08 • scopo

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Ivar si era già addormentato da tempo, appollaiato sul suo trespolo, quando Aima ritornò nella nostra stanza.

Come mi ero ripromessa, non avevo più toccato il letto, occupando l'attesa facendomi una doccia e cambiandomi i vestiti - per quanto riguardava questi, sembrava che Aima non avesse ancora concepito l'idea di farmi ricapitare degli indumenti femminili, preferendo lasciarmi un paio dei suoi ogni mattina sul fondo del materasso.

Probabilmente lo faceva solo per darmi fastidio o perché, magari, lo divertiva vedermi quasi sprofondare dentro quei maglioni: mi considerava una bambina, indifesa - anche se ero certa che a dividerci non ci fosse tutta questa differenza di età - e tentava di darmene anche l'aspetto.

Era insopportabile.

"Oh, quindi sei ancora sveglia," borbottò, mentre si toglieva la giacca in pelle e la lasciava sul letto con un gesto pesante. "Serena mi ha detto che non sei andata a cena."

"Ivar non voleva unirsi agli altri, così ha fatto portare qui la cena," spiegai, indicando col mento il vassoio posato sulla scrivania su cui ero appollaiata, ormai vuoto. "Molto insolito, comunque."

Aima alzò un sopracciglio, perplesso, e, mentre si slacciava la camicia nera, mi venne vicino, squadrandomi con i suoi brillanti occhi rossi. "Ivar si è mostrato a te?"

Scossi le spalle, supponente. "Quindi?"

Si era ormai slacciato la camicia, e il suo petto abbronzato bruciava sotto la luce calda delle candele. Mi sembrava di sentirne il calore, proprio sulle punte delle dita.

"Non ti sarai fatta ingannare da lui, principessa?"

"Ingannare da lui?" Ripetei, sconcertata, tenendo il viso alto verso di lui, sfidando il suo sguardo. "Sono stata allevata dagli angeli: non basta un bel faccino per farmi cedere."

"Oh, davvero?" Il demone sorrise, ammiccante. Sentii i suoi fianchi sfiorare le mie cosce mentre, lentamente, avvicinava il suo corpo al mio, sporgendosi verso di me. Per un attimo, mi sembrò di sentire l'ombra dei suoi polpastrelli alla base della mia schiena.

Fu un solo momento, e Aima mi tirò con violenza a sé, facendo scontrare il mio petto col suo. Trattenni il respiro per la sorpresa, e subito posai le mani sul suo ventre, allontanandolo di nuovo.

"Idiota," sputai, velenosa, ma questo lo fece solo ridere.

"Ivar è stato trasformato in un vampiro tramite un veleno distillato dal sangue di demone, così come i licantropi nascono da quello estratto dagli angeli. In realtà, l'estrema attrazione che crea è un effetto collaterale che non contavamo di contemplare, così come l'insopportabile obbedienza nei lupi - quella, però, credo che agli angeli faccia più che piacere."

"Non ho fatto sesso con Ivar," puntualizzai, così da essere certa che il messaggio fosse stato recepito. "Il letto era già occupato."

Il demone alzò un sopracciglio, confuso. "Come?"

Io mi limitai ad alzare gli occhi, e lui sembrò capire. "Oh, fantastico. Facciamo che ora mi lavo e poi cerchiamo una nuova stanza?"

Prese dall'armadio dei vestiti puliti, accennandomi un piccolo sorriso. A vederlo così, quasi amichevole, faceva sembrare strano pensare che, alle spalle di tutti, Aima stesse celando degli affari con la fazione angelica.

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