16 • cuori nell'ombra

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Mi sentivo ripetitiva nei miei pensieri

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Mi sentivo ripetitiva nei miei pensieri.

Ogni qual volta chiudessi gli occhi, ogni qual volta mi guardassi intorno, o anche solo stessi parlando con Isaie, lui era lì, impigliato nella mia mente.

E non lo capivo, non ci riuscivo, e questo mi faceva uscire di testa, perché ero convinta di non voler dare ad Ethos più importanza di quella che meritasse, ma, al momento, nemmeno riuscivo a capire quale fosse limite.

Lo avevo conosciuto come Christopher, una personalità che forse non mi era affine, ma che, comunque, nella miseria in cui eravamo rinchiusi, potevamo trovare un punto in comune, e poi era diventato Ethos, il principe angelo, perfetto nella sua morale, di cui portava anche il nome.

Quella versione non mi apparteneva affatto, nemmeno una sfumatura: io ero una reietta, uno scherzo del destino, un completo disastro.

Mentre Ethos, beh, lui era perfetto.

Eppure, nonostante tutto, qualcosa in me sembrava non volerlo lasciarlo perdere, come un peso nello stomaco che mi opprimeva ogni qual volta lui ponesse i suoi occhi su di me.

Un suo complimento, una sua tenerezza, fatta quasi per sbaglio, mi facevano sentire...strana, in un modo che non provavo con nessun altro – nemmeno con Isaie, con cui avevo un rapporto addirittura più intimo: questi sentimenti, per me, erano semplicemente inspiegabili.

E mi detestavo, e lo detestavo, anche se sapevo che Ethos non aveva colpe: in fondo, vedevo come una certezza il fatto di non essere così rilevante per la sua vita.

Un oggetto -  uno che lo stava deludendo nel suo piano di vittoria: ecco cos'ero, e fingere che non mi importasse ormai risultava sempre più difficile.

La mia testa stava per scoppiare, ed io non avevo la più pallida idea di cosa fare per fermarla.

Forse, avrei dovuto semplicemente scoppiare.

"Marine?"

Strabuzzai gli occhi, spostando velocemente lo sguardo sul ragazzo dai capelli rossi seduto dall'altro capo del piccolo tavolino quadrato, imbandito per la cena: aveva un sopracciglio alzato, segno che, probabilmente, mi ero persa nei miei pensieri per un po' troppo tempo.

Come al solito.

"Ci sono," dissi, semplicemente, fingendo un sorriso che non lo convinse affatto. "Hai assaggiato la pasta? Sembra buona."

"A che cosa stai pensando, Marine?" Ribatté lui, velocemente, togliendomi ogni possibilità di tergiversare.

Strinsi le labbra, contrita, continuando a stuzzicare con la forchetta i maccheroni che avevo nel piatto, non sapendo che fare: se avessi detto la verità a Isaie, probabilmente lui mi avrebbe deriso, oppure rimproverato per i miei stupidi sentimenti, e, soprattutto, non potevo non tener conto di quanto imbarazzo ne sarebbe derivato.

Angeli e DemoniWhere stories live. Discover now