Capitolo 41

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Sei anni prima.

Oksana
Passare la lezione successiva in compagnia di Thiago si è rivelato piuttosto divertente. Superata la mia irritazione iniziale per la sua invadenza e messo da parte la mia riluttanza nei suoi confronti, ho cercato di essere amichevole. Dopotutto, è uno dei primi compagni ad avermi avvicinata e non mi dispiace affatto conoscere qualcun altro al di fuori del mio fornitore. Da quando non lavoro più al Red, ho avuto difficoltà nel trovare le pasticche - dal momento che non ho più alcun rapporto né con Igor né con Inna - ma qui, all'università, mi si è aperto un mondo. Credevo fosse più difficile trovarle, ma è stato un gioco da ragazzi. Ne ho trovate un'altra tipologia, ma gli effetti sono quasi gli stessi.

Comunque, dopo aver raggiunto l'aula insieme, Thiago decide di sedersi nel posto libero accanto al mio. Ho cercato di stare attenta tutto il tempo, ma con le sue continue battute mi è stato impossibile. Devo dire che è davvero un tipo simpatico e alla mano e a fine giornata si premura per accompagnarmi al parcheggio.

«Sono arrivata» esordisco.

«Questa è la tua macchina?» chiede Thiago a bocca aperta, osservando l'Audi Q8 di Dmitriy.

«In realtà, no. È del mio fidanzato. Io la uso e basta».

«Okay. Pensavo che forse, facendoti vedere quanto sono simpatico, ti saresti innamorata di me. Ma a questo punto, se mi fai conoscere il tuo fidanzato, spero che sia lui quello ad innamorarsi» dice, indicando l'auto. «Questa sì che è una macchina con la M maiuscola».

Rido alla sua battuta e inizio a cercare le chiavi nella borsa. Nel frattempo ascolto il monologo di Thiago riguardo cavalli, velocità e caratteristiche tecniche dell'auto. «Allora, quando me lo farai conoscere?».

«Quando vuoi. Non vorrei creare false speranze in te, ma Dmitriy è un tipo difficile, non credo che gli piaceresti».

«Impossibile!» esclama lui. «Io piaccio a tutti e sono certo che col mio fascino sarò in grado di far cambiare sessualità anche al più etero degli uomini».

Sorrido ancora e saluto Thiago con la promessa di rivederci l'indomani.
Quando salgo in auto, attraverso tutta la città per raggiungere la villa di Dmitriy. Ancora non realizzo di quanto sia stata fortunata ad incontrarlo. E questi ultimi mesi in sua compagnia sono stati i migliori della mia vita. Non che fin ora abbia vissuto chissà quanto, ma ad oggi sono soddisfatta di ciò che ho. Non ho avuto una famiglia, ma ne ho creata una tutta mia con tanto di cucciolo.
Ancora in macchina, mentre sono quasi fuori dalla periferia, la mia attenzione viene catturata da qualcuno che conosco bene. Rallento volutamente, cercando di non farmi notare da Igor. Sembra che non si tagli la barba da giorni, ha decisamente una cattiva cera ed è vestito in maniera pessima. La sua postura ingobbita e il cappuccio della felpa che ha in testa lasciano pensare che non voglia farsi vedere. Inoltre, cammina svelto sul marciapiede e tiene lo sguardo basso, comportamento alquanto strano dal momento che di solito, a quest'ora del pomeriggio, è già al locale. Gli do un'ultima occhiata dallo specchietto retrovisore e riprendo la mia corsa verso casa. Forse è solo una sensazione, ma ho l'impressione che stesse andando di fretta o... scappando da qualcuno?

Qualche minuto dopo, quando arrivo a casa, vengo subito accolta da Dobby che si sfrega sulle mie caviglie. Mi chino per prenderlo in braccio e lo accarezzo sulla nuca. Il gattino apprezza facendo le fusa.

«Sono a casa!».

Quando raggiungo il soggiorno, Dmitriy non si cura nemmeno del mio arrivo. O forse non se ne accorge. È seduto davanti la tv, totalmente catturato dal notiziario. Quando mi avvicino a lui per accarezzargli una spalla, sussulta.

