Capitolo 31

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Sei anni prima.

Oksana
A stento riesco a trattenere le lacrime, ma fisso Dmitriy negli occhi con sguardo truce. Non riesco a leggere nessuna emozione nella sua espressione, ma so per certo che io ne sto provando miriadi. L'unica cosa che vorrei fare adesso è avere la forza di andarmene, senza mostrare quello che sto provando così sfacciatamente. Non voglio che veda il dolore che pian piano si fa strada nel mio cuore. Una cosa gliela invidio però, ed è la sua freddezza. Ammiro la capacità con cui nasconde tutto, anche le cose che potrebbero sembrare più facili da leggere.
I suoi occhi di ghiaccio sono anch'essi impassibili, scorgo solo distacco e indifferenza, tranne quando si alza e mi invita ad andare a parlare fuori.

«Non è il caso di fare scenate in un luogo pubblico» afferma lui sottovoce, prendendomi per un gomito.

Gli impedisco di portarmi fuori e mi sottraggo bruscamente dalla sua presa. «E cosa dovrebbe importartene, adesso? Non ti sei creato problemi portando quella... quella... escort, in un "luogo pubblico"» dico, indicandola senza mai guardarla in faccia.

Mi pento immediatamente dell'appellativo che ho appena usato parlando di qualcuno che non conosco. Non perdo mai le staffe, non quando non mi importa, non quando non sono realmente ferita. Ma questa volta lo sono. La mia rabbia dovrebbe essere indirizzata esclusivamente a lui, ma perché non riesco ad odiarlo, nonostante l'abbia beccato con le mani nel sacco?

«Quella escort» sottolinea Dmitriy «È mia sorella».

Sorella.

«Io...» inizio, non sapendo come concludere.

Guardo per la prima volta quella donna, che ha nello sguardo la stessa espressione del fratello, cioè il nulla. Ma poi la vedo sogghignare e distogliere lo sguardo. Adesso penserà che sono patetica. E lo sono davvero.
Quante occasioni mi ha dato Dmitriy per dubitare di lui? Zero.

«Non parli più adesso?» chiede serio.

«Scusa, io... Non sapevo che avessi una sorella» dico in un sussurro. «Non mi parli mai di te...»

E la realtà è più palese che mai. Io non so niente di lui. Non mi ero mai soffermata a riflettere sulla sua famiglia semplicemente perché, ogni qualvolta che tento di parlare di cose personali, lui svia il discorso. So solo ciò che vuole farmi sapere. Non posso permettermi niente con Dmitriy, perché lui è sempre così riservato. Mi nasconde qualcosa? Perché non vuole farsi conoscere?

«Non sai tutto di me» sussurra lui. «Ma presto saprai questo ed altro. Avrai già capito che non sono un tipo espansivo. Ho bisogno di tempo, Oksana».

Annuisco, guardandomi i piedi, mortificata. Lo vedo avvicinarsi e lo guardo per capire cosa pensa di me, ma la mia preoccupazione viene spazzata via quando si china per baciarmi sulle labbra.

«Perdonami», è l'unica cosa che riesco a dire.

«Non è successo nulla» mi rassicura, intrecciando una mano alla mia. «Vieni, ti faccio conoscere Irina».

Quando la raggiungiamo, Irina si è appena alzata dal tavolo.

«Ho ancora molto da raccontarti» dice lei. «Ma adesso devo scappare, fratellino». Poi, rivolgendosi a me, dice: «Spero che in altre circostanze ti dimostrerai più... adulta. È stato un piacere conoscerti, Oksana».

«Sono profondamente dispiaciuta. Mi scuso per il modo in cui ti ho definita prima».

«Immagino» esclama lei, calandosi gli occhiali scuri sul naso. «Dmitriy tende sempre a cercarsi la stessa tipologia di ragazza».

Cosa vorrà dire? La osservo finché non esce fuori dal locale. «Non è molto amichevole, o sbaglio?» chiedo, alzando un sopracciglio.

«Non sbagli, ma fossi in te non la biasimerei. L'hai appena definita un'escort».

«Hai ragione, scusa».

«Allora, cosa ci facevi qui a quest'ora del mattino?» chiede Dmitriy.

«Stavo facendo shopping con Karina e... Oddio, Karina!» esclamo, correndo fuori dal locale per cercarla.

Mi sono completamente dimenticata della mia amica. Sono veramente pessima. E in tutto quel "trambusto" non l'ho completamente pensata. Prendo il cellulare per chiamarla, ma sullo schermo compare un suo messaggio.

TI ASPETTO A CASA.. NON MI VA DI ASSISTERE A DRAMMI DI COPPIA..

Tiro un sospiro di sollievo e le scrivo un sms di scuse prima di tornare da Dmitriy che nel frattempo si è riseduto al tavolo che occupava prima. Mi siedo al posto di sua sorella, proprio di fronte a lui, e chiedo: «E tu? Come mai non sei a lavoro, stamattina?».

«Oggi avevo un appuntamento con mia sorella e mi è stato impossibile rimandare. Lei non vive qui e non avremo molto tempo per vederci. Dovevamo discutere di lavoro, quindi, tecnicamente è come se fossi in ufficio».

«Di cosa si occupa Irina?».

«Facciamo lo stesso lavoro. Solo che lei dirige la filiale negli Stati Uniti»

«America» esclamo. «Wow. Mi piacerebbe visitarla, un giorno».

«E io ti prometto che un giorno ci andremo».

Quelle parole hanno il sapore di dolci promesse. Con lui sembra tutto molto facile. Dmitriy mi sta dando tanto in pochissimo tempo e io sto prendendo più che posso. Mi sono mancate per troppo tempo troppe cose e credo di non poter rinunciarci adesso che ho toccato con mano la... felicità? Non so cosa sia tutto questo precisamente, ma so che mi sento amata. Forse non è esattamente quello che prova Dmitriy nei miei confronti, ma dai piccoli gesti sto scoprendo un uomo diverso. Avere influenza su qualcuno abituato ad essere "congelato" e sapere che va sciogliendosi poco per volta, mi fa sentire gratificata Come un piccolo bocciolo di rosa che, col tempo, dà vita ad uno splendido esemplare di vegetale.

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𝗧𝘂 𝗻𝗼𝗻 𝗺𝗶 𝗽𝗼𝘀𝘀𝗶𝗲𝗱𝗶Where stories live. Discover now