Chapter XVII

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L'acqua la congeló sul posto, levandole per alcuni secondi il fiato dopo l'impatto. Si sentí andare giù, mentre tratteneva il fiato. Si rigirò su se stessa e spinse con forza con le braccia per muoversi dalla sua posizione, lenta, a causa della resistenza che la corrente opponeva ai movimenti del suo corpo. Quando sentí i polmoni al limite, quasi esplodere, risalí e buttò la testa fuori dall'acqua. Inspiró più aria che poté, tossendo. La gola le bruciava.
A fatica riusciva a stare nella stessa posizione. L'acqua la schiaffeggiava, riportandola ogni tanto sotto la superficie.
Si dette una forte spinta, e con le poche forze rimaste, raggiunse la riva. Allungò una mano, aggrappandosi con forza al fango ed alle foglie che erano lì. Si spinse con entrambe le braccia, sentendo tutti i muscoli in tensione e portò fuori dall'acqua metà corpo, collassando infine stanca sulla riva.
Tossí ancora, cercando di riprendere aria. Il respiro era accellerato, nel tentativo di riprendersi il più in fretta possibile.
La stavano seguendo. Doveva correre. Doveva avvisare tutti.

Stringendo i denti, per non gridare dal dolore, si tirò su. La sua gamba sanguinava copiosamente, e la ferita era sporca, sicuramente infetta. Si lasciò cadere con la schiena nel fango, tremando. Se la febbre fosse salita ulteriormente, si sarebbe bloccata lì, senza possibilità alcuna di sopravvivere.
Strappò un lembo della sua maglia, e poi uno della manica. Perfino la poca forza che usò, la fece sentire a pezzi, con i muscoli contratti dal dolore. Mise un pezzo della stoffa in bocca, dopo averlo avvolto su sé stesso e strizzato bene. Avvolse l'altro attorno alla gamba, sopra la ferita. Contò, nella sua testa.

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E Strinse il nodo. Le sue grida silenziose, bloccate dalla stoffa che stringeva tra i denti. Pianse, e si lasciò di nuovo andare a terra.  Sputò a terra, rimuovendo la stoffa, e rotolò su un fianco.
Non poteva arrendersi adesso. Non ora che era così vicina. Era scappata una settimana prima dalla casa del senatore. Non sarebbe mai tornata lì, a costo di uccidersi.
Le cicatrici sulla sua schiena, alcune delle quali troppo recenti per una ragazza di solo 19 anni, erano un segno del suo coraggio.

Catturata a solo 5 anni, aveva visto tutti morire:i suoi genitori, i suoi amici, i suoi fratelli. Lui l'aveva sempre definita fortunata. Quel viscido vecchio, la cui lussuria vaneggiava negli occhi.
Fin da bambina l'aveva guardata in un modo strano, ma mai aveva osato avvicinarsi a lei. Era una schiava e come tale era sempre stata trattata. Quel maledetto giorno però le rimbombava in testa. Il giorno in cui aveva scoperto di essere una di loro. Una Elementale.

Pioveva. L'uomo aveva ordinato da bere per lui ed un ospite, mai visto prima. A lei era stato assegnato il compito di portare loro il miglior liquore della casa, un liquore che mai aveva visto il senatore usare, nemmeno assieme ad altri Ex-e. Era salita, con non poca fatica a causa delle catene, nella loro stanza, ed aveva versato da bere per loro.
Se ne era andata, ignorando le occhiate lanciatale da quel verme. Era cresciuta, e con lei il suo fisico. Le tuniche dei Senatori non bastavano a coprire i cambiamenti che una donna affrontava. L'aveva afferrata per un braccio davanti all'ospite, tentando di convincerla a restare. Il suo sorriso viscido ancora le era impresso nella mente.

Strinse i polsi , dove i segni delle catene erano ancora forti.

Ricordava di essersi ribellata, mentre i due uomini tentavano di tenerla ferma. Qualcosa era scattato in lei. Una idea che mai, in quegli anni di schiavitù aveva provato: il desiderio di sopravvivere.
Aveva sentito il suo sangue pompare a mille, ed il suo corpo esplodere di un calore inusuale. Si era sentiva bruciare, ma non come una febbre. Le era parsa la stessa identica sensazione di quando si sta troppo vicini al fuoco. Quella sensazione era andata aumentando, sempre di più, sempre di più. Ed era esplosa, lanciando indietro il senatore ed il suo ospite. Lei si era guardata attorno, sorpresa. Spaventata. I due uomini invece, tirandosi su a fatica, la guardavano con odio. Ricordava solo che l'ospite aveva indicato fuori dalla finestra e che anche il senatore si era voltato.
La pioggia era ferma, statica, nello stesso punto. Come se galleggiasse nell'aria.
Era rimasta così per altri, troppo brevi, secondi, e poi aveva cominciato a ricadere, incessante, al suolo.
Il senatore l'aveva frustrata quel giorno, più del solito, insultandola con quel nome continuo: Elementale.

Era rimasta nelle segrete per 5 giorni. Poi la sua sentenza: morte. Era stata portata su uno strapiombo della zona, per essere spinta giù. Se non fosse morta sul colpo l'avrebbero finita loro. Ricordava la caduta :quegli infiniti secondi di vuoto, di sospensione in aria. E l'atterraggio di fortuna, quando dei rami avevano attutito la sua caduta, ferendola gravemente, ma non uccidendola.  Mentre gli uomini gridavano, decidendo chi doveva finirla, lei era scappata, correndo nella foresta.
Ed ora le davano la caccia.
Perché mentre serviva loro da bere, lei aveva sentito tutto. Aveva udito ogni singola parola scambiata dai due uomini. Ed ora era lei una minaccia.

Si ridestò dai suoi pensieri quando sentí urlare degli uomini. Erano vicini. Si tirò su di forza, e cominciò a correre inoltrandosi di più nella foresta. Doveva avvisare tutti. Doveva farlo. Corse, senza fiato, provando ad ignorare il dolore alla gamba, che la rallentava. Sapeva che a non molti metri di distanza, sarebbe arrivata a destinazione.
La casa del senatore era vicino alla  foresta che conduceva al territorio dei leoni del territorio dell'Aria. Se fosse arrivata fino lì, al confine, essendo Elementale avrebbe potuto sorpassare la barriera ed essere al sicuro. Sarebbe stata libera. Spinse di più sui piedi, per poi sentire un forte suono nell'aria, rimbombare tra i rami, e la spalla bruciarle.

-"l'ho presa di striscio!"
-"non fartela scappare!"
-"ammazzala!"

Ignoró la ferita e corse più forte. Doveva solo arrivare al limitare della foresta, doveva solo resistere. Sentiva il cuore pompare a mille e la testa cominciare a girarle per via del troppo sangue perso. Non poteva fermarsi adesso, non doveva. Si appoggiò al tronco di un albero per pochi secondi, e riprese poi la sua corsa, braccata come un animale. Un altro sparo echeggiò nell'aria, schiantandosi sopra la sua testa contro uno dei rami. Lei si chinò di scatto e si inoltrò ancora di più. Riuscì a vedere la luce. Era quasi fuori. Ce l'aveva quasi fatta!
Aumentò la velocità , sentendo gli uomini gridare dietro di lei.

Uscita dal bosco, un'amara sorpresa l'attese. Poco lontano vedeva la grande muraglia che separava il territorio dei leoni da quello al confine con la barriera del territorio dei Kamul. La barriera magica che circondava la zona scintillava contro la luce del sole. Doveva solo attivare la sua magia e oltrepassarla.
Ma davanti a lei, in tutta la sua maestosità, stava una cascata. Per sorpassare la barriera doveva passare la cascata.
Sentí gli uomini armare le armi, da entrambe le parti: dietro di lei, i suoi inseguitori, davanti, le vedette leonine. Il sangue le arrivò alle orecchie.
I leoni le intimavano di fermarsi dove era, urlando, puntandole le armi contro ; i suoi bracconieri erano dietro di lei, pronti a fare fuoco.
Morire adesso. Questa era l'opzione che le stavano dando entrambi le parti: morire tornando indietro, morire andando avanti. Ma che senso aveva cedere in quel momento, dopo tutto quello che aveva fatto?
Il rumore della cascata le vibrava forte nelle orecchie, attenuando tutti gli altri rumori. Guardò verso i leoni, nascosti dietro quella immensa muraglia e quella invisibile barriera. Sapeva cosa vedevano: una Kamul, sporca di sangue e terra, con i vestiti strappati, che tentava di superare la barriera. A loro non importava chi era, o perché era lì. Non importava, perché non sapevano cosa lei aveva da dirgli.
Ma lei non era lì solo per loro, era lì per sé stessa, per la sua famiglia uccisa, per i suoi amici.
Era lì per tutti coloro che non avevano scelto di essere schiavi, che non  avevano mai assaggiato la libertà.
Perché lei era Sandara, della oramai estinta tribù dei Sitith.
Lei, unica superstite, sarebbe stata da esempio per tutti, da viva, o da morta.

Prese la rincorsa, e si buttò. A farle eco, in sottofondo, solo le grida di qualcuno e due spari nell'aria.





Chi sarà mai questa ragazza che sta rischiando la vita per andare dai leoni? Cosa avrà sentito, di così importante nel territorio dei Kamul, da spingerla a provare a superare la barriera?
E come ha fatto, in un territorio in cui la magia è bloccata a causa della barriera eretta da Althea, ad usare i suoi poteri Elementali?
Sopravviverà per svelarvi, qualunque esso sia, il suo segreto?

A presto con un altro aggiornamento.
Baci, Belle

Elemental series : Fire withinWhere stories live. Discover now