«Non ti avevo sentita rientrare» dice sorridendo, ma con espressione preoccupata.

Mi chino a baciarlo e chiedo: «C'è qualcosa che non va?».

Lui annuisce e indica la tv. In un primo momento ho un sussulto. Il TG sta parlando proprio del Red Light Club. I titoli dicono:

SCANDALO PROSTITUZIONE AL RED LIGHT CLUB.
LOCALE POSTO SOTTO SEQUESTRO.

In televisione riesco a vedere la diretta della giornalista proprio davanti l'ingresso del locale.

«Sono state delle segnalazioni anonime a far partire le indagini al Red Light Club. Il locale è stato posto sotto sequestro, come vedete dai sigilli alle mi spalle. Da mesi, la procura di Mosca indaga sul caso, ma non erano ancora state raccolte le prove necessarie ad inchiodare il proprietario, Igor Petrov - al momento, unico indagato che però sembra essere irrintracciabile - che ha creato un vero e proprio impero della prostituzione e dello spaccio. Inoltre, nello scandalo sono coinvolte persone note al mondo dello spettacolo e anche personaggi della politica».

«L'ho appena visto...» sussurro.

«Di cosa stai parlando, Sana?» chiede Dmitriy, guardandomi serio.

«Igor. Hanno appena detto che non riescono a trovarlo, ma io l'ho visto mezz'ora fa, in strada. Stava... non lo so, forse scappava».

Sapevo che quell'atteggiamento non era normale. Sapevo che c'era qualcosa che non andava, i miei sospetti erano fondati e hanno avuto la conferma. Igor sta scappando. Racconto a Dmitriy ciò che ho visto e suggerisco di chiamare la polizia. Se lo cercano sarà meglio dare una mano alla giustizia.

«Ma sei impazzita, Oksana?!» ruggisce. «Chiamare la polizia sarebbe un suicidio! Non ce li scrolleremo di dosso finché non lo troveranno!» urla.

Mi faccio piccola piccola per aver avanzato la proposta e soprattutto per la reazione esagerata di Dmitriy. Anche Dobby, spaventato, nasconde la sua testolina sotto il mio braccio.
Perché non vuole collaborare? Non c'è nulla di male quando non si ha nulla da nascondere.

«Credo che dovremmo fare la cosa giusta» insisto. «Soprattutto se non hanno nessuna traccia».

Dmitriy sbuffa rumorosamente, come se cercasse di mantenere la rabbia sotto controllo e poi, con calma apparente, dice: «Noi non faremo proprio niente».

E poi mi fa sussultare nuovamente quando, dirigendosi a grandi falcate nel suo studio, sbatte la porta alle sue spalle.
Presa da un'improvvisa ondata di rabbia, metto giù Dobby e seguo Dmitriy a passo di carica. Faccio per aprire la porta ma è già chiusa a chiave.

«Apri questa cazzo di porta!» ordino, battendovi sopra i pugni. «Apri!».

Perché cavolo si comporta così? Mi deve immediatamente delle spiegazioni. Non può rifiutarsi di parlare anche con me. E poi, perché chiude il suo ufficio anche quando è in casa? So già che quella zona per me è off-limit, ma perché adesso si rifiuta persino di aprirmi? Busso ancora per qualche minuto e poi ci rinuncio quando capisco che non aprirà finché non lo deciderà lui.
Mi siedo così sul divano, prendendomi la testa tra le mani e scervellandomi del perché abbia reagito in quella maniera. Sento persino lacrime salirmi agli occhi per la rabbia e poi scoppio a piangere silenziosamente.

Sto quasi per addormentarmi quando improvvisamente sento suonare il campanello e, quando apro la porta, mi si gela il sangue nelle vene.

«Polizia di Mosca. Vorremmo parlare con Dmitriy Volkov».

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𝗧𝘂 𝗻𝗼𝗻 𝗺𝗶 𝗽𝗼𝘀𝘀𝗶𝗲𝗱𝗶Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora