Capitolo 33

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Sei anni prima.

Oksana
Come da routine, prendo la mia solita pillola per andare ad affrontare l'orribile nottata lavorativa che mi aspetta. E, come al solito, Dmitriy è fermo davanti il mio appartamento che mi aspetta appoggiato alla sua auto.
Quando lo vedo, sento l'irresistibile impulso di saltargli addosso, ma il flebile sorriso che compare sulle sue labbra fa ridimensionare le mie azioni, per cui mi limito solamente ad un abbraccio contenuto.

«Non devi portarmi al lavoro tutti i giorni, sai? Andrà a finire che mi ci abituerò e poi sarà difficile abbandonare certe abitudini» dico, premendo la guancia all'altezza del suo cuore.

«Non importa, Sana. Finché si tratterà di queste piccole cose, sarò più che contento di poterle fare per te» conclude in un sussurro, accarezzandomi i capelli.

«Mmmh» mugugno, stringendolo ancora di più. «Vorrei restare qui, tra le tue braccia, per sempre».

«Non credo. Arriverà il momento in cui ti stancherò».

«Mi sembra impossibile».

***

Più tardi, al lavoro, mentre asciugo alcune stoviglie e tengo d'occhio il tavolo di Dmitriy, noto che una persona ha fatto proprio la mossa sbagliata. Lancio un'occhiata al di là del bancone e mi accorgo che quella persona non è al proprio posto di lavoro. Infatti, Lyudmila è impegnata a discutere con il mio uomo. Non aveva detto che tra loro fosse tutto finito? Perché mi ha avvertito di stargli lontana quando poi lei è la prima che continua a ronzargli intorno? E poi, perché la loro discussione si sta accendendo così tanto? Cosa avranno da spartirsi? Metto a fuoco ancora di più la scena davanti ai miei occhi, il tanto che basta a scorgere ira nello sguardo di Dmitriy e determinazione in quello di Lyudmila. Faccio per interrompere tutto, quando una mano mi afferra per il braccio.

«Fossi al tuo posto, non lo farei».

Irina.

Il suo sguardo sembra gelido, proprio come quello del fratello ma, con la differenza che nella sua espressione riesco a leggere un filo di gentilezza.

«Ecco, dato che non sei al mio posto, faccio quello che mi pare» ribatto, sottraendomi dalla sua presa, determinata ad interrompere quei due.

«Non essere sciocca, ragazzina» dice con un tono sprezzante, afferrandomi di nuovo. «Tu non conosci mio fratello. È meglio lasciarlo in pace quando è adirato».

Mi sottraggo nuovamente dalla sua presa e la studio per un po' cercando di capire se dovrei o non dovrei starla a sentire. Ritorno al mio lavoro dopo essermi convinta che forse ha ragione lei, ma continuo comunque ad osservare la scena e a non degnare Irina di uno sguardo, perché credo che non le piaccio affatto.

«Dmitriy è sempre stato il più aggressivo della famiglia» esordisce Irina dopo un po'. Le rivolgo attenzione e quando si accorge che la sto ascoltando, dice: «Vorrei una vodka liscia».

Preparo il suo bicchierino nell'attesa che continui a parlare. Se Dmitriy non vuole parlarmi di sé stesso, tanto vale che ascolti cos'ha da dirmi la sorella. Solo che lei sembra intenta a scolarsi un bicchiere dopo l'altro.

«A cosa ti riferisci quando lo definisci aggressivo?» chiedo, cercando di farla parlare.

«Aggressivo» si limita a dire. «Un tipo che aggredisce verbalmente le persone. Prima non era così. Dmitriy era il ragazzo più allegro che avessi mai conosciuto. Poi, è diventato un'altra persona. Ma poverino, ti credo! Dopo tutto quello che gli è successo...».

«Cosa gli è successo?» chiedo, seriamente interessata.

«Dico, ma per chi mi ha presa? Sono mezza ubriaca, non sono scema. E se pensi che ti racconterò la vita privata di mio fratello, ti sbagli di grosso. Non spetta a me farlo. Anzi, io non ci perderei altro tempo. Si stancherà di te. Come le altre prima di te. Il conto, per favore» conclude.

«Il conto alla cassa» rispondo, irritata, indicandole un punto in fondo al bancone.

