10 • mai più sola

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Le ore passarono e, in loro assenza, crebbe l'ansia per l'imminente festa

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Le ore passarono e, in loro assenza, crebbe l'ansia per l'imminente festa.

Ivar, con la sua solita verbes, mi aveva assicurato che non sarebbe stato nulla di cui preoccuparsi, e, che, comunque, nessuno avrebbe osato toccare un esserino tanto fragile come me: per quanto apprezzassi il suo sforzo, non mi fu davvero utile.

Ero seduta sul pavimento, bloccata davanti all'armadio aperto in cui avevo raccolto tutti i vestiti prestatomi da Aima in quelle poche settimane di permanenza, e, senza un'apparente ragione, mi sentivo come se non avessi nulla da mettermi.

Forse era solo una questione di testa, di sensazioni, ma più osservavo le numerose felpe extra large e i pantaloni sgualciti, capivo che non sarebbero andati bene per nessuna festa: a quanto ricordassi, nei party degli angeli non si andava di certo con le scarpe da ginnastica.

Sbuffai, esausta, e poi mi stesi sul pavimento a braccia aperte, prendendo, così, a contemplare il soffitto nero della mia nuova stanza, quasi vi potessi trovare una qualche risposta fra le incrostazioni: non fu così.

Un completo disastro.

"Si può sapere cosa ci fai sul pavimento?"

Il volto di Ivar comparì sopra di me, a rovescio, e, mentre gli osservavo la sua smorfia da sotto sopra, io, in modo molto maturo, misi il broncio.

"Non ho nulla da mettermi."

Il vampiro alzò un sopracciglio, perplesso, e capii perfettamente dalla sua espressione che, se solo avesse potuto, mi avrebbe dato uno schiaffo, tanto per vedere se sarebbe servito per darmi una svegliata.

"Bambina, non smetti davvero di sorprendermi," ammise, sprezzante, allungando una mano verso l'armadio, da cui prese dei vestiti per sé.

"Perché non suona esattamente come un complimento?"

"Perché non lo è," ribatté lui, abbottonandosi con cura una camicia nera. "Non hai forse notato che, mentre eri sotto la doccia, ti hanno consegnato un pacco?"

Corrugai la fronte, sinceramente perplessa, e subito mi voltai verso la scrivania, là dove un pacco bianco spiccava sul nero della vernice del mobilio. "Credevo fosse il tuo regalo per Serena."

"Il mio regalo per Serena?" Ripeté il vampiro, e mi sembrò quasi sul punto di vomitare. "Lei dovrebbe ringraziarmi solo per non aver attentato al suo pudore prima della maggiore età."

Sbuffò, sconcertato, e si andò a rinchiudere in bagno – probabilmente per sistemarsi con cura il ciuffo di capelli castani – lasciandomi sola con la grande scatola bianca.

Gattonai sul pavimento sino a raggiungere la scrivani e poi presi il pacco, iniziando a scartarlo sul pavimento con un'insolita curiosità a farmi formicolare le dita delle mani: se qualcuno aveva deciso di farmi un regalo, le possibilità sul mittente erano davvero poche.

Angeli e DemoniWhere stories live. Discover now