0.5 • angelized

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"Stenditi con me

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"Stenditi con me."

Le sue parole continuavano a rimbombare nella mia mente come una sinfonia sconclusionata: tanto ricca di alti, di acuti, quanto di bassi e monotonie.

Non riuscivo fare a meno di pensarci, di sentirle ripetersi nella mia mente come una sensazione che, nonostante i vari tentativi, non voleva farsi dimenticare.

E continuavo a darmi della stupida, del disastro, perché, se fossi stata una delle tante, probabilmente avrei riso davanti ad un'offerta simile, o magari accusato Christopher di essere un pazzo, ma, invece, non feci assolutamente nulla.

Rimasi semplicemente immobile, seduta sul mio letto con le mani strette alle caviglie e lo sguardo puntato sui suoi occhi, che non erano altro che due rubini brillanti.

E' difficile, dare un nome a quello che stessi provando, perché, interiormente, nemmeno io riuscivo a capirlo: mi sentivo come se fossi ad un passo dal perdere il controllo, ma quello era impossibile.

Non si può perdere qualcosa che non si possiede ed io, il controllo, non lo avevo mai avuto.

"Probabilmente, devo essere sembrato molto più insolente di quanto avessi pensato." Christopher ridacchiò, nascondendo la poco velata delusione dietro allo scherno. "Non era mia intenzione."

"Sul serio?"

Quella domanda uscii dalle mie labbra ancor prima che riuscissi a pensarla, ma, in realtà, nemmeno me ne sorpresi.

Era ovvio che Christopher, fin da quando aveva varcato la soglia della mia cella, appena un giorno prima, si era imposto, nei miei confronti, con un'importanza che mai avevo mostrato di volergli concedere.

Giustamente, mi vedeva solo come la povera ragazza non accettata dalla società, e quindi ben disposta a cedere se abbastanza incentivata.

Però si sbagliava, e di molto, perché sì, ero sola, ma essere soli non significa essere disperati o deboli.

Lui, comunque, continuava nel suo tentativo di stuzzicarmi, andando a stendersi sul suo letto e lasciando volontariamente un ampio spazio nella mia direzione, quasi a volermi tentare a raggiungerlo.

Era forse il suo ego, ciò che gli dava una così tanta sicurezza?

"Forse," ribadì, ritrovando il suo solito tono di scherno, ben lontano dall'insolita serietà che avevo letto nei suoi occhi quando, una volta osservato il mio dipinto, si era rivoltato verso di me.

In quel momento, mi sembrò di vedere un'altra creatura: ben lontana dal Demone, e molto più vicina agli eroi dei miei libri.

Tutta una menzogna, probabilmente: uno scherzo della mia mente, ancora così poco abituata a leggere le emozioni altrui, non faceva altro che confondere l'una per l'altra.

Angeli e DemoniWhere stories live. Discover now