così slanciato e regale, mentre il suo incarnato di porcellana incornicia un viso angelico.

WitheredHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin