14 • bersaglio

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"Quindi non si arrenderà."

Ethos era appoggiato contro il cancello del parapetto, il volto pallido teso sotto la luce bianca della luna.

Il viaggio di ritorno dalla Corte era stato teso, deludente e, soprattutto, silenzioso – non avevo avuto il coraggio di parlare di ciò che era successo con Aima, del fatto che fosse tutta colpa mia – ma, una volta tornati al Popolo, era stato anche peggio.

Per fortuna, Ivar e Lily avevano preferito chiedere a Isaie, capendo il mio malumore, mentre Adam non si era fatto proprio vedere, immaginando dal mio silenzio che, alla fine, avesse avuto ragione nel dire che Aima non mi avrebbe ascoltato.

Con Ethos, invece, ero stata costretta a tirare fuori il coraggio – non potevo semplicemente lasciar perdere – e, alla fine, gli dissi tutto, rimanendo senza fiato.

Avrei voluto piangere, tanto, ma non lo feci, sapendo che non sarebbe stato il caso: se mi fossi arresa in quel momento, ero certa che non avrei più ritrovato le forze, ed io ne avevo disperatamente bisogno.

"Ha detto che inizierà la guerra domani," spiegai, diretta. "A questo punto, forse dovremo seguire il vostro piano."

Ethos si morse il labbro inferiore, osservandomi da lontano mentre, con tristezza, continuavo a torturarmi il bordo del maglione. Ero stata un'illusa, una delusione completa.

"Non è colpa tua."

Sollevai lo sguardo, tirando un leggero sorriso. "Grazie per l'aiuto, Ethos."

"Non lo dico tanto per dire," continuò, fissandomi con l'azzurro delle sue iridi sottili. "Tu non sei una demone, non una completa almeno, e non potevi capire ciò che Aima stava provando."

"Ma ora lui inizierà una guerra, Ethos, per punirmi, ed io non posso pensare che qualcuno potrebbe morire per questo."

"Marine, adesso basta." Ethos sospirò, avvicinandosi a me, arrivandomi sin di fronte, così da non lasciarmi sfuggire. "Smettila di incolparti."

"Come?" Chiesi, confusa.

Ethos lo sembrava tanto quanto me, ma cercò di non mostrarlo troppo, tanto per non farmi pesare la situazione. "Marine, io-"

"Ethos, quale gioia!"

Megan Marshall, in tutto il suo splendore, svolazzò verso l'angelo, sorridendogli con gentilezza. Sembrava essere tornato il solito zuccherino. "Ethos, signore, potrei parlarti?"

"Parlare con me?" Chiese lui, e sembrava sinceramente stupito da quella richiesta – e come biasimarlo. "Ora?"

Megan continuava a sorridere. "Immediatamente."

Storsi il naso, incerta, ma, quando Ethos tornò a guardarmi, cercai di nascondere ogni perplessità.

"Torno subito, okay? Aspettami."

Annuii, ricambiando il suo sorriso, e lo lasciai seguire la donna dentro la stanza della corte, restando da sola.

Sospirai, stanca, e mi appoggiai al parapetto del portico, cercando di calmarmi. Saranno state le otto di sera e, nonostante il tempo passato, ero ancora tesa come un busto.

Incontrare Aima, per quanto fingessi il contrario, mi aveva segnato in un modo che mai avrei pensato, e, ormai, non facevo che pensare a questo. A lui, e a tutto ciò che gli avevo causato.

Non mi ero mai sentita crudele, o semplicemente cattiva, ma, guardando negli occhi di Aima, questa mia certezza vacillava nella realtà. Non ero stata sincera con lui, non lo avevo mai preso davvero in considerazione, soffermandomi solo su ciò che io ritenevo importante – me stessa.

Angeli e DemoniWhere stories live. Discover now