Chapter XXII

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Era rimasto lì a fissarla per interminabili ore. Distesa su quel lettino, rannicchiata su sé stessa. Attorno a lei, una immensa teca la quale bloccava ogni singolo passaggio della luce solare. La stanza stessa era al buio più completo.
L'unica luce proveniva dal corpo di lei: le sue macchie la illuminavano delicata, lasciando intravedere ai suoi occhi stanchi la linea del suo corpo. La sua schiena, coperta di quelle macchie fluorescenti blu, lasciava vedere il suo corpo muoversi lentamente, respirare tranquillo.
Al buio, le sue ferite si stavano rimarginando più velocemente, ed il sangue aveva smesso di fuoriuscire copioso dalle ferite. I medici l'avevano ripulita, ed ora se ne stava distesa tra lenzuola candide ed una veste linda. Le uniche ferite non ancora rimarginate erano quelle più vecchie,che oramai avevano lasciato segni indelebili sul suo corpo.

Kan si chiese, passandosi una mano nella sua criniera leonina, se quelle ferite non avessero lasciato uno squarcio non solo sul suo corpo, ma anche nella sua anima. Una vita passata in schiavitù ; nemmeno riusciva ad immaginare cosa doveva aver passato.
Una lieve luce entró dalla porta, aperta da un dottore per entrare nella stanza. Lasciò passare l'uomo, dietro di lui altri dottori che portarono nella stanza una miriade di fiori.
Erano tutte specie floreali tipicamente notturne. Creare un ambiente attorno a lei il più simile possibile a quello che avrebbe trovato nella foresta d'origine pareva farla stare meglio.
Ci era voluto molto per trovare quelle piante. Qualche ora prima aveva mandato alcuni suoi uomini  nella foresta oltre la barriera per coglierne alcuni esemplari e portarli da lei.
Kan giró attorno alla teca, per poi entrare a sua volta. I dottori uscirono silenziosi dalla stanza.

Quei fiori erano molto particolari; ne osservò alcuni, rapito.
Mai aveva visto fiori così strani: alcuni, chiusi su sé stessi, avevano petali attraversati da quelle che sembravano strisce, altri maculati come la pelle della ragazza. I più grandi erano stati posizionati vicino al cuscino; emanavano un odore dolciastro, simile a quello che poteva avere la cannella .
Storse il naso, non aveva mai particolarmente amato le cose dolci, eppure quel giorno sembrava non dargli poi così fastidio.

Osservò la ragazza. Qualcosa in lui, nonostante dovesse esser già fuori di lì a gestire la situazione, ad impartire ordini, lo spingeva a restare. Come una forza invisibile, che gli diceva "aspetta, aspetta e vedrai".
Era strano per lui; aspettare cosa?
Il leone dentro di lui, lo spinse a sedersi sul letto della ragazza. Sotto il suo peso, il materasso si piegò, spostando leggermente anche la giovane .
Un leone della sua stazza, su un letto così piccolo, lo avrebbe mandato in frantumi. Si alzò dunque lento, anche se il suo corpo protestó vivamente. Scosse la testa, non capendo dove la sua parte animale volesse andare a parare.
Nell'alzarsi, il corpo della Sitith si mosse di nuovo e una sua ciocca di capelli le cadde sul viso.
Un semplice fatto, che parve però mandarlo in confusione . La delicatezza con la quale quella ciocca di capelli ribelle si era poggiata sulla guancia della ragazza, la sua pelle pallida, leggermente chiazzata di rosa, in netto contrasto con la sua pelle maculata blu. Da quando faceva caso a queste cose? Lui aveva centinaia di donne, come qualsiasi altro leone del branco. Così era la loro specie. Allora perché faceva caso ad ogni più piccolo dettaglio di quella ragazza? Era di sicuro apprensione. Non vi era altra spiegazione. Dopo quello che era successo, si stava semplicemente preoccupando. Tutto lì. Adesso la ragazza era sotto la sua giurisdizione, ed essendo così si doveva occupare di lei. Quando si sarebbe svegliata la sua ansia se ne sarebbe andata e sarebbe tornato il leone di sempre.
Avvicinò una mano al volto di lei, e le scostò la ciocca di capelli dietro l'orecchio. Di nuovo un forte odore di cannella, stavolta più speziato, più forte di quello proveniente dai fiori, arrivò al suo sopraffino olfatto. 
La giovane si mosse leggermente, spostandosi, ed aprí gli occhi.

Sandara

Si sentiva strana. Non ricordava che l'acqua potesse essere un posto così confortevole. Si sentiva adagiata sul morbido, rilassata, e percepiva un buon odore nell'aria. Cannella. Si, cannella. Le ricordava tanto quando la sua mamma le cucinava qualcosa con i fiori presenti nella foresta; quei fiori così buffi, che mandavano lo stesso odore di quella spezia. Ne raccoglieva sempre molti , nella speranza che la madre le permettesse di tenerli in camera. Adorava quel profumo. Sapeva di casa.
Se era così che ci si allontanava dalla vita, non aveva rimpianti. Forse il profumo di cannella indicava che aveva già raggiunto la madre e la sua gente? Si mosse, i suoi occhi, stanchi, non volevano aprirsi. Voleva vedere, era curiosa.
Era tanto che non si sentiva così, come su una nuvola: senza pensieri, senza preoccupazioni. Lontana da tutto l'incubo che aveva vissuto in quei lunghi anni.
Poi, qualcosa la distrasse.
Un altro odore.
Era strano. Non lo aveva mai sentito prima. Riusciva ancora a percepire la cannella, ma in sottofondo c'era altro. Questo particolare odore le stuzzicò il naso,pizzicandola. Lo respiró a fondo. Sapeva di fresco, di energia. Riusciva a sentirlo vicino a lei.
Lo identificó : menta. Si, era odore di menta. Che strano. Qualcosa di caldo si posò sulla sua guancia, ed il suo corpo ebbe una strana reazione. Un brivido. Eppure non aveva freddo. Anzi, caldo. Aveva molto caldo.
Il suo corpo, avvolto da quel tepore, parve lentamente risvegliarsi. Sentiva l'energia scalciare prepotente nelle sue gambe, anche se esse non si erano mosse di un millimetro. E qualcosa nella sua testa, spingerla ad aprire gli occhi, dicendole "svegliati, e vedrai".
Ma vedere cosa? Stava così bene lì, doveva proprio farlo? Il corpo, contro la sua volontà, come se controllato da un'altra entità, uscì lento dal suo torpore, e lei si trovò voltata sulla schiena.
Oramai spostata dalla posizione nella quale si era trovata a suo agio fino a quel momento, aprí pigra gli occhi.
Attorno a lei, tanto buio. Le macchie della sua pelle, rimandavano una lieve luce bluastra. Era tanto che non vedeva quelle macchie, visto che di notte aveva sempre dormito profondamente, troppo stanca a causa dei lavori eseguiti durante il giorno. Qualcosa si mosse accanto a lei, e si voltò lenta, curiosa.

Quando lo fece, i suoi occhi incontrarono due dolci iridi gialle, feline. Le vedeva ingrandirsi, prendere sempre più spazio, prepotenti, sugli occhi  umani di fronte  a lei. Rapita da quello sguardo, sentí anche i suoi occhi cambiare, lasciando spazio alla sua parte animale. I due occhi non si staccarono mai. Si incrociarono, legandosi, parlandosi in una lingua sconosciuta alle loro controparti umane. Quando questa silenziosa conversazione finí, sentí i suoi occhi tornare umani, e davanti a lei comparve, ben visibile nel buio, un uomo.
Fece suo, come un assetato nel deserto, ogni singolo dettaglio di quel volto, chinando la testa di lato, curiosa.
Nel fare quel piccolo gesto, la sua gola emise un verso, dolce; un verso ricco di curiosità, un tratto distintivo dei cuccioli .
La mente, sgombra da tutto. Menta. Lui odorava di menta. Quell'odore parve scuotere qualcosa, nella sue profondità. Le macchie sulla sua pelle brillarono con prepotenza, illuminando di più la figura di fronte a lei: un leone. Riconosceva la sua chioma, era un leone adulto, un esemplare forte.
Percepí le sue pupille ingrandirsi per veder meglio, e di nuovo emise, inconsciamente, quel piccolo dolce suono.
Si alzò leggermente sui gomiti, per osservarlo meglio. Lui parve bere dai suoi occhi, un gesto così intimo che la fece palesemente arrossire.
Lo osservò sedersi sul letto, accanto a lei, e lo guardò stupita quanto lo era lui.
-"ciao" - le disse semplicemente.
-"ciao" - rispose lei, in un sussurro.

Ed i fiori attorno a loro fiorirono uno ad uno, riempendo la stanza di mille luci bioluminescenti. Mille odori invasero quel posto, ma solo due erano davvero importanti : menta e cannella.

Elemental series : Fire withinWhere stories live. Discover now