Capitolo 43

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Sei anni prima.

Oksana
«Polizia di Mosca. Vorremmo parlare con Dmitriy Volkov».

Nel mio corpo sembra non esserci più un filo di ossigeno. Mi sembra quasi di sentire il cuore che pompa freneticamente sangue nelle vene. Mi sento come se fossi nei profondi abissi di un oceano, dove intorno a me c'è nero ovunque. Come se stessi lottando contro la corrente marina per arrivare in superficie per respirare un solo, piccolo alito di aria fresca.
Perché la polizia sta cercando proprio Dmitriy? Lui e Igor erano amici, ma non c'entra nulla con il locale. Dmitriy ha una sua attività che...
Adesso che ci rifletto, forse le due cose sono connesse.
Rabbrividisco.

«Un momento», è tutto ciò che riesco a dire, prima di tornare allo studio e chiamare nuovamente Dmitriy. «Apri, per favore» dico con calma, bussando normalmente. «C'è la polizia alla porta».

Quando la porta si apre, due occhi color ghiaccio, mi guardano con aria di disapprovazione, come se in qualche modo, la colpa di quella visita - indesiderata, a quanto ho capito - fosse mia. Non mi sfugge l'occhiataccia minacciosa accompagnata da un silenzio agghiacciante. Dentro di me tremo per tutto questo. Crede che sia stata io a chiamarli? Lo avrei fatto, ma solo per aiutare la polizia e indirizzarli per dargli una traccia, non di certo per lui. Dmitriy ha messo in chiaro la sua posizione e ho lasciato perdere. Volevo il suo appoggio e il suo supporto, volevo fare la cosa giusta assieme a lui, ma si è rifiutato quindi sono stata io ad appoggiare lui. In una relazione l'importante è poter contare l'uno sull'altra, no?

Quando Dmitriy raggiunge la porta d'ingresso, mi stupisco per il tono cordiale che usa con i poliziotti, in netto contrasto con la sua espressione rigida.

«Buonasera, signori. Come posso aiutarvi?».

«Stiamo indagando sul caso Igor Petrov e avremmo bisogno che lei ci segua in centrale» dice quello basso e nerboruto. «Vorremmo farle delle domande».

«È un semplice accertamento» aggiunge l'altro.

«Ma certo» risponde Dmitriy con calma. «Prendo i documenti e vi seguo».

Mentre Dmitriy raggiunge la nostra camera da letto per recuperare il portafogli, lo seguo. «Preparo tutto e vengo con te» farfuglio confusa, alla ricerca della borsa.

«Non è necessario, Oksana. Sarò di ritorno tra qualche minuto».

«Voglio venire».

«Sana» inizia lui, raggiungendomi, prendendomi il viso tra le mani. «Non voglio farti entrare in una topaia piena zeppa di delinquenti e detenuti. Non ho fatto nulla e non hanno niente con cui incolparmi, quindi sarò di ritorno a casa prima di quanto pensi. Credi di potermi aspettare?». Annuisco. «Brava, bambina».

E così dicendo, mi bacia dolcemente e segue gli agenti fuori dalla porta.

***

Passano minuti e ore, ma Dmitriy ancora non ha varcato la soglia di casa. È possibile che abbiano trovato qualcosa? Perché lo stanno trattenendo? Che sia in qualche maniera invischiato in quei giri loschi con la sua agenzia? L'hanno incastrato? So per certo che lui non farebbe mai una cosa simile a delle altre persone. Non dopo averlo conosciuto per davvero e sapendo com'è realmente.
Più ripenso a tutta questa faccenda e più mi incupisco. L'unica cosa che mi fa sperare che il mondo sia un posto migliore è Dobby che dorme appallottolato sulle mie gambe.
Inizio a cercare così in tv i principali canali di news per saper se c'è qualche novità sul caso, ma nulla. Tutto sembra tacere.

Le lacrime iniziano a farsi largo nei miei occhi quando penso a cosa ne sarebbe di me se Dmitriy finisse in... carcere. Fatico persino a formulare il pensiero ma, sul serio, cosa ne sarà di me? Tornerei a essere nuovamente da sola, con la differenza che questa volta sarei in mezzo ad una strada, senza il supporto di qualcuno o un posto in cui andare. Senza un lavoro. Non ho nulla, niente e nessuno. La prima lacrima mi riga il viso quando realizzo qual è la mia più grande paura: rimanere sola.

Proprio quando inizio a pensare che questa notte diverrà più lunga del previsto, sento delle chiavi che girano nel chiavistello. Quando l'uscio si apre, vedo un Dmitriy dall'aria stanca. Ha un aspetto trasandato e i capelli spettinati, come se avesse trascorso ore a passarvi attraverso le dita. Prima ancora che metta piede in casa, adagio Dobby sul divano e mi catapulto fra le braccia del mio uomo. Inaspettatamente, scoppio in lacrime, tutte quelle che ho represso da ieri pomeriggio fino ad ora.

«Non piangere, Sana» mi sussurra, avvolgendomi nella sicurezza delle sue braccia.

«Mi hai fatto spaventare» dico, tra un singhiozzo e l'altro.

«Ti avevo detto che non avevi nulla di cui preoccuparti. Sono qui, no?».

«Sì, ma non sei tornato subito, come avevi promesso. Ho pensato che ti avessero accusato, o incastrato, o...».

«Hai ragione. Credevo ci sarebbe voluto meno del previsto, invece...».

«Invece?» chiedo, staccandomi da lui per guardarlo negli occhi.

«Vieni. Sediamoci». Mi lascio prendere per mano e condurre fino al divano, dove Dmitriy si siede e poi mi attira sulle sue gambe.

«Cosa hanno voluto sapere?» chiedo.

«Mi hanno chiesto del mio rapporto con Igor. Ho spiegato chiaramente che i nostri rapporti erano puramente di natura lavorativa e che ero principalmente io a collocare le ragazze nel suo locale con la mia agenzia. Ho anche fatto cenno al nostro rapporto di amicizia e a quando ci siamo allontanati dopo la faccenda della videosorveglianza. E nulla, mi hanno fatto le solite domande di routine».

«Del tipo?».

«Domande che non ti sto qui a raccontare» afferma, guardandomi negli occhi e scostandomi una ciocca di capelli, sistemandola dietro l'orecchio. «Ma, c'è un'ultima cosa, Oksana».

Non so spiegarmi il perché, ma quel suo "ma" sembra non presagire nulla di buono. Quindi, chiedo cauta: «Ma cosa?».

«Avvieranno un'indagine su tutti i dipendenti del Red Light Club».

Cazzo, è l'unico pensiero che partorisce la mia mente. Cosa dovrei pensare a riguardo? Che anch'io sarò indagata, o una cosa del genere? Ero una semplice barista, sì, ma ho anche ballato, ho fatto spettacoli privati nelle salette del locale... Cosa ne sarà di me? Al che, inizio a tremare per lo shock. Grazie a Dio, adesso ho Dmitriy al mio fianco che mi rassicura.

«Sana, tranquilla. Era prevedibile anche questo. Ma non tenere, a te non succederà nulla» conclude, baciandomi su una tempia.

«Come fai ad esserne certo?» chiedo, riuscendo a stento a trattenere le lacrime.

«Hoalcune conoscenze in centrale e... E ho parlato con il responsabile deidossier». E poi conclude con l'ultima cosa che mi sarei aspettata di sentire:«Il tuo nome è sparito. Non comparirà da nessuna parte».

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𝗧𝘂 𝗻𝗼𝗻 𝗺𝗶 𝗽𝗼𝘀𝘀𝗶𝗲𝗱𝗶Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora