Velo nero

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Per tutta la mattinata seguente, rimasi nella mia stanza a leggere.

Quando scesi a colazione, Tristan era già uscito, e quando fu l'ora di pranzo, era ancora fuori.

Il pomeriggio lo passai a scrivere una lettera alla mia famiglia.
Parlai della grande casa elegante, e dell'uomo che mi aveva portata a casa in limousine.
Scrissi che tutti erano molto gentili con me, e accennai distrattamente al fatto che in casa vivesse un altro ragazzo.
Poi misi un francobollo che avevo trovato nel cassetto e andai al piano di sotto. Incontrai Mariam.

"Buongiorno signorina, ha bisogno di qualcosa?"

"Si, dovrei spedire queste lettere... Sa dove le posso imbucare?"

Lei spalancò gli occhi.

"Oh, non ce n'è bisogno. Posso inviarla io per lei."

Scossi la testa e le sorrisi.

"È da ieri che non esco di casa, non si disturbi."

Mi disse che c'era una buca delle lettere alla fine della strada.
Allora uscii e sentii l'aria fresca scompigliarmi i capelli.
Seguii le indicazioni di Mariam, e imbucai la lettera con l'indirizzo di casa.

Girandomi, mi sembrò di vedere una figura familiare.
Era così.

Tristan camminava dall'altra parte della strada con una borsa a tracolla colma di libri.

Era così elegante e irraggiungibile che mi fece imbambolare.
I capelli neri gli ricadevano sul volto, e gli occhi color cielo guardavano avanti.
Le gambe lunghe e slanciate si muovevano leggiadre, e svettava alto tra gli altri passanti.
Passò davanti ad un gruppo di ragazze, e loro si scambiarono sussurri e risatine.
Provai una strana sensazione, e desiderai essere anch'io così vicino a lui.
Mi rimproverai mentalmente per aver pensato una cosa del genere.
Stava tornando a casa, probabilmente.

Poi realizzai.

Se mi avesse visto, avrebbe sicuramente pensato che lo stessi seguendo.
Quasi avesse sentito il mio ragionamento, Tristan girò piano la testa, e guardò nella mia direzione.
Diventai rossa dall'imbarazzo e mi voltai dall'altra parte.
In quel momento mi sentii come una spiona  che non voleva essere scoperta, ma invano.
Volevo guardarlo negli occhi e dirgli che era un coincidenza che ci trovassimo entrambi lì, ma i miei muscoli non si mossero.
E così, rimasi per qualche minuto di spalle, con la speranza che se ne fosse andato.
Dopo un po' mi girai, e vidi con piacere che non c'era più.

Tornai irrequieta a casa, ed entrai silenziosamente.
La zia era in camera sua a risposare, e di Mariam non c'era l'ombra.

Allora andai in biblioteca e lo trovai , appoggiato ad uno scaffale con gli occhi fissi sul libro che aveva in mano.
Tornai indietro, timorosa che potesse vedermi.
Lo conoscevo da poco, ma la strana sensazione che mi infondeva sembrava essere lì da sempre.






Era parecchio noioso, starsene seduta in fondo al tavolo.
Guardai il piccolo orologio al mio polso e capii che ero qui ad ascoltare le loro chiacchiere da quasi due ore.
Zia Beryl stava parlando animatamente con una donna al suo fianco, e io me ne stavo in silenzio.

Dalla parte opposta del tavolo, due posti più in là, Tristan fissava il suo piatto.
Anche se aveva gli occhi persi e freddi, mi incuteva lo stesso timore.
Ogni tanto, se qualcuno gli chiedeva qualcosa, lui sorrideva e rispondeva educatamente.

La zia si alzò e aprì le braccia.

"Bene signori!" disse energicamente. "Vogliamo spostarci in soggiorno, così da decidere le ultime cose?"

Gli altri acconsentirono, e capii che da quel momento in poi, la presenza mia e di Tristan, non era più richiesta.

Ci alzammo, e salutai tutti con un sorriso.
Lui era già fuori dalla stanza e camminava veloce su per le scale.
Non resistetti, la curiosità era troppa.

"Tristan" dissi dietro di lui.

Si fermò di colpo e voltò la testa verso di me. Incontrai i suoi occhi ghiacciati e riuscii a vedermi riflessa.

"Io e te... Si, insomma... Cosa sei tu per me?"

Un sorriso si formò sulla sua bocca rosea.

"Intendi dire... Qual è il nostro grado di parentela?"

Annuii e sentii il cuore battere nel torace.

"Chi è la zia, per te?"

Ci pensò su un attimo.

"Lei è la moglie del fratello di mio nonno. Cioè mia prozia. Non ho... legami di sangue con lei." sussurrò "Come non ne ho con te."

Zia Beryl era la sorella di mia nonna. Io ero sua parente.
Ma non sua. Non di Tristan.
Con un passo mi fu vicinissimo.
Il suo petto quasi toccava il mio.
Portò il viso vicino al mio e con un'espressione seria, mi sussurrò:

"Tu non sei nulla per me"

La sua mano si era alzata, e stava attorcigliando ad un dito una ciocca dei miei capelli biondi.
Potevo sentire il calore del suo corpo, il battito lento del suo cuore, il freddo dei suoi occhi di ghiaccio.
Percepivo il suo velo di mistero sulla pelle, e per poco non volli strapparglielo di dosso.

Poi una porta che sbatteva.

Lo scricchiolio di alcuni passi sul legno, e la luce di una stanza che si accendeva.

In un millisecondo, Tristan si scostò da me e sparì al piano di sopra.

Io stavo ancora ansimando.

"Signorina Harrison?"

Mi scossi, e vidi davanti a me Mariam.

"Cosa fa qui al buio?"

"Mi spiace, stavo andando in camera, Buonanotte."

Salendo le scale, dovetti trattenermi per non abbassare la maniglia della stanza accanto alla mia.

I miei occhi riflessi nei suo, mi rimasero nei pensieri fino alla mattina successiva.

Siamo Sotto la Stessa PioggiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora