17 • regina

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Ivar aveva lo sguardo truce puntato sulle manette che mi avvolgevano i polsi, mentre, delicatamente, passava le dita sul metallo. "Potrei trovare un modo per aprirle: nelle segrete ci sono attrezzi molto più resistenti di queste catene."

"Anche se riuscissi ad aprirle non riusciremo mai a superare le guardie senza farci notare," sottolineai, allontanando la mia mano dalle sue, sospirando. "Non posso andarmene."

"Restare qui è pericoloso, Marine, soprattutto se Aima ha davvero intenzione di sottrarre il trono al padre." Ivar si grattò la guancia, cercando di calmarsi. "Se ciò che vuole è renderti la sua regina le cose non potrebbero che peggiorare."

"Non diventerò mai la regina di questo posto, Ivar: i demoni non si farebbero mai comandare da una creatura per metà angelo."

E, almeno su questo, non avevo dubbi, al contrario del vampiro.

"Resta comunque l'esame dell'Orologio," ricordò, aspro. "Quello ti renderebbe a tutti gli effetti una demone."

"Nel caso lo superassi, Ivar, e, al momento, ti assicuro che non ci tengo assolutamente." Sbuffai, scostandomi i capelli dal volto prima di rivolgermi di nuovo verso di lui, lanciandogli un lungo sguardo.

E chi avrebbe mai pensato che Ivar si sarebbe dimostrato il mio unico amico in mezzo all'inferno?

"Ivar?" Chiamai, e lui si limitò a mugugnare qualcosa, continuando a mangiarsi le unghie.

Mi inumidii le labbra, nervosa, e mi sedetti con più accortezza. "In che cosa consiste l'esame dell'Orologio?"

Ivar alzò velocemente il suo sguardo, ed il rosso delle sue iridi si confuse col nero delle sue pupille. "Non dovresti saperlo."

Alzai gli occhi, nervosa. "Non dovrei o non posso saperlo?"

Lui scosse leggermente le spalle. "Probabilmente, entrambe. Solitamente sono i Legislatori a scegliere la prova, oppure il reggente, e può variare in base al demone, anche se solitamente lo scopo è sempre lo stesso."

"E quale sarebbe?"

Il vampiro sospirò, stendendosi al mio fianco e lasciando lo sguardo vagare sul soffitto. "Provare che non sei un codardo."

Ivar detestava parlare della prova dell'Orologio, ed era ormai palese che, se aveva perso la cittadinanza, era perché vi aveva fallito: solo, non capivo come fosse possibile.

Lui non aveva paura di sfidare i suoi sovrani, quindi cosa doveva averlo spaventato tanto?

"Io penso che tu sia fortunata, Marine," continuò, dopo alcuni istanti di silenzio. "Sei fortunata ad essere ciò che sei."

"Anche Serena me lo ha detto, ma continuo a non capire," ammisi, sinceramente. "Essere una mezzosangue mi ha portato solo guai."

"Tutti affrontano dei problemi, Marine," ribadì, e lo notai cercare il mio sguardo. Non lo avevo mai visto tanto serio. "Ma chi può dire di essere davvero libero? Io provo invidia per te, Marine, perché tu hai la libertà di essere ciò che senti, e nessuno potrà mai toglierti questo."

"Ma ci hanno tentato in molti," ricordai, aspramente.

"E ci sono riusciti?"

Ivar mi dedicò un sorriso, ed io, di rimando, ricambiai, accoccolandomi al suo fianco e prendendo a fissare il soffitto con lui.

Mi sentivo bene, calma, nonostante, tutto intorno a me, stesse andando a fuoco.

E il merito era di Ivar, la cui anima era abbastanza tormentata da andare d'accordo con la mia.

Angeli e DemoniWhere stories live. Discover now