06 • complici

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Era già buio quando io ed Adam fummo di nuovo al villaggio e, per tutto il tragitto, nessuno aveva proferito parola

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Era già buio quando io ed Adam fummo di nuovo al villaggio e, per tutto il tragitto, nessuno aveva proferito parola. Lui, forse pensava ai subdoli piani della madre; io, invece, pensavo ad Aima.

Adam aveva detto che quelle torce erano dei demoni, ed era palese che fossero molto più vicino del previsto, e questo poteva significare una sola cosa: Aima stava peggiorando.

Ne ero certa, perché, nelle mie settimane nei boschi, ero riuscita a studiare, quindi in parte a capire, le strategie delle guardie che mi seguivano: sempre vicine al lago o alle zone abitate, mai oltre ad un certo raiting di spazio.

Gli angeli stavano certamente seguendo una strategia, e pensavo fosse lo stesso anche per i demoni ma, ora, non ne ero più tanto sicura, così come non lo ero riguardo a cosa sarebbe potuto succedere se Aima mi avesse trovato.

Lo avevo lasciato col cuore spezzato, in procinto di essere arrestato dagli angeli per aver ucciso uno di loro in nome del mio amore, oltre che sinceramente furioso. A quanto avevamo saputo da Isaie, la nostra spia, era scappato dal castello nel caos dato dalla mia fuga, e si era rintanato alla Corte, di cui aveva chiuso le porte: gli unici che potevano entrare o uscire dalla fazione erano le guardie che mi stavano cercando.

Lui la vedeva quasi come una gara, una questione d'onore: doveva essere lui a trovarmi per primo, perché questa sarebbe stata solo l'ennesima prova del legame che lui credeva ci unisse.

La cosa iniziava sinceramente a intimorirmi.

"Stai bene?"

Sollevai lo sguardo, notando Adam fermo davanti alla porta del mio appartamento, con la fronte corrugata e gli occhi verdi di una sfumatura più scura del solito. Brillavano nonostante il buio.

"Sì, stavo solo pensando. Non ti preoccupare," dissi, ma ero sincera solo in parte.

Lui annuì, cauto come il suo solito, ed entrò per primo nel locale, bloccando immediatamente i suoi passi. Subito dopo, ne capii il motivo.

Lily stava tagliando i capelli ad Ivar, e la cosa, di per sé, sembrava già insolita, anche senza aggiungere tutte le scartoffie di snack lasciate ai loro piedi e il fatto che stessero parlando aninamente fra sorrisi e battutine.

Quello era uno spettacolo di cui non ero certamente pronta.

"Marine, eccoti!" Ivar balzò giù dalla sedia, venendomi contro con un sorriso smagliante, prendendomi per mano. "Lily ha detto che convincerà Megan a curarmi, così anche io sarò normale."

"Oh, ma è fantastico," commentai, e, per quanto la notizia fosse davvero ottima, la sorpresa aveva letteralmente sommerso ogni cosa. Da quando Ivar era...entusiasta e giocherellone?

"Lily sa bene che passeranno mesi prima che questo accada," esclamò Adam, serioso, sedendosi sul letto della ragazza, che subito lo intercettò, voltandosi verso di lui. "Dovrai aspettare la primavera."

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