Vedo Irina alzarsi e andarsene senza salutare. I miei sospetti sono stati confermati: non le vado tanto a genio. Ma chi se ne frega! Devo piacere a suo fratello, non a lei. Rivolgo quindi la mia attenzione verso Dmitriy, ma non è più al suo posto. Impreco contro me stessa perché mi sono lasciata distrarre dai racconti sul suo passato, piuttosto che stare attenta alle azioni del suo presente. Lui non è più nel locale, ma Lyudmila ha ripreso il proprio posto. Per cui, la raggiungo e chiedo apatica: «Dov'è Dmitriy?».

«Non ne ho idea» ribatte, irritata.

«Non mentire, lo sai. Cos'avevate da discutere, prima?».

«Niente che ti riguardi» risponde secca, voltandomi le spalle.

Impreco di nuovo perché, per quanta "amicizia" ci possa essere tra noi, Lyudmila si sta rivelando, non solo una stronza, ma anche un'arpia frega-uomini.

Esco dal locale, tirando fuori dalla tasca il cellulare e inizio a chiamarlo. Il suo squilla ma Dmitriy non risponde. Quindi non demordo e continuo a chiamarlo, ma il cellulare continua a suonare a vuoto. Stanca di tutto ciò, rientro nel locale, raggiungo il mio armadietto e, afferrando borsa e giubbotto, esco sotto il cielo gelido di Mosca e inizio a cercarlo, iniziando da casa sua. Lì non lo trovo nemmeno. Dove cavolo sarà a quest'ora? E perché cavolo non risponde al cellulare? Continuo a chiamarlo e continuo ad ottenere nessuna risposta. Vago per la città invano. Non so niente di lui e non so da dove iniziare a cercare. Non so che posti frequenta, quali persone frequenta, non so niente di niente. So solo che vorrei mandare tutto affanculo, ma qualcosa mi spinge a continuare a cercare, quindi continuo a chiamarlo al cellulare.

***

Da quasi due ore sono distesa sul letto in camera mia che aspetto una chiamata di Dmitriy, ma l'unica cosa che ottengo è solo silenzio. Guardo il soffitto bianco, pensando a ciò che è appena successo e chiedendomi il perché. Lyudmila saprà di sicuro qualcosa e non vuole darmi nessuna spiegazione. I miei pensieri vengono interrotti dal trillo del mio cellulare. È un sms di Karina.

IGOR HA DETTO DI NON SCOMODARTI A VENIRE DOMANI

Che si fotta anche Igor! Non vedeva l'ora di licenziarmi, gli serviva la scusa. Non mi preoccupo neanche di rispondere perché presto mi addormenterò.

Pian piano il sonno inizia a farsi sentire e le mie palpebre faticano a restare aperte. Vorrei potermi addormentare per poi svegliarmi domani mattina e scoprire che ho ancora un lavoro e che Dmitriy non sia scomparso nel nulla, ma non posso permettermi tutto questo. Devo stare sveglia e non ci riuscirò senza quel piccolo aiuto che mi concedo una volta a sera. Mi sa che questa notte dovrò fare uno strappo alla regola. Quindi apro il comodino per prendere un'altra pillola. L'amara scoperta mi fa quasi perdere le staffe, perché il sacchetto di plastica con le pasticche bianche non è al suo posto. Mi innervosisco e inizio a frugare dentro il resto dei cassetti.

«Dove cazzo sono finite? Dove le ho messe?» impreco, continuando a frugarvi dentro.

Cerco ovunque, metto sotto sopra un'intera casa, ma con scarsi risultati. Torno in camera e cerco in ogni angolo nascosto; sotto il letto, dentro l'armadio, nel pouf porta oggetti, sulle mensole tra i vecchi libri e poi qualcosa attira la mia attenzione. Una piccola luce rossa che lampeggia. Una lucetta quasi invisibile che proviene da un oggetto che di certo è stato messo lì di proposito per spiarmi, nascosto tra i libri e impossibile da vedere. Il cuore inizia a palpitarmi nel petto quando in un attimo di paura, stacco con decisione la videocamera di sorveglianza dalla parete, strappando tutti i cavi che servono a farla funzionare e che servono per tenerla collegata ad un computer. Il fiato fatica ad uscirmi dai polmoni quando il mio unico pensiero va a lui.

«Igor» dico con un filo di voce, quasi strozzandomi.

Presa dal panico, scaravento con forza l'oggetto a terra, riducendolo in mille pezzetti. Raggiungo così l'armadio, afferro la mia borsa da viaggio e inizio a riempirla con le poche cose che possiedo.

Devo andare via da qui. Devo scappare. E devo avvertire Karina.

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𝗧𝘂 𝗻𝗼𝗻 𝗺𝗶 𝗽𝗼𝘀𝘀𝗶𝗲𝗱𝗶Where stories live. Discover now