03 • odio

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E il risveglio si materializzò nel suono di un corno stridente, capace di far rizzare le penne anche ad Ivar, un tempo assopito, e far imprecare l'ancora più addormentato Aima

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E il risveglio si materializzò nel suono di un corno stridente, capace di far rizzare le penne anche ad Ivar, un tempo assopito, e far imprecare l'ancora più addormentato Aima.

"Cazzo," lo sentii biascicare, alzando le coperte sin sopra la fronte, quasi bastasse quel leggero strato di stoffa per salvarlo dal terribile suono.

"Che cos'è?" Chiesi, ancora confusa, continuando a restare in allerta: nemmeno mi ero accorta di essermi addormentata e, dalla finestre coperte dai pesanti drappeggi, ora si scorgeva una tenue luce naturale.

Il sole.

Aima si riscosse, nel suo lato, rimettendosi bruscamente seduto e sbuffando con pesantezza. Si vedeva che l'idea di alzarsi non lo attraeva, e il modo in cui i suoi capelli neri schizzavano da ogni lato e il gonfiore dei suoi occhi lo facevano sembrare insolitamente indifeso.

Non che un velo di tenerezza potesse farmi dimenticare chi fosse, comunque.

"E' la sveglia per i soldati," spiegò, passandosi le mani sugli occhi, cercando di distarsi. "La colazione è pronta."

"E io cosa dovrei farci?" Domandai, mentre lui si rialzava, nascondendosi oltre la porta del suo bagno privato.

Ivar, intanto, mi fissava come se volesse beccarmi selvaggiamente.

"Tu devi cambiarti." La mano di Aima sbucò dal bagno, lanciandomi addosso alcuni vestiti sicuramente maschili. "Puzzi da morire."

"Non mi va di usare il bagno di uno sconosciuto," brontolai, mentre lui usciva da questo, ora con i capelli sistemati e dei vestiti diversi.

Mi lanciò uno sguardo torvo, alzando appena il sopracciglio. "Vuoi forse che ci pensi io? Sono certo che riuscirei a rendere le cose piuttosto piacevoli per entrambi."

Trattenni a stento il disgusto sul mio volto, limitandomi a strisciare fuori dal letto e dirigermi verso il bagno con i suoi vestiti stretti al petto.

"Non c'è bisogno di essere maleducati," commentai, a fior di labbra, mentre gli passavo vicino.

"Questa è la mia educazione," ribatté lui mentre gli sbattevo la porta in faccia.

Sospirai, stanca, appoggiandomi con pesantezza contro la porta, lanciandomi uno sguardo intorno: anche qui, solo estese superfici di marmo nero e sbarre alle finestre.

Insolitamente, però, notai che il bagno di Aima era provvisto di vasca, cosa mai vista nel castello di Ethos: un oggetto troppo inutile e dispendioso per essere degno delle sale reali.

Cercai di accantonare l'idea di poterla sperimentare e mi avvicinai allo specchio del lavabo, notando, quasi immediatamente, l'insolito pallore della mia pelle e la cicatrice sulla mia fronte.

C'era da dire che Aima, quando colpiva, sicuramente lo faceva con la più totale intenzione.

Mi lavai velocemente e mi concessi anche di indossare gli abiti del demone che, al contrario di quelli di Ethos ed Isaie, mi stavano così larghi da risultare quasi di impiccio per le mie mosse, sottolineando, per l'ennesima volta, la supremazia fisica del demone sui suoi rivali.

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