22 • senza difese

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Aima si era addormentato dopo circa un'ora di lamenti, borbottii e sbuffi a cui io dovetti faticosamente dare corda

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Aima si era addormentato dopo circa un'ora di lamenti, borbottii e sbuffi a cui io dovetti faticosamente dare corda.

Ormai avevo mal di testa, la nausea e la persistente mancanza di ossigeno: mi sentivo soffocare, e, se avessi dovuto sopportare un solo altro insulto nei confronti degli angeli sarei sicuramente svenuta.

Ethos, per fortuna, era stato così gentile da rilegarci nella mia vecchia stanza, e, almeno, potevo silenziosamente trarre un po' di conforto nei ricordi, per quanto, condividere quel letto con qualcuno che non era Isaie, fosse strano.

"Aima?" Sussurrai, osservando il suo viso, ma il demone non si fosse di un millimetro, forte della stanchezza dovuta al viaggio e lo stress dell'incontro.

Non si sarebbe accorto di nulla.

Scesi dal letto, restando semplicemente con le calze per non fare troppo rumore, e, a passo leggero, uscii dalla stanza: finalmente, tornai a respirare.

Mi scostai i capelli dal volto e infilai le mani nelle tasche della felpa blu, prendendo a camminare per il corridoio, notando solo qualche sporadica guardia.

Non ebbi paura ad osservarle, perché, fortunatamente, ero riuscita a convincere Aima a procurarmi delle nuove lenti - riparandomi dietro la scusa che non avrei voluto dare troppo spettacolo -  e, nonostante fossero rosse, era sicuramente meglio mantenere la mia copertura da demone piuttosto che mostrarmi per quello che ero davvero.

Sfiorai le pareti bianche, cercando di ricordare ognuna di quelle sensazioni che mai ero riuscita a dimenticare: quelle mura monocolore erano state il mio mondo per la maggior parte della vita e, per quanto potesse sembrare sbagliato, non avevo ancora trovato nulla che mi facesse sentire più al sicuro.

Sarà stata una prigione, ma quella cella era pur sempre l'unica casa che avessi mai conosciuto.

Ed era proprio lì che mi portarono i miei piedi, in quella stanza dove tutto era iniziato, e, dove, probabilmente, sarebbe dovuto restare.

Sfiorai la maniglia dorata della porta, notando che la serratura era stata privata dalla sua chiave, ormai completamente inutile.

Avevo sognato per decine, centinaia, migliaia di notti di vedere quella porta aprirsi, e, finalmente, il muro era stato sfondato.

Spinsi con delicatezza la porta, incurvando subito la fronte quando notai che, a quanto pare, non ero stata l'unica ad avere avuto un'inspiegabile crisi nostalgica quella notte.

"E tu cosa ci fai qui?" Chiesi, sorpresa, notando Ethos, vestito malamente e con i piedi nudi, seduto sul pavimento e con le spalle appoggiate al muro.

"Probabilmente, quello che ci fai tu," disse, sereno. "Cerco una fuga."

Alzai il sopracciglio, sinceramente colpita dalle sue parole, e poi chiusi la porta, tornando a guardarlo. "Pensi che ci sia ancora posto per me?"

Angeli e DemoniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora