•Capitolo XXIII

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Un'altra piega... sbatto la mano sulla lunga gonna del vestito come se dovessi uccidere un insetto, cosicché sia perfetto.

Oggi deve essere tutto perfetto.

In questa settimana che ho trascorso a palazzo sono stata rinchiusa per la maggior parte del tempo nella mia camera, e l'attività più interessante che ho svolto è stata torturare quella dannata foglia e contare gli intarsi sul soffitto. Per inciso, sono duecentosettantasei.

Mi alzo dalla sedia e provo a fare una giravolta per vedere se la gonna è intatta; il vestito mi piace: ha un breve strascico ed è coperto da veli celesti con applicazioni floreali.

Meglio fare un'altra piroetta, siccome non ho controllato che la treccia stesse ferma, e non vorrei avere capelli svolazzanti proprio quando divento Regina.

Qualcuno bussa alla porta. ― Avanti.

― Abigail.

― Padre.

Si ferma di fronte a me, incrociando le braccia al petto e squadrandomi come se fossi una specie di quadro, ma non nel senso positivo: con distacco e fredda attenzione per i dettagli. ― Che ti prende? ― domanda a un tratto. Aggrotto la fronte in cerca di qualche spiegazione, che non tarda ad arrivare: ― In questo periodo sei totalmente assente ― precisa.

Perfino mio padre ha notato un mio cambio d'umore: in questa settimana sono diventata taciturna e, nelle rare volte in cui aprivo bocca, fastidiosamente scontrosa. Il fatto che persino mio padre l'abbia notato significa che non potevo essere più palese.

― Assolutamente niente, padre ― mormoro. ― Voglio solo diventare come te.

― Tu non sei come me, e non lo sarai mai ― esala, ma non perché un'affermazione del genere gli pesi, quanto più per il fatto che sia scontata. ― Perché sei una strega ― puntualizza.

― E tu cosa sei allora? ― sbotto, seccata.

― Guardami ― inizia, indicandosi con movimenti plateali delle braccia. ― ti sembro una strega?

― Beh, no...

― Ecco, allora ti sei risposta da sola.

― Ma non in quel senso! ― riprendo con stizza, anche se sembra estinguersi subito. Abbasso il volto e torturo le mie dita quasi come se nulla fosse. ― Padre... ― inizio, osservandolo incamminarsi verso la porta. ― ti voglio bene.

― Beh, ma questo è ovvio ― Alza le spalle. ― Ci vediamo all'incoronazione, bambina.

Annuisco debolmente e, con lo sguardo puntato sulle mie dita arrossate, lo sento chiudere la porta con un colpo secco. Gratto la mia mano finché dalle mie nocche non scende un rivoletto di sangue. ― Merda... ― sussurro. Mi copro la mano e una leggera luminescenza si espande da essa. Quando la scopro, il graffio se n'è andato. Semplice magia psichica: la mia mano sembra liscia e illesa, ma in realtà la sento ancora bruciare.

Ma non m'importa. Ogni cosa si può nascondere.

* * *

Non sono nervosa. Affatto.

Mi apro in un sorriso teso e appoggio la testa sul muro dietro di me, mentre sono costretta ad ascoltare passivamente il discorso che mio padre sta propinando al regno da più di mezz'ora. Mi mordo il labbro e sento il cuore battermi in gola.

― ... la Principessa Abigail!

Sputo un sospiro e raddrizzo le spalle, dopodiché svolto l'angolo e oltrepasso l'uscita, andandomi a posizionare al centro del palco sul quale si svolgerà la cerimonia. Il mio sorriso, apparentemente sereno, non riesce a contenere un guizzo nervoso appena volgo il viso alla mia destra. La piazza è totalmente colma di persone (non l'avevo mai piena, considerando il fatto che è gigantesca), che, per l'assenza di spazio, si riversano persino nelle vie. Tutta la città, e in senso lato tutto il regno, sta assistendo in diretta all'incoronazione.

WitheredWhere stories live. Discover now