08 • va tutto male

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"Nessuno ama davvero Megan: è una brutta persona, sai?"

Lily continuava a bere in silenzio la sua zuppa, tenendo i piedi stesi davanti a sé e la schiena dritta contro il muro esteriore della sua capanna.

Quella sera, aveva deciso di cenare all'aria aperta, sostenendo che fosse una notte serena: in realtà, io stavo morendo di freddo, ma le stelle brillavano davvero nel cielo.

"Lei vuole che io ed Adam ci sposiamo, e non perché teme per noi, ma per renderci i suoi schiavi personali." Scossi il volto, ancora sconcertata dalle parole della donna. "Pensavo di essere scappata da tutto questo."

"La cattiveria è ovunque, Marine, anche nei luoghi più ospitali." Lily mi lanciò uno sguardo, puntandomi il cucchiaio di ferro contro. "Anzi, è quando c'è la pace che i deboli iniziano ad annoiarsi: per questo scoppiano le guerre. Noia e sete di potere."

"A me questo mondo non piace," ammisi, sinceramente. "E questo che state creando voi è marcio sin dalle radici, come potete pensare che possa essere migliore?"

Lily scosse le spalle, risoluta. "Non lo so: speranza?"

Io avevo sperato per giorni, mesi, anche anni, di vedere la porta di quella cella aprirsi e sentirmi finalmente libera ma, anche una volta accontentata, le cose non avevano mai iniziato ad andare bene.

Le gente, di speranza, ci muore, ed io avevo deciso di smettere.

"Comunque mi dispiace per Ivar," dissi, tentando di cambiare discorso. "Per colpa mia non potrà essere curato in tempo e dovremo aspettare la primavera."

In realtà, era la preoccupazione, più che il dispiacere, a bloccarmi la mente: Ivar se n'era andato da ormai un giorno e, secondo i calcoli, sarebbe già dovuto tornare. Perché non era ancora arrivato? Non potevo pensare che gli fosse successo qualcosa.

"Non ti preoccupare, tanto Megan non mi avrebbe mai dato il permesso." Lily posò sul grembo la ciotola vuota, respirando a pieni polmoni. "Non importa quanto sia nuovo il mondo, chi è diverso viene sempre accontentato per ultimo."

La osservai, sinceramente afflitta per il suo pensiero: fra una cosa e l'altra, non avevo mai avuto il tempo di parlare con lei, magari di capirla, al contrario di Ivar.

Loro sapevano cosa significava essere visti come i diversi, i mal accettati, ma, in realtà, anche io facevo parte di quella fetta della popolazione, quindi perché non tentare di unire le forze? In fondo, se Ivar si fidava di lei, non vedevo perché non potevo farlo anche io.

"Adam mi ha invitato al ballo del solstizio, ma io devo ancora rispondergli."

"Adam ti ha invitato al ballo?" Ripeté lei, alzando un sopracciglio e portandosi la mano al petto, sconvolta. "Santo cielo, è davvero cotto quel ragazzo."

"In realtà, mi ha invitato come amica," puntualizzai, ma lei si limitò a scuotere il volto, sarcastica.

"Marine, tesoro, Adam è una persona sola, molto sola, e il semplice fatto che tu sia qui risveglia in lui qualsiasi istinto ormonale che sua madre ha tentato di nascondere durante tutta la sua vita." Lily sospirò, passandosi le mani sul viso. "Non dico che tu non gli piaccia veramente, ma credo che ci sia molta finzione in quello che lui crede di provare. E' come quando, per la prima volta, ti scopri in sintonia con qualcuno e credi sia amore, ma non lo è: esiste solo nella tua testa."

Un'illusione, una ben costruita: quella che credevo di aver avuto con Ethos.

Solo ripensare alla prima volta in cui l'avevo visto, alle nostre prime parole, alla sconvolgente scoperta di poter andare d'accordo con qualcuno, le mie gote si infiammarono, costringendomi a distogliere lo sguardo, pur sapendo che Lily non mi avrebbe visto comunque.

Angeli e DemoniWhere stories live. Discover now